di Emanuele Schibotto

Nel corso degli ultimi vent’anni le relazioni tra il Giappone e la Repubblica di Corea (Corea) hanno registrato evidenti miglioramenti sotto i profili economico e culturale ma scontano ancora tensioni a livello politico. Al fine di dare avvio ad un concreto processo di normalizzazione, i due Paesi possono prendere esempio dall’evoluzione dei rapporti tra la Germania e la Polonia.

Osservando le dinamiche dell’interscambio commerciale bilaterale Giappone-Corea, la situazione appare certamente normalizzata: nel 2010 il volume totale degli scambi superava i 92 miliardi di dollari (erano 220 milioni nel 1965). I due Paesi figurano reciprocamente come terzo partner commerciale.

 

I rapporti culturali sono altrettanto floridi: gli scambi tra studenti universitari aumentano di anno in anno, le soap opera coreane contano milioni di spettatori in Giappone mentre i consumatori coreani dimostrano una attrazione crescente verso i brand giapponesi. Quest’anno la Seoul National University, una delle più prestigiose università coreane, inaugurerà il primo corso in studi giapponesi della sua storia.

 

Lo stesso grado di miglioramento non è stato raggiunto dalla collaborazione politica, rimasta ferma a decadi fa. Poca strada in avanti è stata compiuta dal Trattato che sancisce la ripresa delle relazioni diplomatiche, firmato nel 1965. Due le questioni aperte e prioritarie da risolvere: l’una attiene alla delimitazione dei confini (la disputa territoriale sulla sovranità delle isole Dokdo/Takeshima); l’altra riguarda il peso della Storia (la controversia in merito alla descrizione nei manuali scolastici di Storia dell’occupazione giapponese e la questione delle cosiddette “comfort women”, donne sudcoreane ridotte in schiavitù per fini sessuali dai soldati dell’esercito giapponese).

 

È alla sfera politica che occorre guardare per giungere ad una concreta normalizzazione.

 

In questo senso, viene utile esaminare la storia recente delle relazioni polacco-tedesche. Il parallelo con i rapporti nippo-coreani nasce da due rilievi: sia la Polonia che la Corea del Sud sono state sottoposte a regime di occupazione (rispettivamente dalla Germania durante la Seconda guerra mondiale e dal Giappone dal 1910 al 1945); entrambi i Paesi occupanti perpetrarono violenze e soprusi ai danni della popolazione locale (ciò che nel diritto internazionale viene codificato come violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani).

 

Dagli anni Settanta la Germania, oramai integrata nell’architettura istituzionale dell’Europa occidentale, iniziò ad intraprendere un graduale rapprochement verso il vicino orientale. Anzitutto Berlino si preoccupò di cristallizzare i confini territoriali, mostrando la propria buona fede. Ecco dunque la firma del Trattato di Varsavia (1970) con il quale la Germania riconobbe la Linea Oder-Neisse rinunciando a qualunque rivendicazione territoriale. Nei rapporti tra Stati alcuni gesti contano più di molte parole: in visita a Varsavia per la firma del Trattato, il Cancelliere tedesco Willy Brandt si genuflesse, chinando il capo, di fronte al  monumento agli eroi del ghetto ebraico di Varsavia (Brandt visse il premio Nobel per la pace nel 1971).

 

Il confronto bipolare durante la Guerra fredda congelò ogni ulteriore, possibile miglioramento nei rapporti. A seguito dell’unificazione, la Bundesrepublik, guidata da Helmut Kohl, riprese a passo spedito il dialogo con la Polonia (Trattato di buon vicinato) con l’obiettivo di procedere alla risoluzione di tutte le controversie aperte. Per parte polacca, la priorità divenne l’integrazione con l’Europa occidentale. Nel giugno 2011 cadeva il ventennale del Trattato di buon vicinato; celebrando l’occasione, il Primo Ministro polacco Donald Tusk ha dichiarato: “Queste relazioni hanno avuto un destino portatore di eventi drammatici e tragici, capace di gettare un’ombra su di esse. È qualcosa di incredibile poter dire, con la massima apertura mentale e con molta simpatia, che questo destino ora è completamente diverso e che le relazioni tedesco-polacche oggi possono essere un modello per l’Europa intera”. Nel 2011 si son poste le basi per poter chiudere politicamente il cerchio delle questioni bilaterali ancora aperte: il  Bundestag ha riconosciuto i diritti violati della minoranza polacca durante il nazismo; la commissione bilaterale di esperti incaricata della redazione di un manuale scolastico di storia condiviso ha chiuso i propri lavori (iniziati nel 2007), ultimando il libro che verrà adottato congiuntamente dai Ministeri dell’Educazione di entrambi i Paesi nell’anno scolastico 2013/2014.

 

Un consolidamento della cooperazione politica tra Corea del Sud e Giappone non solo è auspicabile per la futura stabilità di una delle regioni economicamente più dinamiche – ma allo stesso tempo politicamente più fragili – del globo; è soprattutto fattibile. L’esempio offerto da Germania e Polonia è lì a dimostrare che la Storia può essere riscritta, insieme.