di Antonio Capitano

La Fondazione ASTRID ha recentemente organizzato una significativa tavola rotonda dal titolo “La spending review e gli acquisti di beni e servizi nella pubblica amministrazione”.

La materia è di rilevante attualità e, nelle stesse ore dell’incontro che qui si commenta, il governo andava sotto per ben due volte per una spaccatura su un emendamento, su cui l’esecutivo aveva espresso parere negativo. Il testo del decreto oltre alla nomina di Bondi a commissario per la spending review fissa anche proprio alcune norme per risparmiare sugli acquisti di beni e servizi da parte della Pa.

E’ evidente che tale materia è sotto i riflettori oggi più che mai. Sono note le vicende per le quali gli sprechi si sono fatti strada tra l’assoluta normalità; sprechi nella sanità ad esempio e più in generale nel variegato modo degli appalti per il quale la Corte dei Conti ha recentemente riscontrato una maggiorazione del 40% a causa dei fenomeni corruttivi. Questa osteoporosi del sistema deve necessariamente far riflettere e provocare una immediata risposta del Governo, in primis, per individuare sia tecnicamente che politicamente le scelte da compiere. In tutto questo sembrerebbe che vi sia un rinvigorimento del ruolo della Consip anche se tale istituto dovrebbe essere più funzionale e snello affinché possa essere davvero un punto di riferimento del risparmio pubblico, abbattendo ogni barriera burocratica per lasciare il posto ad uno strumento agile, anche in relazione al “salto” digitale che l’esecutivo intende compiere. La disciplina è di notevole importanza poiché da un oculato sistema di spesa, a tutti i livelli pubblici, è possibile destinare rilevanti somme per altre importanti finalità e oggi più che mai ai servizi sociali, all’istruzione, ai beni culturali e più in generale ai servizi alla persona. Non è pensabile – e questo è tipico delle amministrazioni locali – non assicurare servizi essenziali destinando risorse per circostanze superflue in questo momento di grande tensione sociale. Non è la cultura da tagliare, ma occorre una cultura del tagliare. Una discrezionalità che oggi più che mai deve avere quale requisito “la diligenza del buon padre di famiglia”.

Il recente passo avanti fatto in Europa dovrebbe essere di stimolo per cambiare anche la mentalità tutta italiana di acquisti di beni e servizi nella P.A. spesso senza alcun principio di ragionevolezza e fuori dalle logiche di una visione aziendalistica della spesa pubblica. Sul punto è utile ricordare alcune incongruenze sovente paradossali che raggiungono la massima espressione nel campo sanitario. Cosicché un bene che in una regione costa 1 euro in altre regioni ne costa 10. La stampa in merito ha riportato esempi di siringhe dal prezzo flessibile a parità di prodotto. E’ del tutto evidente che una volta conosciuto il male non si può far finta di non riconoscerlo, anche perché saper effettuare dei tagli è esso stesso arte della politica, della buona politica e del saper amministrare. E’ insieme buona amministrazione, buon andamento e buon governo

L’intento dell’autorevole Fondazione (definita dal Ministro Profumo “luogo di cultura”) – annunciato dal suo presidente Franco Bassanini – è quello di “riflettere per cercare soluzioni da proporre ai decisori” e, nel caso della spending review, il punto centrale è quello di superare il concetto e l’azione di manovre di tagli lineari per concedere spazio per operazioni di finanza pubblica attraverso investimenti per la crescita e l’avvenire del Paese. Ecco perché è necessario liberare risorse per investirle in quei settori che possano produrre effetti di ripresa senza tralasciare il comportamento etico e responsabile dei pubblici funzionari all’educazione alla spesa. Saper gestire il denaro pubblico si pone come punto di partenza della credibilità di un Paese spesso offeso da comportamenti corruttivi ripetuti quotidianamente. Sono da rivedere alcuni capisaldi per troppo tempo soffocati da certe prassi conosciute ma scarsamente represse, che già Benedetto Croce ben descriveva con efficace sintesi “dal che non si trae, dunque, la conseguenza del lasciar correre, che è quella di tutti gli inetti e i cinici…La conseguenza è invece il dovere di un atteggiamento, non certo impaziente, ma fermo e combattente”. Il sistema dei controlli, a tutti i livelli, dovrebbe avere dunque una seconda chance unitamente alla prevenzione di fenomeni corruttivi e deleteri. Vi è dunque la necessità di un monitoraggio civile che sull’esempio tracciato da ASTRID possa suggerire ai decisori soluzioni pubbliche per il raggiungimento del bene comune anche in questo campo, nel quale spendere meno non significa sacrificare la qualità di un prodotto o di un servizio, ma spendere meglio con la cura di chi ha a cuore questo Paese e il suo futuro per un “valore pubblico”, per dirla con il Ministro Patroni Griffi, inteso non solo in termini economici, ma anche in termini sociali.

 

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