di Luigi Di Gregorio
Le elezioni amministrative appena concluse sono state segnate fondamentalmente da quattro fenomeni:
1. L’astensionismo è di gran lunga il primo partito, ha votato un italiano su due. Non si era mai registrato un tasso di partecipazione elettorale così basso in un paese come il nostro abituato a ben altre medie (venti anni fa, alle elezioni politiche del 1992, in diverse regioni votò oltre il 90% degli aventi diritto). In particolar modo, l’astensione ha colpito il Nord, anche questa è una novità. Il meridione ha sempre avuto tassi di partecipazione più bassi, ma la fine dell’asse Pdl-Lega e il crollo di questi due partiti ha generato un vuoto politico rilevante, prevalentemente sfociato nell’astensionismo.
2. Il fenomeno Grillo: il vero miracolo è stato fatto a Parma, in totale il Movimento 5 Stelle ha ottenuto 3 sindaci tra i Comuni superiori a 15 mila abitanti, per cui non ha certo fatto un en plein. Tuttavia, ciò che impressiona è il trend di crescita costante e uniforme, che ha portato il M5S ad essere oggi, secondo IPSOS, potenzialmente il secondo partito al livello nazionale con il 18,5% di possibili consensi. Dunque, si è aperto un vuoto nell’elettorato di centrodestra che genera prevalentemente astensionismo, ma che in parte sta cercando alternative (forse solo per dare un segnale, forse no) anche nel movimento di Grillo, che si colloca fuori dallo spazio politico, né a destra né a sinistra, che corre sempre da solo, che non usa le televisioni per fare campagna elettorale, bensì punta sul web e sulle piazze e riesce, come è accaduto a Parma, a vincere l’elezione spendendo 5400 euro. Una rivoluzione in termini di logiche partitiche, comunicazione e marketing politico che sta continuando anche dopo l’elezione di Pizzarotti, visto che desta grande curiosità la selezione dei papabili assessori mediante analisi dei curricula.
3. Il centrosinistra non sfonda. L’asse che ruota – non sempre – intorno al Pd non aumenta il proprio consenso. Ha senz’altro vinto queste elezioni, ma lo ha fatto per certi versi per ritiro dell’avversario. A Genova ha vinto, di fatto, con il consenso del 20% degli elettori (la maggioranza assoluta di quel misero 39% che ha votato al ballottaggio) e con un candidato non del Pd. A Palermo ha vinto in formazione divisa, e non ha vinto il candidato del Pd. A Parma ha subito una rimonta storica dal candidato del M5S. La vittoria “senza se e senza ma” di cui parla Bersani ha un senso se vista in un’ottica ampia di coalizione, ha meno senso se si guarda ai rapporti interni alla coalizione stessa (vedi rapporti tesissimi con Orlando a Palermo), non ha quasi senso se si guarda ai voti ottenuti dal Pd che viaggia ben al di sotto del 20% come voti di lista.
4. Il centrodestra è da rifare. Pdl e Lega sono evidentemente i partiti che escono peggio da queste elezioni. Tuttavia, i loro elettori non hanno cambiato “casacca” (in Italia non è semplice farlo, siamo sempre il paese dei guelfi e dei ghibellini, dei tifosi e non degli sportivi, dei comunisti e degli anticomunisti, e così via). C’è il famoso vuoto da ricolmare. E per ora quel vuoto nell’elettorato “moderato” aspetta quella che Alfano definisce una “nuova offerta politica”. Tutto dipenderà dalle prossime mosse dunque, purché siano rapide e a loro modo rivoluzionarie. Prima o poi anche il guelfo diventa ghibellino, in assenza di alternative…
In sintesi, dunque, la fotografia che emerge da queste elezioni è quella di un paese diviso a metà, innanzitutto tra chi vota e chi non vota. Chi vota premia il centrosinistra, ma in modo non omogeneo e in una compagine frammentata e divisa, oppure cerca un’alternativa nel movimento di Grillo. Chi non vota è prevalentemente un ex elettore del centrodestra che aspetta un cambio di rotta a 180°: nuove idee, una nuova classe dirigente, merito, giovani e nuove logiche politiche (basta promesse che non si possono mantenere, basta difese dell’indifendibile, basta contrapposizioni sterili e urlate). C’è tanto lavoro da fare e poco tempo a disposizione, sia a destra che a sinistra. Ah, non ho parlato del Terzo Polo (che oggi sarebbe quarto o quinto polo…), ma ormai non ne parla neanche Casini…
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