di Daniela Coli
Nel 2006 James J. Sheehan, storico della Germania moderna, ha sostenuto sull’“American Historical Review” che la sovranità è il maggior problema della storia dell’Europa e dell’Unione europea. La sovranità è però un concetto problematico, perché è sia il potere politico, separato da altre forme di autorità (come quelle familiari, religiose, economiche), come ritiene lo storico americano, sia, come afferma Max Weber, il monopolio della violenza. L’Unione europea riflette inevitabilmente queste antinomie. Ha alla base il Trattato di Roma del 1957 con cui alcuni stati sovrani regolarono le relazioni commerciali, auspicando un’unione più stretta tra i popoli europei.
L’abortito progetto di Costituzione europea parlò di comune futuro dei popoli europei. Per quanto riguarda le istituzione europee, tra esse c’è il Consiglio che rappresenta gli stati, la Corte e la Commissione rappresentano invece l’intera comunità, mentre il Parlamento rappresenta i popoli d’Europa. L’ambiguità tra “popoli” e “stati” riflette la confusione sul futuro. La crisi finanziaria del 2008 e la crisi dell’euro ha fatto emergere la Germania come potenza egemone: per salvare l’euro basterebbe dare alla moneta il suo stato, ma, come ha scritto Lucio Caracciolo su Repubblica il 29 giugno 2012, “nessuno dei leader europei sente di poter vendere l’Eurostato ai propri elettori” e soltanto a proporre gli eurobond Angela Merkel “verrebbe spedita in esilio” dai tedeschi. Per Sheehan l’Unione europea non è soggetto politico sulla scena globale, perché non ha difesa. Per lo storico americano, l’Unione europea è un’unione legale: fare leggi è la principale attività dell’Ue: segue lo stesso processo di costruzione degli stati europei dal ‘500 all’800, fatti soprattutto attraverso decreti e leggi, anche se i principi Ue non sono chiari.
Nel 2010 John Mearsheimer, teorico del realismo politico americano, ha osservato che agli Stati Uniti converrebbe favorire la nascita di una Germania superpotenza militare e lasciare l’Europa tra una decina d’anni, per dedicarsi al contenimento della Cina in Asia. Gli Stati Uniti e la Nato sono però interessati anche al contenimento della Cina in Africa, insieme a Gran Bretagna e Francia. Nel 1904 l’accordo anglo-francese per la spartizione del Nord Africa e quello anglo-russo del 1907 per le zone d’influenza in Asia bloccarono i tentativi di espansione dell’impero tedesco, la cui industria aveva superato quella britannica e francese. La Germania attuale, riunita sotto il segno dell’atlantismo, dopo anni di Ostpolitik, è anche in ottimi rapporti economici con la Russia, tanto da far rimettere in circolazione il termine di Eurasia.
Nella storia europea degli ultimi cinque secoli, la Germania – o, meglio, l’equivalente dell’attuale Germania – ha un ruolo fondamentale nell’affermazione della sovranità degli stati, siglata dalla pace di Vestfalia del 1648. Per Charles Tilly, i creatori degli stati europei dal ‘500 all’800 – diversamente da quanto accadde nell’antica Roma, in Cina o nel Nord America – non si espansero da un centro forte a una periferia debole, ma dovettero combattere per distruggere i rivali, assorbirli e costringerli a vivere come volevano, imponendo anche la fede religiosa. Proprio perché gli stati europei nati dal ‘500 all’800 unificarono antiche nationes, che non parlavano la stessa lingua, né avevano simili tradizioni, fu necessario controllare la religione: per questo ebbero come rivale principale la Chiesa di Roma e crearono religioni nazionali. L’ordine della leggi sostituì gradualmente la religione.
