di Renata Gravina

In questi giorni  il ministro delle finanze Mikloš ed il Primo Ministro slovacco Iveta Radičova sono alle prese con le strette di rigore europeo sia in campo economico sia nell’ambito di una reinterpretazione della sovranità nazionale nel quadro della federazione europea (che ha coinvolto  la Slovacchia dal 2004, dal 2009 anche entro la zona euro).

In questo contesto i personaggi più controversi della storia politica slovacca, Jan Slota del SNS (partito nazionale slovacco), Robert Fico di SMER (partito socialdemocratico nazionalista) e  Mečiar di HZDS (movimento per una Slovacchia Democratica), ex membri di governo in una coalizione vincente alle elezioni del 2006, denunciano le politiche morbide nei confronti dell’arrivismo giuridico dell’Ungheria.

L’odio atavico e il timore di una predominanza magiara autoalimentano retaggi di nazionalpopulismo da sempre presenti in Slovacchia: retaggi forzatamente assopiti dal premierato eterogeneo e filoeuropeista di Iveta Radičovà che tornano ciclicamente.

Il 26 maggio del 2010 si è certamente offerta alla coalizione nazionalpopulista una nuova base d’appoggio ideologico poiché l’Ungheria ha trasformato le relazioni bilaterali slovacco-ungheresi in vendette alternate, iniziando con la concessione della cittadinanza ai magiari residenti all’estero. A tale concessione è seguito immediatamente un emendamento alla Legge sulla Cittadinanza slovacca che impedisse la doppia cittadinanza (slovacco-ungherese).

La storia del divorzio tra ungheresi e slovacchi è legato all’etnonazionalismo isolatore e marcia di pari passo ora con la volontà di emancipazione nazionale ora con le difficoltà sistemiche di ogni Stato che si trascinano il riacuirsi di nazionalpopulismi latenti.

A tal proposito, Deegan Krause pone in relazione il nazionalismo slovacco con le fasce della popolazione considerate una minaccia, ovverosia gli ungheresi – non a caso Jan Slota di SNS parla dei magiari residenti in Slovacchia definendoli slovacchi sleali, traditori indegni.

La politica di  Mečiar, padre di HZDS e successivamente alleato con Slota nel 2006, ha caratterizzato la Slovacchia dall’indipendenza del 1993 fino alla svolta del 1998 con una politica di  governo durissima nei confronti delle minoranze magiare. Dalla legge sulla lingua Nazionale (esclusivamente slovacca) ai tagli indirizzati alle minoranze  ungheresi, accompagnata peraltro da una politica estera isolazionista che ha mantenuto la Slovacchia al di fuori della Nato e della Ue.

Con i due governi Dzurinda è avvenuta una svolta democratica ed un’apertura sia interna che esterna il cui culmine si è estrinsecato  nella  definitiva adesione alla Nato e all’ Ue sullo sfondo di un calo di consenso ai partiti nazionalpopulisti. Ma nel 2006 la coalizione di SMER-SD, HZDS e  SNS ha ridato vigore all’escalation antiungherese che anche mancando, in seguito, di compagini governative, alle elezioni del 2010, hanno mostrato di ricevere ancora consenso con i  suffragi raccolti dal nazionalpopulismo non autoritario  reinterpretato da Robert Fico (SMER-SD).

Oggi il nazionalpopulismo non autoritario  si fa veicolo del malcontento popolare,  negli anni Novanta aveva  un seguito rinforzato e delineava a pieno  la definizione di Taguieff che ritrova nel populismo quell’operatore di delegittimazione nel conflitto tra gli avversari politici e quel catalizzatore della crisi sistemica di legittimità del sistema politico che è condizione ciclica di ogni sistema.

Oggi  la conservazione di una specialità slovacca presuppone la difesa da attacchi quali l’etnoegocentrismo espansivo magiaro evidente nella concessione di cittadinanza alle minoranze magiare residenti all’estero.  Nonostante la politica attuale, portata avanti da Iveta Radičovà, cerchi l’allentamento delle tensioni con l’Ungheria grazie ad una base di ampio consenso cristiano-democratico e ad una buona considerazione politica, la tensione di governo è continua ed il primo ministro utilizza la minaccia di dimissioni per tenere coeso il governo. Il rallentamento della crescita ed il timore trasmessi da tutta l’area euro ad Occidente, potrebbero essere quindi una ulteriore fonte di malcontento e nuova linfa per la presa di potere nazionalpopulista.