di Federico Donelli

Mentre oltre i propri confini soffiano venti di guerra, in Giordania crescono le tensioni interne culminate nelle manifestazioni di protesta contro il governo delle ultime settimane con al centro delle critiche il monarca re Abdullah II. La folla è scesa in piazza ad Amman e in molte altre città del Paese tra cui Aqaba inneggiando, fatto insolito in Giordania, al cambio di regime, accusato di agire in maniera dispotica ignorando le richieste di riconoscimento di maggiori libertà.

Le urla e i cartelli della popolazione inneggianti le dimissioni di re Abdulla II rappresentano un punto di svolta in Giordania, regno all’interno del quale è ancora severamente punita qualsiasi aperta critica al regime e al monarca. Re Abdullah II non ha mai goduto di grande popolarità e considerazione da parte della società giordana che non ha mai perdonato la sua formazione occidentale (anche presso l’Accademia militare inglese Sandhurst) e la presenza nelle stanze del potere della moglie, la regina Rania considerata espressione di quella componente palestinese in costante ascesa dopo il 1967 in Giordania e vista come minaccia ai tradizionali gruppi di potere giordani, in particolare le grandi famiglie beduine. A ciò si deve aggiungere il fatto che re Abdullah II debba quotidianamente confrontarsi con l’ingombrante ombra del suo predecessore, il padre re Abdullah I, carismatico leader dotato di lungimiranza politica e autorevolezza militare, qualità queste poco presenti nel figlio.

Dalle rivolte scoppiate in tutto il Medio Oriente nella primavera del 2011 re Abdullah II si è posto in una situazione tendenzialmente difensiva alimentando così indirettamente la già forte opposizione al regime tra cui spiccano i Fratelli Musulmani organizzati in Giordania nell’Islamic Action Front (IAF). Nel giro di pochi mesi si sono succeduti diversi esecutivi che, almeno ufficialmente, avevano tutti il compito di traghettare il Paese lungo la difficile via delle riforme in chiave democratica. I continui cambi di governo, le tensioni latenti tra la componente giordano-palestinese e quella tradizionale oltre alle critiche condizioni di un’economia in aperta recessione da mesi dove pesano alti livelli di corruzione che disincentivano gli investitori stranieri, hanno alimentato un mix di frustrazione e delusione da cui emerge l’immagine di un monarca debole, sfiduciato ed incapace di risollevare la Giordania.

L’opposizione fino a questo momento ha impostato la propria azione politica attraverso le richieste di riforma dei meccanismi istituzionali, tra cui l’attribuzione al Parlamento della scelta del tutto autonoma del Primo Ministro (riforma concessa di recente dal re) e della legge elettorale che possa garantire una totale eguaglianza tra cittadini giordani di origine beduina, considerati tuttora di serie “A”, e i giordani di origine palestinese che, nonostante costituiscano la maggioranza della popolazione, vengono considerati come di serie “B”.

La monarchia hascemita gode da sempre dell’appoggio delle forze di sicurezza (General Intelligence Department) i cui posti di comando sono assegnati ai rampolli delle principali famiglie beduine, un meccanismo questo che nel tempo ha rafforzato il rapporto delle tribù con la famiglia reale divenendo vero e proprio bastione del regime. Tuttavia, la crescente influenza concessa da re Abdullah II a membri della componente giordano-palestinese vicini alla famiglia delle regina Rania ha progressivamente sgretolato lo storico legame con le tribù beduine facendo emergere dissenso e critica. Questi elementi hanno inevitabilmente delegittimato il regime rendendolo sempre più debole ed impreparato ad affrontare la crescente instabilità interna.

Nei prossimi mesi risulterà necessario fare attenzione all’evolversi della situazione giordana, il rischio è quello che il regime perda completamente il controllo della situazione, a maggior ragione in relazione all’instabilità nelle zone di confine (Israele, Siria, Iraq), creando così un pericoloso vuoto di potere e una situazione di pseudo-anarchia, terreno più che mai fertile per lo scoppio di un conflitto tra le due principali componenti della società giordana.