di Fabio Polese

“Quello che sta succedendo in Siria è molto chiaro: gli Stati Uniti e alcuni Paesi arabi stanno sostenendo i ribelli. Stanno sostenendo gli scontri armati e il caos”: a parlare è Ali Darmush, il responsabile dei rapporti esteri di Hezbollah, ossia il Partito di Dio, partito politico sciita libanese che, insieme ad una delegazione di giornalisti italiani, ho incontrato a Beirut la settimana scorsa. “Il Libano con tutte le sue comunità è un Paese ospitale e guarda verso tutti con amicizia. Il nostro Paese subisce i riflessi di quello che sta succedendo in Siria. E’ molto probabile che in occidente i governi e l’informazione cerchino di comunicare alla gente che in queste zone ci sia una trasformazione democratica. Non è così, in realtà, si sta spingendo al caos più totale”, mi dice qualche giorno più tardi Ammar Moussawi, responsabile esteri di Hezbollah e deputato del Parlamento libanese, al settimo piano di un palazzo a Beirut.

La prima notte passata a Dahie, roccaforte del Partito di Dio a Beirut sud, è stata abbastanza movimentata. Gli scontri a fuoco – tra oppositori e sostenitori del governo siriano del presidente Bashar al Assad – oltre che a Tripoli, sono arrivati anche nella capitale del Libano. Ad incrementare la situazione di tensione, è stata la notizia del rapimento di dodici pellegrini sciiti libanesi, presi da gruppi Salafati nelle zona di Aleppo, in Siria. A Beirut, sin dal tardo pomeriggio, si vedevano grandi nubi di fumo e durante la notte sono state diverse le manifestazioni spontanee per richiedere il rilascio immediato degli ostaggi.

I vertici di Hezbollah che ho incontrato mi dicono che la Siria sta pagando il sostegno fatto alla resistenza libanese e palestinese e che il pericolo è reale anche in Libano perché ci sono “elementi che entrano nel Paese e lo sabotano”. Gli ultimi avvenimenti accaduti nel nord del Libano e lo scontro che si è aperto tra l’esercito libanese e alcuni gruppi di Salafiti armati – mi dice Moussawi – aveva lo scopo di indebolire la forza dell’esercito per prendere il controllo della zona, utilizzandola come una base per sostenere, con le armi, i ribelli siriani. La posizione di Hezbollah e del governo libanese, è quella di rimanere neutrali nella “crisi siriana”, ma, qualora ci fosse la volontà di destabilizzare anche il Libano, mi dicono, “saranno pronti ad affrontare qualsiasi problema”.

Per il Paese dei Cedri, il 25 maggio è una data particolare, si festeggia infatti, la festa della liberazione del Libano del sud dall’occupazione israeliana. A Maggio del 2000, Tsahal (l’esercito d’Israele) che occupava stabilmente il sud del Paese, grazie alla determinazione dei soldati della Resistenza, fu costretto a lasciare il Libano. Questa data consegnò ad Hezbollah molta popolarità e il consenso di quasi tutto il popolo.

La festa di quest’anno è stata fatta proprio al confine con Israele, nel villaggio di Bint Jbeil, dove ad attendere le parole in videoconferenza di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, c’erano decine di migliaia di persone in un tripudio di bandiere gialle del movimento e la presenza di tutte le più alte cariche militari e religiose del Libano. “Vittoria di un Paese, nascita di una nazione” è stato il motto scelto da Hezbollah per celebrare questa manifestazione. “L’interesse della nazione prevalga su quello delle singole comunità” ha esordito il leader del Partito di Dio che poi ha continuato: “dal 1948 ad oggi, Israele ha invaso il Libano diverse volte ma Hezbollah ha dato vita ad una nuova epoca mettendo fine all’impero sionista. Noi esistiamo solo per difendere la nostra terra”. Il discorso di Nasrallah è durato più di un ora e si è concluso con la necessità di rimanere neutrali rispetto a ciò che sta accedendo in Siria.

A festa finita, mentre facciamo ritorno a Beirut, non posso non notare le grandi e belle case costruite lungo il confine e penso che anche questa sia una forma di resistenza. Una resistenza attiva per riappropriarsi del proprio territorio, anche con il rischio di trovarsi, per l’ennesima volta, tutto distrutto.

La visione che ha l’occidente di Hezbollah è molto distorta: considerato come un gruppo di terroristi, è invece, un partito ben organizzato, che funziona e che ha come obiettivo l’interesse del proprio Paese.

 

 

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