di Roberto Valle
“L’arte di regnare da lungo tempo era diventata per lui il volano di un’abitudine meccanica, e la sottomissione ottenebrata del paese, dove il Peplerhus (Parlamento) brillava debolmente come un fioco e crepitante lumino di giunco, appariva una forma analoga di regolare rotazione”.
Nell’arco di un decennio la Russia di Putin ha assunto un assetto politico non dissimile da quello descritto da Vladimir Nabokov in Solus Rex (1940). Nel commentare i risultati delle elezioni dei deputati della Duma di Stato del 4 dicembre 2011 Vladislav Surkov (il demiurgo del Cremlino considerato il genio politico dell’era Putin che ha forgiato il concetto di democrazia sovrana), ha affermato che sulla grande scacchiera della politica russa si sta giocando una partita di vaste dimensioni che non può essere affidata al Solus Rex, a Putin che come un re solitario si appresta al suo terzo avvento e ad essere incoronato alle elezioni presidenziali del 4 marzo del 2012.
Le elezioni parlamentari hanno posto fine al culto di Russia Unita, il partito del potere, che ha ottenuto il 49,54% dei voti e 238 seggi della Duma su 450, con un netto crollo del 15% dei voti (nel 2007 aveva conquistato 315 seggi e il 64,30% dei voti). Russia Unita è espressione di una sorta di centrismo conservatore e nazionalista garante della prosperità, della stabilità e della sovranità della Russia. In realtà, secondo il politologo russo Vladimir Gel’man, Russia Unita non è un partito politico nel senso classico del termine ma una creazione dei gruppi di potere e può essere assimilato a un “sindacato di burocrati” che incarna il consenso delle élite politiche, economiche e militari e che si fonda sull’idea di una stabilizzazione conservatrice, contrapponendosi sia al riformismo liberale sia al comunismo.
Tra il 2003 e il 2011 Russia Unita ha affermato il proprio incontrastato predominio realizzando un sistema di potere considerato senza alternative; a differenza di altri partiti Russia Unita non potrebbe esistere all’opposizione. Dopo le elezioni del 4 dicembre, l’eteroclito fronte dell’opposizione extraparlamentare (che va dai liberali ai nazionalbolscevichi di Limonov) ha stigmatizzato Russia Unita come il partito dei ladri e degli imbroglioni chiedendo, con manifestazioni di piazza avvenute il 10 dicembre in diverse città della Russia, l’annullamento del voto legislativo e una inchiesta sui brogli elettorali perpetrati dal partito del potere, al fine di dare la possibilità a tutti i partiti di partecipare a nuove elezioni autenticamente democratiche.
Tuttavia il culto del centrismo conservatore di Russia sembra essere sconsacrato, sulla base di diverse considerazioni politiche, anche da Surkov e da Putin. La “verticale del potere” che ha guidato la Russia dal 2000 al 2011, secondo Surkov, si è chiusa nel proprio isolamento venendo meno alla sua originaria vocazione di élite nazionale e il sistema putiniano basato sul Solus Rex sembra destinato, non diversamente dal sistema sovietico, all’entropia, alla immobilità e alla stagnazione.
In un sistema chiuso come quello della verticale del potere putiniana il disordine aumenta, per questo, secondo Surkov, è necessaria l’istituzione di un partito liberale di massa che dia una rappresentanza parlamentare allo scontento della “nuova classe urbana” protagonista di quelle manifestazioni che potrebbero diventare un forum di contestazione democratica permanente fino alle elezioni presidenziali del 4 marzo.
I decabristi del XXI secolo non aderiscono a società segrete e non hanno una vocazione insurrezionale come quelli del 1825, ma sono un ceto giovane e urbano espressione di quelle professioni liberali che non rientrano né nell’orizzonte del capitalismo corporativo e di Stato, né in quello della sregolatezza oligarchica dei nuovi russi degli anni Novanta. Surkov è considerato il burattinaio che ha monopolizzato il sistema politico russo e i mass media e la sua proposta di formare un partito liberale di massa ha suscitato dei sospetti. Surkov, infatti, è il creatore di una costellazione di partiti Golem che ruotano intorno al partito del potere; l’opposizione di sua maestà Solus Rex, invece, è affidata a “tigri di carta” come il partito comunista di Zjuganov (19,16% dei voti e 92 seggi, nel 2007 aveva il 16%) e il partito liberal-democratico (nazionalista e di estrema destra) del clown populista Žirinovskij (11,66% dei voti e 56 seggi, nel 2007 aveva l’8,4% e 40 seggi).
