Antonio Spadaro. L’Atlante di Francesco. Vaticano e politica internazionale, Marsilio, Venezia, 2023, pp. 267, Euro
di Silvio Minnetti
“Il sistema multilaterale abbisogna di un ripensamento profondo per poter rispondere alle sfide del nostro tempo. Non si tratta di costruire blocchi di alleanze, ma di creare opportunità perché tutti possano dialogare.” (Papa Francesco).
Il mondo ci appare sempre più interconnesso e attraversato da una “guerra mondiale a pezzi”. Domina una prospettiva apocalittica. Qual è il compito della Chiesa? Come si presenta Papa Francesco sulla scena internazionale? Dobbiamo comprendere in che cosa consiste la sua visione della “diplomazia della misericordia”. Forte ed esplicita è la sua condanna dei mali attuali mentre si conferma la sua volontà di mediazione.
Antonio Spadaro (in basso, nella foto), direttore della rivista “La Civiltà Cattolica”, membro del Board of Directors della Georgetown University, interpreta l’approccio geopolitico a dieci anni dalla elezione di Jorge Mario Bergoglio. Ricostruisce una mappa dell’azione di Francesco attraverso i viaggi apostolici, i sinodi e la politica internazionale del Vaticano. Diversi i traguardi raggiunti. Molte le sfide aperte. Incessante l’azione per porre fine ai conflitti, come in Ucraina, per lanciare un nuovo Umanesimo in Europa, per un avvicinamento alla Cina, per un coraggioso dialogo con il mondo islamico proclamando una comune fratellanza contro ogni forma di terrorismo nel nome della religione. Costante è la ricerca di un modello di sviluppo sostenibile, ispirato dall’ ecologia integrale, alternativo al capitalismo finanziario speculativo che crea sempre maggiori diseguaglianze. È emersa una Chiesa profetica nel mezzo della prima pandemia globale dell’era digitale. Particolare l’attenzione all’ Amazzonia come luogo di forti contraddizioni ecologiche e politiche, a Paesi meno noti ma luoghi di incontro e crocevia multietnici.
“In fondo questo è lo scopo della diplomazia: aiutare a mettere da parte i dissapori della convivenza umana, favorire la concordia e sperimentare come, quando superiamo le sabbie mobili della conflittualità, possiamo riscoprire il senso dell’unità profonda della realtà“. (Papa Francesco al Corpo diplomatico, 10 gennaio 2022).
Qual è l’Atlante di Francesco? Esso nasce da una profonda connessione tra spiritualità e politica, in una Chiesa vista come “un ospedale da campo dopo una battaglia”. Francesco vuole mettere il Vangelo al centro della vita della Chiesa e questo comporta l’accompagnare i processi storici di unità, di pace più che occupare spazi di potere. Bisogna saper attraversare i tempi di crisi con il discernimento per cogliere sfide e opportunità.
L’ermeneutica di Francesco poggia sul tempo, sull’apertura al futuro nella consapevolezza che Dio muove i processi storici insieme agli uomini di buona volontà, che puntano all’ unità del genere umano e del Pianeta. Qual è la visione di Francesco? Egli considera il tempo prima della fine nel quadro di un Pontificato drammatico. Bisogna frenare la crisi davanti all’ Apocalisse. Il cattolicesimo svolge un ruolo globale nel contesto odierno, a partire dalla “diplomazia delle ginocchia”, fondata sulla preghiera. Per Bergoglio il sacro non deve puntellare il potere. È un nuovo San Francesco sul soglio di San Pietro. Parliamo di auctoritas spirituale del papa insieme alla sua paternitas.
La Chiesa deve rigettare ogni compromesso con la gestione del potere politico. Francesco accanto a leader come Xi, Putin, Trump, Orban, appare come anti uomo forte. Egli riafferma il primato dell’autorità spirituale e la fine della “cristianità”. Egli è contro la “teologia neoliberista” e contro la “teologia della prosperità” dei neo pentecostali. La salvezza è altro. La Chiesa è un segno di contraddizione in un mondo fondato sulla indifferenza e sulla cultura dello scarto. Il riconoscimento della fratellanza umana con l’imam di Al- Azhar è uno dei suoi atti principali. Si tratta di cambiare il senso della storia. Per questo diplomazia, visione del mondo, politica internazionale, misericordia camminano insieme in Francesco. Egli vuole cambiare il significato dei processi storici, attraverso il dialogo, oltre il sospetto. “Cercare le porte che almeno sono un po’ aperte“. Occorre un pensiero aperto, andare oltre e sperare sempre in un cambiamento in una logica non hollywoodiana. Il Papa parte dalle periferie del mondo come Lampedusa con una visione “terapeutica”.
Non è un pacifista nel senso che la pace comporta sempre lotta e giustizia sociale. Cerca di seguire il filo che attraversa la storia frenando ogni tentazione identitaria, creando comunione con tutti senza isolarsi o imporsi. In piena pandemia è emerso come leader mondiale di un mondo contagiato e rallentato. È apparso come un faro nella notte per l’umanità, sulla barca nella tempesta.
