di Spartaco Pupo
Abbiamo letto innumerevoli commenti sulla cieca violenza che ha accompagnato la manifestazione degli “indignati” italiani, sabato 15 ottobre a Roma. Tra un peloso giustificazionismo e una scontata “controindignazione”, in pochi si sono realisticamente soffermati sulle ragioni di tipo ideologico che motivano le “improbabili perorazioni” – come le chiamava qualche giorno fa Daniele Bronzuoli – di una minoranza prepotente e intollerante.
Tali manifestazioni di dissenso o di “democrazia partecipativa”, come le definiscono in certi salotti radical chic nostrani, da sempre vengono scatenate da un certo corpus di idee politiche che non nasce oggi, avendo già abbondantemente segnato altre stagioni del nostro Paese, con tutti i distinguo che pure è possibile fare in termini culturali, economici e sociologici.
Testimonianza della similitudine quasi perfetta che c’è tra gli eventi odierni e quelli degli anni Settanta è uno scritto di Giuseppe Prezzolini, contenente le sue riflessioni a caldo su una delle tante devastazioni giovanili di quel periodo. È un breve capitolo tratto dall’opuscolo Modeste proposte scritte per svago di mente, sfogo di sentimenti e tentativo di istruzione pubblica degli italiani, edite nel 1975 da Longanesi, e sembra sia stato steso ieri, talmente attuale è nell’analisi critica e nella dinamica degli eventi commentati.
Non credo esistano pagine più profonde di queste per dare la giusta dimensione alle “insufficienti azioni di politica democratica” compiute nei giorni scorsi dai saccheggiatori di Roma. Lo scenario prezzoliniano è lo stesso (la capitale), lo spettacolo pure (incendi di auto, lanci di molotov e frantumazioni di vetrine), il “target-group” pure (“autori incogniti”), il tipo di “indignazione” pure (ricorda certe pratiche delle folle medievali”). A fare da contorno agli eventi descritti con sprezzante ironia è il pessimismo e la malinconia che riflette la tragicomica situazione di un’«Italietta» di cui Prezzolini, l’«anarchico conservatore», come amava definirsi, è stato acuto e severo narratore.
Vale la pena pubblicare qui per intero il brano dal provocatorio titolo Per un premio a chi distrugge di più durante le pubbliche manifestazioni.
“L’altro giorno una dimostrazione antifascista nella capitale ha messo in frantumi le vetrate di una libreria e bruciato un’automobile in Piazza Colonna. Il ripetersi di queste insufficienti azioni di politica democratica mi ha suggerito che siano dati dei premi agli autori, purtroppo incogniti, di queste manifestazioni di libertà e di cultura politica.
È infatti incredibile che dopo vari anni di avvertimenti di questo genere, dati dal popolo fremente di giustizia sociale ai vili possessori di automobili e agli impertinenti proprietari di negozi, che ancora non hanno chiesto di essere nazionalizzati e trasformati modernamente in impiegati dello Stato, vi siano ancora delle persone che osano lasciare sulle piazze il segno oppressivo della loro ricchezza in forma di automobile, e abbiano l’imprudenza di pubblicare e di vendere dei libri per diletto e istruzione delle classi privilegiate invece che dei libri per l’istruzione delle masse.
Premetto che io non ho fatto studi di legge, anzi sono estraneo al gergo degli esperti borghesi di questa materia e ritengo i codici, la polizia e i tribunali, inutili per persone come me.
Tuttavia trovo che una legge che premi le insurrezioni spontanee del popolo sia giusta, anzi necessaria e progressiva. Spero dunque che ci sarà qualche bravo «compagno» che sia riuscito a mantenersi integralmente devoto alla causa del proletariato nonostante gli studi di leggi votate sotto la pressione delle classi dominanti e concepite per la difesa dei beni ignobilmente acquistati con l’approvazione del plus-valore.
Credo che nessuno ignori la ripetizione di fatti del genere di quello da me su ricordato, che conferma la pubblica indignazione per tante espressioni dell’orgoglio della borghesia alta, media e piccola. Rompendo quelle vetrine e dando fuoco alle automobili, i dimostranti hanno dato prova di coraggio e di audacia. Infatti avrebbero potuto essere colti sul fatto e colpiti dalle infami leggi che ancora – ma speriamo per poco – ci reggono e pretendono di tutelare quella contraddizione alla legge di natura che ci fa nascere tutti nudi e senza alcuna proprietà personale.
