di Alessandro Campi

Da dove cominciare per raccontare una giornata convulsa e difficile come quella di ieri, andata avanti tra consultazioni al massimo livello istituzionale, riunioni politiche informali e vertici di governo, indiscrezioni di stampa e susseguenti smentite, voci di crisi e rassicurazioni, decisioni prese e subito rimangiate, senza ovviamente contare le fibrillazioni della Borsa e dei mercati finanziari e i reiterati interventi delle autorità europee? Cominciamo dal fronte internazionale, dalle reazioni interne alle risatine irridenti e davvero poco diplomatiche di Sarkozy e della Merkel.

Per quanto male si voglia a Berlusconi, e per quanto si sia convinti che ce l’avessero con lui e non l’Italia e i suoi abitanti, il filmato della conferenza congiunta franco-tedesca che ha subito sbancato su facebook, con i due statisti che si guardano divertiti, scuotono la testa e sorridono beffardi, e con l’intera sala colma di giornalisti che sghignazzano dinnanzi all’inconsueta scenetta, è stato doloroso e avvilente per chiunque, da italiano, abbia un minimo amor di sé.

Il Cavaliere, che deve aver finalmente compreso quel che denunciano i suoi avversari quando parlano del discredito internazionale che ormai grava sul nostro Paese, si è difeso alla sua maniera. Prima ha provato a minimizzare, gettando su Bini Smaghi, per nulla intenzionato a lasciare la sua poltrona alla Bce, la colpa del malumore che affligge soprattutto la Francia. Poi ha preso coraggio, è passato all’offensiva e ha diffuso una nota dicendo che nessuno, in Europa, può dare lezioni agli altri, tantomeno quegli Stati, come appunto la Francia, che hanno problemi finanziari analoghi ai nostri.

Una difesa necessaria e al dunque persino dura, che ha costretto le cancellerie alleate a precisazioni e scuse parziali, e con la quale si è provato a capovolgere le responsabilità della crisi che attanaglia l’Europa, addossandole all’asse franco-tedesco, e si è cercato di distinguere tra l’atteggiamento dialogante della Germania e quello sin troppo aggressivo della Francia, della quale ultima si dovrebbe sapere, almeno dai tempi di Machiavelli, che è il nostro vero nemico geopolitico.

Una difesa – nel nome della dignità nazionale – alla quale si sono per fortuna associati i settori più responsabili dell’opposizione, da Casini a Bersani, sino alla Confindustria. Un conto, infatti, è ricordare all’Italia i suoi inderogabili impegni in materia di risanamento e sviluppo. Altra cosa è irridere pubblicamente un alleato assumendo un tono di sufficienza, come ha fatto in particolare Sarkozy, che la recente paternità ha ringalluzzito e che i problemi di consenso interno hanno reso un po’ troppo tagliente col prossimo.

Ma la questione vera ieri era un’altra: come rispondere all’Europa che ci chiede, dopo i troppi rinvii e le tante promesse di queste settimane, fatti, dati e cifre da presentare al vertice in programma domani a Bruxelles. Era previsto un Consiglio dei ministri infuocato, rinviata a tarda serata e preceduto dal fuoco di sbarramento della Lega contro ogni ipotesi di intervento sulle pensioni, anche a costo di far saltare il governo. Ma è finito con un nulla di fatto e un sostanziale rinvio a oggi. Non c’è stato accordo sulle pensioni ma non si capisce su quali altri provvedimenti sia stata trovata un’intesa. L’agenda fissata a suo tempo da Trichet e Draghi – che parlava di riforme da adottare prontamente in materia di giustizia civile, mercato del lavoro, privatizzazioni, ordini professionali, costo del pubblico impiego, liberalizzazione dei servizi pubblici locali e, per l’appunto, pensioni – è stata elusa ancora una volta.

Ieri, a un certo punto, s’era sparsa la voce che nel decreto sviluppo, dato ancora una volta come imminente, sarebbe stata inserita tutta una serie di condoni e sanatorie, addirittura dodici, dalla riapertura dei termini delle dichiarazioni dei redditi per gli anni pregressi per evitare sanzioni su eventuali errori alla regolarizzazione del canone Rai non versato. Ma nel giro di poche ore la bozza di documento che era stato diffusa dalle agenzie è stata ufficialmente smentita dal governo. Cosa l’Italia intenda fare, quando manca appena un giorno all’ultimatum europeo, rimane un mistero.

Resta dunque da ragionare sui diversi scenari politici che potrebbero aprirsi nelle prossime ore. Molti – compreso Berlusconi, che ne ha parlato con il Capo dello Stato, adombrando per la prima volta la possibilità di un suo passo indietro – danno la crisi di governo come un’eventualità reale. Se la Lega dovesse irrigidirsi sul tema previdenziale facendo saltare gli attuali equilibri, potrebbe nascere una nuova maggioranza guidata da un uomo del Pdl e sostenuto in Parlamento dal Terzo Polo (che certo non ha alcuna intenzione di fare da stampella al Cavaliere se il Carroccio dovesse mollarlo come nel 1994). Ovvero si potrebbe profilare quell’esecutivo di responsabilità nazionale di cui parla da un pezzo una parte dell’opposizione e che in Europa, a questo punto, vedrebbero con favore.

Se ci sarà invece un’intesa in extremis, vorrà dire che la Lega ha ceduto sulle pensioni, a meno che non ci si concentri su altri interventi qualificanti ai fini dello sviluppo e della crescita (ma quali, se il condono è stato escluso e si continua a parlare di rimettere a posto il Paese con le pagelle elettroniche?) e non si decida di rinviare il tema delle pensioni, da risolvere con una soluzione edulcorata e accettabile da Bossi e i suoi uomini, alle prossime settimane.

Ma circola un’altra soluzione, ancora più radicale, che si troverebbe adombrata nel documento diffuso ieri pomeriggio da Palazzo Chigi in risposta agli sghignazzi di Sarkozy. Non trovando alcuna intesa con i suoi alleati, non sapendo dove mettere le mani senza sfasciare la sua fragile maggioranza, Berlusconi si appresterebbe, nella riunione di domani con gli altri Capi di Stato e di governo europei, ad un colpo di teatro diplomatico: da accusato diverrebbe accusatore, presentando un documento che mette in discussione le linee di intervento sin qui seguite dalle autorità continentali e sostanzialmente imposte dalla Germania e dalla Francia.

Apprestiamoci a vederne delle belle e prepariamoci a ogni eventualità.