Centrale è il rapporto tra fratellanza e democrazia. Francesco parla di amicizia sociale e di fraternità universale, senza confini. Occorre superare lo scisma tra singolo e comunità per pensare e generare un mondo ospitale. Nella sua visione inclusiva il singolo non è una monade. Ha un valore in un mondo interconnesso, fondato sul multilateralismo, con un cuore aperto a tutti tra globalizzazione e localizzazione. Bergoglio vede i limiti di populismo e liberalismo ed immagina una migliore politica non sottomessa all’ economia. Crede nei movimenti popolari e nelle istituzioni internazionali. Fondamentale è il dialogo che genera amicizia sociale, cultura dell’incontro, gentilezza. Le religioni pertanto, in questo contesto, devono essere al servizio della fraternità nel mondo. Costante è allora l’appello alla pace e alla fratellanza. Si tratta di un modo di fare la storia.
Quali sono le mappe seguite da papa Francesco nella politica internazionale?
La prima è l’Europa. È emerso a Strasburgo e, in occasione del premio Carlo Magno, il sogno europeo di Bergoglio: un’Europa con un’anima, non una cosa, con dimensione multipolare, sulla scia di Schumann De Gasperi, Adenauer. È necessario aggiornare l’idea di Europa con tre verbi: integrare, dialogare, generare. L’ Europa è “un modo di concepire l’uomo“. È urgente uscire dalla crisi dell’Unione attraverso il discernimento del futuro, recuperando lo spirito vitale originario. Dobbiamo ripensare l’Europa come l’armonia di una famiglia di popoli differenti.
La seconda rotta è la pace in Ucraina sulla scacchiera del mondo. Intervento diplomatico difficile tra pietas e potestas, tra ecumenismo e nazionalismo. È una vera via crucis in un conflitto prevedibile. Viene poi la Cina con un grande desiderio di raccogliere i frutti di un accordo rinnovato per la nomina dei vescovi. Si tratta di costruire la fiducia, tra le molte sfide dell’oggi, per un futuro da scrivere.
Singolare è l’attenzione all’ Amazzonia tra ecologia e geopolitica. È un sogno ecologico, ecclesiale e sociale che scardina la logica colonialista, a favore dei popoli indigeni.
Il nome Francesco non può non spingere il pontefice verso un dialogo autentico e profondo con l’Islam, nel segno della fratellanza. Storico è il Documento sulla fratellanza. In Iraq ha affermato: “La fraternità è più forte del fratricidio“. Il Papa è andato anche a Najaf, città santa scita. Viste le drammatiche implicazioni geopolitiche, a causa del terrorismo, è urgente un cambio di paradigma nel dialogo interreligioso. A Ur si è aperto un cantiere verso il futuro, nella memoria comune di Abramo. Unità nella diversità contro il fanatismo.
Il mosaico, le frontiere di Francesco sono fatti di incontri in Paesi come Kazakistan, Bahrein, “crocevia di mutuo arricchimento tra i popoli”. Si è così sviluppata la teoria della “conoscenza reciproca di civiltà”, contro il “pensiero isolante” che sottolinea lo scontro. Serve ormai un incendio nel giardino armonico del mondo.
In conclusione, quattro sono i principi di Francesco che orientano la politica internazionale. Con il primo principio, il tempo è superiore allo spazio, si afferma che importante è avviare processi che richiedono i loro tempi. Non c’è nessuna ansia di occupare spazi di potere. Con il secondo principio, l’unità prevale sul conflitto, Francesco vuole dire che è necessario accettare i conflitti senza rimanerne intrappolati. Occorre trasformarli in nuovi processi in grado di generare una sintesi pur nelle differenze. Con il terzo principio, la realtà è superiore all’ idea, il papa ci dice che la realtà semplicemente è, mentre l’idea può essere solo frutto di una elaborazione che può distaccarsene.
Le soluzioni di politica internazionale sono tali solo se raggiungono le profondità dei conflitti. Ai politici che si lamentano di non essere compresi dal popolo, dice: “probabilmente è perché si sono collocati nel regno delle pure idee e hanno ridotto la politica e la fede alla retorica. Altri hanno dimenticato la semplicità e hanno importato dall’ esterno una razionalità estranea alla gente“. Infine, il quarto principio, il tutto è superiore alla parte, ci dice che bisogna allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande. Bisogna pertanto considerare l’aspetto globale e locale, nel contempo, dei processi. “Ecco il senso della diplomazia di Francesco: accompagnare i processi virtuosi in atto nel mondo, facendosi carico di tutte le ambiguità e le contraddizioni- talvolta sono irresolubili- allo scopo di indicare al mondo il cammino per un futuro possibile” (A. Spadaro, p. 281).
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