di Mauro Calise*

Sembrerebbe calato il sipario sulla lunga era berlusconiana. Il condizionale è d’obbligo, viste le straordinarie capacità caratteriali – e finanziarie – del Cavaliere. E visto anche che – come ormai tutti riconoscono, auspice la lectio magistralis del Molleggiato – la più vitale risorsa dell’ex-premier restano gli elettori italiani. Che lui si è limitato a interpretare e blandire molto più che – come piace illudersi a sinistra – a manipolare. Insomma, l’ultima parola spetterà sempre al popolo: bue e talvolta anche boia, ma comunque, in democrazia, sempre sovrano.

Proprio per continuare a tenere i piedi ben piantati in terra – e nel fango – torna utile la lettura del volume che raccoglie gli editoriali recenti di uno dei più lucidi e coerenti intellettuali del centrodestra. Che al merito di una scrittura chiara e arguta, come si addice a un buon articolo di giornale, unisce quello di una prospettiva politica originale, anche se non vincente. Alessandro Campi è stato tra i più autorevoli ispiratori del nuovo corso con cui Gianfranco Fini ha cercato di salvare il salvabile dell’esperienza berlusconiana. Un tentativo, almeno per il momento, finito male. Ma che è servito almeno a disegnare il futuro – ancora – possibile di una destra sganciata dagli eccessi personalistici del Cavaliere e imperniata sui programmi e i valori che ne sono il tratto distintivo nelle altre nazioni occidentali.

Questa visione – e scommessa – alternativa è il filo conduttore delle Cronache da Narni. L’ultima battaglia del Cavaliere (Rubbettino, pagg. 327, euro 16), e scandisce gli eventi chiave dell’ultimo decisivo triennio che, del potere berlusconiano, rappresenta la «fase terminale» (con l’aggettivo che acquista un’inquietante assonanza col linguaggio medico). In questa luce, il libro è anche una impietosa analisi delle occasioni mancate. Dei tantissimi snodi in cui la crisi italiana si è avvitata in una spirale autodistruttiva: in parte per le debolezze istituzionali e culturali congenite, ma soprattutto per l’inadeguatezza e i macroscopici errori dei principali attori politici.

La rilettura certosina di questi fase così drammatica – e infausta – da cui origina lo sconquasso attuale mette anche in risalto la portata del capovolgimento di fronte che in così poco tempo si è prodotto. Era meno di due anni fa – l’aprile del 2010 – quando si poteva scrivere che «se si guarda non alle cifre, ma al clima politico e agli umori che il risultato delle regionali ha prodotto, appare evidente che esiste un solo e indiscutibile vincitore: la Lega di Umberto Bossi». Quella stessa Lega che oggi appare allo sbando, frantumata al proprio interno e in rotta di collisione con gli alleati che storicamente le hanno spalancato le porte del governo. Di esempi simili, il libro è ricchissimo. A conferma che viviamo in un’epoca di estrema volatilità e caducità. In cui i padroni di oggi possono repentinamente ritrovarsi fuori della stanza dei bottoni. E della Storia.

La spiegazione di questo disfatta è nella puntuale ricostruzione della miriade di errori con cui Berlusconi e i suoi partner hanno portato il paese – e l’Europa – sull’orlo del precipizio. Ma forse, ancora più efficace, è la chiave di lettura racchiusa nella metafora da cui nasce il titolo: le Cronache di Narnia di C.S. Lewis, dove una regina bianca tiene sotto ghiaccio e sotto il suo completo dominio un intero paese. Segni evidenti di scongelamento indicano che la strega è stata sconfitta, da un manipolo di bambini buoni catapultati da un altro mondo.

* Ordinario di Scienza Politica all’Università di Napoli ed editorialista del Mattino.

 

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