di Giuliano Gioberti
Da qualche giorno sta impazzando sulla rete una curiosa immagine di Pierluigi Bersani, sulla quale si sono scatenati commenti d’ogni tipo. Si vede il leader dei democratici seduto da solo al tavolino all’interno di un bar dall’arredo assai spoglio, con davanti a sé un bicchiere di birra ancora pieno e un brogliaccio di appunti. L’aria dimessa e pensosa, gli occhiati allentati sul naso e una penna nel pugno, mentre scrive o corregge – sembrerebbe – il suo discorso per l’Assemblea nazionale del partito (svoltasi poi lo scorso venerdì).
Ma non ha un ufficio dove lavorare – viene da chiedersi in prima battuta? Una posa del genere in effetti sembrerebbe più addirsi ad uno scrittore – che so, Claudio Magris che pensa e sorseggia in qualche storico caffè di Trieste o Fernando Pessoa che se ne sta seduto e cogitabondo, triste solitario e alticcio, nella caffetteria “A Brasileira” di Lisbona – che a un uomo politico. Viene dunque il sospetto che dietro la naturalezza e la normalità di un comportamento innocente ci sia un che di studiato e artefatto, qualcosa di fatto apposta per non passare inosservato. Insomma, un atteggiamento ricercato e voluto, giusto per confermare la propria immagine di politico semplice e dai gusti popolari, che si comporta come un cittadino qualunque, che ne sta a lavorare e riflettere solo e senza scorta. Col vento che tira, con i politici considerati dei privilegiati che vivono in un mondo tutto loro, si tratta di un messaggio decisamente controtendenza e sicuramente efficace.
Ma altre considerazioni vengono alla mente, guardando questa foto. L’immagine è in effetti decorosa e persino rasserenante, nella sua semplicità da natura morta con uomo seduto che legge, ma triste e un tantino depressiva. Non mostra un leader combattivo, come forse se lo immaginato e forse lo vorrebbero i suoi seguaci, ma nemmeno un capo tormentato da una scelta difficile che sta per prendere, o impegnato a inseguire pensieri politicamente impegnativi. Ci sono foto del vecchio Togliatti dietro una scrivania, mentre è impegnato a scrivere i suoi discorsi o articoli, che trasmettono a chi le guarda un senso di austera severità, di rigore morale e impegno intellettuale. L’aria, in questo caso, è piuttosto quella del maestro di campagna che corregge i compiti degli alunni, del ragioniere scrupoloso che cerca di far quadrare i conti della bottega o del marito che tira tardi al bar per non dover tornare a casa ad affrontare una moglie burbera. Bersani qui appare, più che concentrato, dimesso – non si sa se più pensieroso o preoccupato o immalinconito da brutti pensieri.
Ma quello che più colpisce in questo scatto rubato è il senso di solitudine che emana. I veri capi politici, si dice, sono sempre figure solitarie, appartate e impenetrabili, anche quando siano circondate da folle plaudenti o da un codazzo di seguaci sempre pronti a blandirli . Ma questo, catturato in un ritratto che pare un’imitazione scialba dei quadri di Hopper, appare piuttosto un politico appartato, che quasi si nasconde ai suoi stessi collaboratori, intenzionato sembrerebbe a starsene da solo, lontano dal furore della battaglia politica, forse tentato dal ritirarsi prima o poi a vita privata, che si considera incompreso o poco valorizzato e fa l’offeso col mondo.
Ma viene da pensare che questa foto sia anche uno specchio del tempo che stiamo vivendo. Tempo che non induce alla spensieratezza e alla voglia di compagnia, che lascia ognuno solo a tormentarsi con i suoi pensieri. Uno specchio altresì di ciò che sembra essere diventata la politica ai nostri giorni, almeno in Italia: un’attività residuale e persino inutile, alla quale dedicare qualche impegno o pensiero giusto mentre si sorseggia una bevanda al bar, avendo ormai essa consumato tutta la sua credibilità nei fasti degli inaccessibili palazzi dove per lungo tempo s’è rintanata a farsi gli affari propri. C’è nella foto tutta la cupezza e il senso di avvilimento che stanno vivendo milioni di italiani. Col piccolo particolare che a trasmettere un senso di composta impotenza, di tranquilla rassegnazione, di onesta applicazione è un uomo che in teoria dovrebbe avere il loro destino nelle sue mani; dal quale dunque ci si aspetterebbe che infondesse negli altri determinazione ed energia, coraggio e speranza.
Troppe inutili considerazioni intorno ad una foto fatta di straforo? Forse, è possibile. D’altro canto, venendo da una stagione in cui il potere s’è consumato e svilito tra bagordi notturni e risse parlamentari, una stagione segnata da un capo popolo smodato e ridanciano, ci può anche stare, per contrappasso, un simile atteggiarsi di chi comanda più serioso e misurato, certamente non allegro o brillante, ma almeno decoroso e allergico ai fronzoli, minimalista e per l’appunto ordinario. Dopotutto ognuno è fatto a modo suo. Quello di prima, insomma Berlusconi, amava gli eccessi e le sceneggiate, la vetrina e le coreografie, quelli di adesso, come l’efficientista e sobrio Monti, come il pragmatico Bersani, preferiscono l’essenzialità delle cose, i gesti posati, la mancanza di clamore, persino la solitudine quando è necessario riflettere per agire.
E dunque l’immagine sulla quale si stanno divertendo i blogger italiani (e che lo stesso Bersani ha pensato di sfruttare a suo beneficio, a vanto della sua normalità) è forse da prendere come il segnale di un cambiamento persino salutare. Ci aspettano mesi e anni difficili, privi di sorriso, dai quali ancora nessuno sa come faremo ad uscire. Chissà che Bersani, da solo in quel bar, non stesse pensando proprio a questo: a come fare per salvare l’Italia dal baratro nel quale ci siamo sconsideratamente cacciati. E chissà a quale soluzione avrà pensato, oltre quella di affidarsi, anche lui mani e piedi, ad un manipolo di ottimati dai quali tutti sembrano aspettarsi ormai un impossibile miracolo.
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