Lutero è uno dei principali promotori dell’Europa moderna. Per Hannah Arendt, Machiavelli è responsabile della fine dell’unità religiosa e politica europea come di tutte le rivoluzioni moderne, però senza Lutero le critiche di Machiavelli al cattolicesimo sarebbero rimaste nell’ambito della crisi religiosa della cultura umanistica. Per Max Weber il protestantesimo e, in particolare il calvinismo diffuso in Svizzera, Paesi Bassi e Francia, sarebbe all’origine del capitalismo e questo spiegherebbe i ritardi dei paesi cattolici, però durante il Rinascimento vi furono banchieri come i Medici con papi e cardinali. Weber intendeva confutare Marx, contrapponendo la religione all’elemento economico, però l’elemento economico ebbe una notevole influenza anche nel successo del protestantesimo. Il movimento di Lutero s’impose subito in alcuni stati tedeschi, come la Prussia, per il sostegno dei nobili attratti dall’espropriazione delle terre e dei beni ecclesiastici. Il fattore economico è evidente nelle rivolte dei cavalieri, i nobili cadetti rimasti esclusi dall’espropriazione delle terre, e dei contadini, nella Germania meridionale, represse duramente dai nobili. Il protestantesimo si impose negli stati del nord Europa, con sovrani come Cristiano III di Danimarca e viceré di Norvegia: anche in questi stati l’elemento economico fu decisivo e in alcuni casi fu necessario l’intervento di mercenari germanici.
Va però notato che religioni comuni non hanno evitato guerre tra gli stati cattolici, né tra stati protestanti, come Gran Bretagna e Germania. L’Inghilterra, che ruppe con la Chiesa di Roma nel 1531, non era protestante. Enrico VIII, capo supremo della Chiesa d’Inghilterra nel 1534 ruppe con Roma per ragioni istituzionali, poi espropriò i beni ecclesiastici e li distribuì alla piccola nobiltà e alla borghesia. La Chiesa d’Inghilterra divenne protestante successivamente, principalmente ad opera di Thomas Cromwell, che sostituì Thomas More e fu poi fatto decapitare da Enrico VIII per avergli procurato una quarta moglie non riuscita gradita. Nel ‘600 la Guerra dei Trent’Anni, a cui non parteciparono né Inghilterra e Russia, si presenta come un conflitto tra cattolici e protestanti, ma fu una serie di conflitti tra stati e alla fine divenne una guerra tra la Francia e gli Asburgo d’Austria per l’egemonia: in particolare degli stati tedeschi del Sud e della Baviera. Le guerre tra gli stati europei – la Guerra dei Trent’Anni è indicativa – furono guerre per il controllo territoriale. A voler l’intervento francese nella guerra dei Trent’anni, al fianco degli svedesi fu il cardinale Richelieu, che aveva sconfitto ed espulso i calvinisti dalla Francia. Il progetto di un’egemonia anglo-tedesca dell’Europa nel segno del protestantesimo ad opera di Elizabeth Stuart e Federico V del Palatinato fallì velocemente. Il tentativo di resuscitarlo con gli anglo-tedeschi Hannover fu stroncato da Napoleone, che abolì il Sacro Romano Impero. Guglielmo II, nipote della regina Vittoria, nonché imperatrice delle Indie, fece una politica estera antibritannica. Rifugiato in Olanda dopo la sconfitta tedesca della prima guerra mondiale, visse appartato, ma nel 1940 si complimentò con Hitler per la conquista di Parigi.
L’estinguersi del Sacro Romano Impero, che per secoli riuscì a tenere insieme stati diversi, e la fine di imperi multinazionali come quello degli Asburgo e dei Romanov ebbero conseguenze destabilizzanti per l’Europa. Più della polemica contro Roma, nuova Babilonia, simbolo della corruzione cattolica, nella storia dell’Europa moderna contò l’antagonismo inglese, francese e prussiano contro gli Asburgo di Spagna e Austria e il loro imperi. La guerra del 1866 della Prussia contro l’impero asburgico, gli stati tedeschi del sud e gli stati cattolici, come la Baviera, produsse la confederazione degli stati tedeschi a egemonia prussiana. La guerra della Prussia contro la Francia nel 1871 e la sconfitta di Napoleone III, determinò la proclamazione dell’impero tedesco, l’inizio delle tensioni con la Francia, ma soprattutto la fine dell’Europa del Congresso di Vienna nel 1815. Sia l’Austria degli Asburgo, sia la Francia di Napoleone III si opponevano all’egemonia prussiana sulla Germania meridionale e, in particolare sulla Baviera. I motivi non erano religiosi, ma chiaramente geopolitici.
Mentre le “cicale” del Sud Europa sognano gli Stati Uniti d’Europa e i “virtuosi” del Nord Europa chiedono a quelli del Sud di rinunciare alla “dolce vita” non sarebbe male dare un’occhiata alla storia europea degli ultimi cinque secoli.