di Fabio Massimo Nicosia

E così è accaduto. Berlusconi si è dovuto dimettere da Presidente del Consiglio, nonostante non sia stato formalmente sfiduciato dal Parlamento (lo è stato sostanzialmente con il voto sul rendiconto), e ciò ha scatenato, da un lato, le ire dell’ambiente berlusconiano (Ferrara su tutti) e, d’altro lato, le riserve di chi sostiene che si sia trattato comunque di una vicenda anomala, dato che all’andamento dei mercati finanziari si sono affiancati il sostanziale commissariamento da parte delle istituzioni comunitarie, unito all’attivismo, insolito da noi, del Presidente della Repubblica.

Ne è scaturito un governo tecnico, o prevalentemente tecnico, vedremo, che non è frutto del suffragio popolare elettorale, il che costituisce a sua volta, secondo molti, un’anomalia.

Ma proviamo a vedere le cose da un angolo visuale diverso.

E’ così vero che non vi sia stato un “suffragio”, in questa vicenda?

La verità è forse un’altra: mentre le elezioni “democratiche” avvengono a scadenze fisse, il mercato, per riprendere un concetto di von Mises, è un suffragio elettorale che si compie come in un flusso ininterrotto, in cui a ogni atto di compravendita corrisponde un “voto”. Non è vero, dunque, che i mercati, quando, come nel nostro caso, comportano incidenze sul sistema politico, siano “antidemocratici”. Anzi, qualcuno potrebbe anche dire che siano più democratici i mercati, che votano ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Se i mercati hanno messo in crisi Berlusconi, vuol dire che l’ex Presidente del Consiglio non è stato capace di intercettare il voto del mercato, che non viene da Marte, ma è voto di tutti i cittadini interessati al risparmio, singulatim, o raccolti in fondi pensione, fondi di investimento, etc.

Quanto al lamentato commissariamento esterno, valgono considerazioni non dissimili: lo Stato italiano, come lo Stato in generale, non vive isolato, ma vive in un contesto internazionale, un ambito giuridico più ampio rispetto al proprio, così come il mercato, a sua volta contesto giuridico più ampio rispetto a quello strettamente statuale.

Si noti poi un particolare: queste istituzioni, i mercati come i soggetti internazionali, concordano su un elemento, che impedisce loro di esprimere un suffragio positivo sulla politica dello Stato italiano come di altri: quello della necessità che il nostro Stato dia vita a un’opera di dimagramento, attraverso privatizzazioni, liberalizzazioni, mobilità nel pubblico impiego, etc.

Come dire che la “dittatura” dei mercati e del diritto internazionale (l’UE nasce come spazio volto a garantire la libera concorrenza) va nella stessa direzione della dittatura proletaria marxiana, quella della progressiva erosione dello Stato, in vista della sua estinzione. Insomma, che sia la borghesia la classe storicamente incaricata di estinguere lo Stato, anticipando di scatto il proletariato?