Dal canto suo, Putin sembra intenzionato a smantellare la verticale del potere basata su Russia Unita, anche perché si presenta alle elezioni presidenziali come leader nazionale e intende raccogliere un consenso che vada oltre il 49, 54% conseguito da Russia Unita (nel 2004 Putin aveva il 71% dei voti). Dmtrij Peskov, portavoce del primo ministro russo, ha affermato in una intervista alla BBC che la popolarità di Putin è più ampia e non coincide con quella di Russia Unita: nel suo terzo avvento Putin si presenta come un candidato indipendente, lasciando il ruolo di leader di partito a Medvedev (ancora una volta il tandem funziona in senso negativo) al quale è implicitamente addossata la responsabilità della débâcle di Russia Unita.
La campagna elettorale presidenziale si basa sul Fronte popolare panrusso che è stato istituito su iniziativa di Putin nel maggio del 2011, una organizzazione sovrapartitica che ha avuto dei propri candidati eletti nell’ambito del gruppo parlamentare di Russia Unita. Il fronte presidenziale intende inglobare le istanze dell’opposizione in una strategia populista che consenta a Putin di essere rieletto e di rilanciare la sua azione politica oltre la stagnazione e la cristallizzazione del sistema. L’8 dicembre Putin, nel corso della seduta del Consiglio di Coordinamento del Fronte popolare panrusso, ha accusato Hillary Clinton e il Dipartimento di Stato americano di istigare e di sostenere il movimento di protesta contro l’esito delle elezioni della Duma: nel discorso di Putin è riapparso lo spettro delle rivoluzioni colorate che tra il 2003 e il 2005 hanno investito alcuni Stati dello spazio post-sovietico (Georgia, Ucraina, Kirghizistan). Pur affermando di amare Russia Unita, Putin ha intessuto le lodi del Fronte popolare panrusso, quale organizzazione basata su valori autenticamente nazionali e la cui presenza nella Duma è una garanzia sia per il corretto operato del parlamento e del governo, sia per convogliare il consenso della società civile, al fine di allontanare lo spettro della rivoluzione di velluto e delle manifestazioni di piazza.
Putin ha nominato capo dello staff elettorale Stanislav Govoruchin, un popolare regista settantacinquenne autore di un film di culto che ha come protagonista un tiratore scelto del reggimento Vorošilov, un veterano della Seconda guerra mondiale e una sorta di giustiziere della notte patriottico al tempo dell’affermazione sociale e politica dei nuovi russi negli anni Novanta. La polemica antioccidentale e la scelta dello staff elettorale rivelano che la strategia del populismo marziale e patriottico di Putin non è mutata: secondo Lev Gudkov, direttore del centro di analisi politica Levada, Putin resta un candidato attraente per i gruppi conservatori ed è costretto ad allargare la propria base elettorale. Secondo Gudkov, il Fronte popolare panrusso suscita scetticismo tra l’elettorato, perché esiste solo nei discorsi di Putin e non ha ancora trovato una forma organizzativa.
Il 4 dicembre, in concomitanza con le elezioni, è stato presentato il libro di Gleb Pavlovskij (ex tecnologo politico del Cremlino che ha inventato il concetto di “democrazia guidata” e oggi dissidente) su Putin come genio al potere. Il libro è una sorta di “dizionario delle astrazioni del Cremlino” (verticale del potere, democrazia sovrana) forgiate nel corso di un decennio: secondo Pavlovskij, Putin è diventato pericoloso per la Russia, perché ha perso ogni contatto con la realtà e si crede un genio politico capace di risolvere con le sue formule magiche i problemi economici e sociali della Russia. La modernizzazione del sistema politico con la creazione di due partiti del potere, uno di destra e uno di sinistra, sarà condizionata dall’esito delle elezioni presidenziali: il 4 marzo Putin potrebbe mancare per la seconda volta il plebiscito ed essere sempre più Solus Rex . E se il Fronte popolare panrusso si rivelasse l’ultima astrazione del Cremlino incapace di contenere l’ondata di protesta dei decabristi del XXI secolo?
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