di Francesca Varasano

La richiesta di una Scozia indipendente nel 2012 non è anacronistica? Lo sviluppo economico slovacco è stato in qualche modo condizionato dalla secessione del 1993? Che ruolo avrà la Scozia di fronte alla storia e all’evoluzione dello stato moderno, nonchè dell’Europa? Chiedo, con vago intento polemico, ad un amico scozzese a proposito del referendum sull’indipendenza richiesto da Edimburgo. C’è data soltanto ora la possibilità di pronunciarci sul destino del paese, è la risposta che ricevo.
In seguito al fallimento della proposta di referendum nel 2009, il Partito Nazionale Scozzese (SNP) ha presentato il tema dell’indipendenza come uno dei principali della campagna elettorale del 2011. La vittoria, ottenuta con maggioranza assoluta, ha fatto sì che il primo ministro Alex Salmond sia in grado di tenere fede a quelle promesse: il 10 gennaio scorso, la Scozia ha annunciato ufficialmente l’intenzione di chiamare gli scozzesi ad esprimersi sull’indipendenza.
La buona riuscita del referendum dipenderà dalla risoluzione di alcune questioni cruciali e concrete che sono attualmente causa di frizione con Londra: in particolare, la data della votazione, gli aventi diritto al voto e, soprattutto, la formulazione del quesito. Gli Unionisti, appoggiati da Westminster, premono perchè la consultazione abbia luogo poiché ci sono i tempi tecnici, sperando forse nella disorganizzazione degli indipendentisti; l’SNP auspica invece il voto per l’autunno del 2014 e chiede che l’età degli aventi diritto sia abbassata a 16 anni, facendo chissà forse leva sull’idealismo adolescenziale. Sul quesito si scontrano le strategie politiche del governo inglese e dell’SNP: il primo preme per un secco aut aut sulla possibile indipendenza, i secondi ponderano la possibilità d’un’ulteriore opzione che contempli il cosiddetto devo max, un’autonomia assoluta cui mancherebbe soltanto l’indipendenza formale. In questo caso, il governo scozzese arriverebbe a gestire la maggior parte delle prerogative statali, ad eccezione di difesa, politica estera, politica monetaria. La Scozia, che già oggi gode di larga autonomia, controlla settori cari all’opinione pubblica quali la sanità e l’istruzione. Nei mesi passati, mentre l’Inghilterra autorizzava le Università a togliere ogni limite alle tariffe universitarie e, di fatto, ad alzarle notevolmente, le politiche scozzesi sono sembrate vincenti: il sistema universitario scozzese, oltre a mantenere un’ottima reputazione, è rimasto gratuito (gratuito, in effetti, per studenti domiciliati in Scozia o provenienti dai paesi membri dell’Unione Europea, ma non dal resto del Regno Unito).
La questione economica e finanziaria sembra avere un peso preponderante, più in generale, sul referendum. Se da un lato la Scozia ha risorse naturali – il petrolio, anzitutto – resta da chiarire quale potrebbe essere la reazione del settore privato e delle imprese alla paventata autonomia. Che ne sarà dei biscotti Tunnock? Si chiede il Daily Mail, che spiega poi: i biscotti Tunnock sono quei dolcetti che probabilmente a casa vostra si mangiavano all’ora del tè negli anni ’70, ma su in Scozia continuano a piacere tanto. Se è vero che ci sono penne più diplomatiche del Daily Mail, tuttavia la questione della possibile fuga di imprenditori al sud pare concreta: Michelle Mone, creatrice del marchio di biancheria intima Ultimo, ha dichiarato al Sunday Times che in caso d’indipendenza si vedrebbe costretta a muovere l’azienda (e i suoi 42 milioni di sterline di fatturato annuo) da Glasgow a Londra e s’è detta convinta che sarebbero in molti a fare altrettanto, temendo la volatilità della finanza e politica scozzesi.
La contingenza storica è forse un dettaglio di fronte alla passione degli ideali, ma l’economia è ben concreta. L’Europa del secondo millennio pullula di indipendentismi, nazionalismi, rancori mai sopiti, rivendicazioni linguistiche: l’affermazione di identità nazionali o regionali, il ricorso ad autonomie più o meno ampie sono stati a lungo il compromesso fra lo status quo e le aspirazioni separatiste, costrette a confrontarsi con la realtà dell’assetto amministrativo, economico ed istituzionale, oltre che con le spinte unitarie e conservatrici. La Scozia di Salmond si interroga oggi su un quesito il cui esito è tutt’altro che scontato: la politica europea non può che seguire con interesse la battaglia politica fra Londra ed Edimburgo, nonchè i possibili scenari che ne emergeranno. Certo, come recita una pubblicità per la promozione del turismo scozzese, la Scozia potrebbe sorprenderti.

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