di Luigi Di Gregorio*

L’annuncio della coppia Alfano-Berlusconi di qualche giorno fa ha destato parecchi sospetti.

C’è chi l’ha interpretato come un modo per far saltare il tavolo delle riforme e per tornare a votare con il porcellum, obbligando così il centrosinistra alla versione “foto di Vasto” e spingendo Casini e il Terzo Polo a riallacciare i rapporti con il Pdl.

C’è anche chi l’ha preso sul serio, temendo una candidatura dell’highlander Berlusconi alla Presidenza della Repubblica. In effetti, sia il lapsus di Alfano – che lo ha chiamato involontariamente proprio Presidente della Repubblica durante la conferenza stampa – sia la candida ammissione di Berlusconi: “non ho intenzione di candidarmi alla presidenza del consiglio”, nel momento in cui presenta una modifica della forma di governo che riduce ampiamente il ruolo del presidente del consiglio, fanno alimentare qualche retropensiero sospetto. Sospetto che cresce nel momento in cui i due accettano serenamente il doppio turno per l’eventuale elezione presidenziale mentre non accettano in linea di massima il doppio turno per le elezioni parlamentari, dove sembra prevalere invece un sistema proporzionale simil-spagnolo, ossia con circoscrizioni che assegnano pochi seggi per premiare di fatto i partiti maggiori.

Anche in questo caso, volendo pensar maliziosamente, la logica è chiara. Il Pdl ha ancora – io però non ne sarei così convinto – un leader in grado di sconfiggere qualunque altro candidato in un confronto a due, mentre non è in grado – specie senza Lega e Terzo Polo – di vincere quasi in nessun collegio in un confronto secco col doppio turno alla Camera e al Senato. Di fatto, se questo fosse lo schema che ha portato a questa proposta, il ragionamento di fondo si rivelerebbe parziale (sia nel senso che modificherebbe solo la forma di governo lasciando il sistema elettorale del Parlamento fuori dalla logica maggioritaria, sia nel senso che sarebbe “di parte”, ossia un ragionamento tattico sulla base delle premesse appena descritte). Il paradosso tuttavia sta nel fatto che, se davvero si facesse la riforma e si realizzasse lo scenario immaginato, ossia: Berlusconi Presidente della Repubblica e Parlamento a maggioranza di centrosinistra, avremmo da subito un caso di cohabitation, che paralizzerebbe alla prima “uscita” la nostra nuova repubblica presidenziale e che soprattutto abbatterebbe sensibilmente le capacità di incidere del nuovo Presidente. Già, perché il sistema semipresidenziale vede un Presidente forte, anzi fortissimo, quando anche il governo e la maggioranza parlamentare sono della sua stessa parte politica, mentre in caso di cohabitation è il presidente del consiglio a diventare molto più forte e decisivo in un difficile equilibrio di poteri.

Cosa dobbiamo augurarci dunque? Innanzitutto che Pd e Pdl prendano seriamente questa ipotesi di riforma, affrontandola in un’ottica di sistema-paese e non di mera tattica del giorno dopo. Non è tempo di tatticismi, è tempo di innovare il sistema politico in maniera radicale ed efficace per reagire concretamente alla più grande sfida dell’era repubblicana. Se si vuole, il tempo di fare la riforma c’è: non c’è da riscrivere la Costituzione, solo da modificare pochi articoli. In ogni caso, resta il nodo della riforma elettorale per l’elezione del Parlamento. Passare al semipresidenzialismo, optando per un sistema proporzionale – per quanto corretto – non avrebbe senso, specie in un momento di altissima frammentazione partitica come quello attuale. A quel punto avrebbe più senso tenersi il porcellum inserendo le preferenze o le primarie per legge, per evitare di tornare al voto con liste di nominati che farebbero prendere a Grillo il 30% dei consensi e ai partiti maggiori (?) più contestazioni che voti. Io penso che, per il bene del paese, questa riforma si debba fare e che vada fatta fino in fondo, ossia anche col doppio turno per le elezioni politiche. Ma io non faccio politica, mi limito ad osservarla. Aspettando che la formattazione sia completata e che si possa riavviare il sistema.

* Docente di Scienza politica nell’Università di Viterbo “La Tuscia”

 

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