È vero che non accade quasi mai che uno dei nostri «compagni» venga colto sul fatto, e che anche se avvenisse non mancherebbero testimoni a provare che i cosiddetti colpevoli si trovavano in quel momento solo per caso nella località dove avvenne l’incidente. I nostri avvocati riuscirebbero anche a provare che una automobile può prendere fuoco spontaneamente, o a causa del sole, o per distrazione del proprietario, il quale, del resto, non aveva alcuna ragione o diritto di occupare parte del suolo pubblico, e dovrebbe anzi essere multato per avere lasciato incustodita l’automobile.
È notorio che gli psicologi hanno dimostrato che il possesso dell’automobile sviluppa nel proprietario dei sentimenti di egoismo; e si sa che molti guidatori di automobile privata si rifiutano crudelmente di concedere un passaggio ai turisti poveri in cerca di avventure e di sbafo sulle strade italiane; e che tali egoismi sono capaci di addurre come magra scusa di questo loro procedere reazionario il fatto che qualche volta i pellegrini accolti nell’automobile hanno alleggerito il padrone di essa del portafogli.
Se mai accadono, questi rari fatterelli di cronaca dimostrano soltanto che vi sono un po’ dappertutto delle persone coscienziose che intendono affrettare la futura uguaglianza nella povertà comune, e non si appropriano del portafogli per proprio interesse ma per applicare, appena se ne presenti l’occasione, un sano concetto di giustizia sociale.
Però, in generale, bisogna osservare che manifestazioni di progresso e di volontà di vittoria come quella recente della capitale, avvengono durante e dopo le riunioni, i cortei, i comizi, le assemblee e le commemorazioni, e nascono spontaneamente dalle folle che affermano in tal modo la loro volontà politica. In questo modo, protestando con le sassate contro le vetrine dei negozi e con l’incendio delle automobili, l’avanguardia della civiltà futura dimostra il proprio disdegno per quella miserabile concessione della borghesia che si chiama il voto. Secondo pregiudizi che dovrebbero essere ormai tramontati, le elezioni così dette libere sostituiscono quella antichissima e rispettabile abitudine delle folle che nel Medio Evo venivano chiamate a ‘parlamento’, cioè in piazza davanti al palazzo dei Signori, e poi, eccitate dai caporioni, non si contentavano di mozzare le torri dei potenti e di saccheggiarne le abitazioni, ma impiccavano gli avversari. Mi pare che seguendo quest’antico esempio, il popolo delle città italiane manifesterebbe in maniera più spiccia la propria continuità storica.
Accadeva qualche volta che, oltre i membri delle famiglie degli avversari, venissero anche giustiziati i famigli e gli ospiti. Ma questo accade anche oggi, durante le manifestazioni politiche e più di un passante per caso viene colpito da una sassata, da un colpo di rivoltella accidentale e l’automobile di un dottore andato a curare un ammalato viene distrutta.
È certamente spiacevole che avvengano tali incidenti, ma bisogna rassegnarsi con la saggezza dei proverbi, uno dei quali dice che non si fanno frittate senza rompere le uova.
La storia è piena di affermazioni di questo genere e d’altra parte non si sono compiuti grandi rinnovamenti sociali senza che vi fossero delle vittime che non avevano inteso partecipare ai movimenti di liberazione e di sollevazione degli oppressi. Certi storici maldicenti dicono anzi che, per ridurre l’agricoltura russa al suo naturale carattere di collettivismo antico, siano stati soppressi alcuni milioni di contadini ostinati a pretendere la gestione personale dei terreni. Ma si tratta probabilmente di esagerazioni, e poi, l’importante era che l’egoismo di quelle menti arretrate venisse vinto.
Perciò, in attesa che finalmente l’umanità del nuovo sistema di sviluppo sociale sia raggiunta con la soppressione dei reazionari e con qualsiasi mezzo sia necessario, propongo che un Comitato venga scelto e premi pubblica- o segreta-mente i più eroici autori di sassaiole, di lanci di molotov, di devastazioni, distruzioni, incendi, diretti a intimidire gli ostinati affermatori della proprietà privata. Quando le strade saranno percorse soltanto da autobus pubblici e da automobili statali, si potrà rispettare questo mezzo di trasporto. Soltanto quando le decisioni delle spese pubbliche verranno prese da assemblee di lavoratori, si potranno lasciare le piazze, i giardini e le vie della città liberi per i pochi che avranno l’obbligo di partecipare alle riunioni del loro mestiere. Giuseppe Prezzolini”.