di Domenico Letizia
Come un Arlecchino che gira tra le città, così il mercato, secondo il dire quotidiano, assume svariati colori, ma tra i colori, quello più amato e contemporaneamente odiato, condannato e salvato è il nero, il mercato nero. Economicamente possiamo definire tale procedimento o rapporto di scambio, contro-economia, quello scambio non ufficiale, senza paradigmi istituzionali di riferimento, senza imposizioni politiche, da un certo punto di vista, se osserviamo bene e senza pregiudizio, l’unica forma attuale e quotidiana di mercato autenticamente libero.
Tra gli “scambi” del mercato nero “girano” anche molte di quelle merci proibite, che all’opinione pubblica creano ribrezzo e biasimo come le droghe, le armi e gli animali protetti dimenticando spesso che il mercato non è il problema perché non svolge altro compito che quello di fornire agli individui ciò che chiedono; a peccare di immoralità (senza dimenticare che un giudizio simile soprattutto in ottica libertaria è inesatto, dato che ogni individuo è proprietario del proprio corpo quindi libero di ingerire tutte le sostanze che vuole e come vuole, l’importante è non arrecare aggressione ad alcuno), se proprio un carattere etico vogliamo dare allo scambio, non è il mercato ma il consumatore.
La contro-economia fornisce quotidianamente accessori e altro, a prezzi molto bassi rispetto all’altro mercato, quello controllato e assistito. Svariati ragazzi e adulti, trovano così a prezzi accessibili CD, oggettistica varia, occhiali da sole, vestiario, oggetti per la casa e con un rapporto diretto tra consumatore e venditore; quante volte abbiamo contrattato il prezzo con un ambulante per l’oggetto desiderato?
Il mercato nero è stato anche salvezza; la storia ci ha consegnato pezzi di ricordi che la maggior parte della gente non dimentica facilmente. Ogni volta che si è in guerra, ogni volta che le dittature opprimono i popoli, il mercato nero crea sollievo alla generale alienazione e all’incubo di stato che nel corso del Novecento ha fatto strada. Molti italiani, i nostri nonni e i loro racconti, ricordano come durante la guerra quando tutto mancava, quando si faceva letteralmente la fame, “al mercato nero” c’era qualcosa da poter comprare, da poter azzannare. Senza dimenticare l’incubo, attuale, delle sigarette: più lo stato tassa e ri-tassa, più il mercato nero è la salvezza per i fumatori.
Vi è chi è riuscito ad avere una vita migliore per cinquant’anni di fila, come in Unione Sovietica, mentre lo stato centralizzava tutto, imponendo anche cosa e quanto mangiare, o meglio non mangiare; c’era chi ribelle alle regole dell’autorità trovava conforto proprio grazie al mercato nero. La storia ha consegnato la contro-economia come l’antagonista, il sistema ribelle alle leggi, proprio perché durante le peggiori dittature, oggi fiscali, il mercato nero diventa l’eroe, il momentaneo antidoto alle nefandezze dell’autorità statale e alla coercizione. Un ribelle da scovare tra le bancarelle dei mercatini, tra gli ambulanti e nei quartieri disagiati.
Interessante ricordare che vi è un movimento politico, culturale ed economico che celebra le azioni del mercato nero, visto come movimento di liberazione dallo stato. Detto movimento, di origini americane, prende il nome di Agorismo, nel ricordo dell’agorà greca e dei suoi favolosi, splendidi e ricchi mercati.
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