di Vincenzo Montante
La decisione dell’ONU di riconoscere, lo scorso 29 novembre, la Palestina come Stato osservatore, ha implicazioni politiche di breve e medio termine. Le implicazioni nel breve termine investono i rapporti con lo stato di Israele. Nel medio periodo la decisione dell’ONU rischia invece di aumentare la forza politica degli amici della Palestina, a partire dall’Iran.
Di fronte alla decisione dell’ONU di riconoscere alla Palestina lo status di Stato osservatore, Israele ha risposto con l’installazione di nuove abitazioni nella regione della Cisgiordania. Israele teme che la Palestina possa avere, con questo riconoscimento internazionale, una maggiore capacità di influenza in sede ONU. È probabile che la decisione israeliana di consolidare parti del territorio della Cisgiordania attraverso la costruzione di nuovi alloggi risponda ad esigenze legate al suo relativo isolamento internazionale e a preoccupazioni che investono la sicurezza dello Stato.
Le voci su una probabile intenzione della Palestina di un ricorso alla Corte internazionale di giustizia per accusare lo Stato di Israele di crimini di guerra evidenzia come, al di là dei problemi di natura giuridica sulla possibilità di uno Stato osservatore di ricorrere alla Corte Internazionale, in una prospettiva di medio termine la forza politica in seno all’ONU di paesi come la Palestina ma soprattutto l’Iran possa essere indirizzata a colpire Israele ed i suoi alleati.
Sarebbe stato più utile riconoscere la Palestina come Stato osservatore in seguito ad un negoziato più stabile con Israele. Se si pensa che il conflitto israelo-palestinese possa trovare maggiore distensione con la decisione dell’ONU, ci si sbaglia: i fatti dimostreranno il contrario. L’adesione di uno Stato all’ONU dovrebbe richiedere criteri non solo legali, ma soprattutto politici. L’ONU, erede di quella Società delle Nazioni creata dopo la prima guerra mondiale per evitare l’insorgere di nuovi conflitti, ha lo scopo di garantire la pace e la sicurezza tra gli Stati. Tutte le mosse dovrebbero dunque essere rivolte alla distensione (e possibilmente alla risoluzione) dei conflitti interstatali.
L’influenza del gruppo terroristico radicale Hamas sulla Palestina è potente. Hamas ha come obiettivo l’eliminazione di Israele come entità storica. E la stessa linea è sostenuta con forza dall’Iran (probabilmente con maggior forza se si doterà di armi nucleari). È molto probabile che questi Stati intensifichino in seno all’ONU dimostrazioni ed iniziative volte a colpire direttamente lo Stato di Israele ed indirettamente i paesi del mondo Occidentale.
La politica forgia le leggi e le istituzioni. Quando equilibri politici consolidati iniziano a decadere, nuovi poteri irrompono nelle istituzioni forzandone e mutandone funzioni e scopi. Fu così nella Germania degli anni ’30, quando Hitler utilizzò le istituzioni democratiche per raggiungere il potere e, una volta raggiunto, esautorarle. Così potrebbe accadere all’ONU. Si pensi agli episodi di antisemitismo di Durban II o alle reticenze dell’istituzione nel criticare la soppressione dei diritti umani in Iran o in Cina, o nel massacro di cristiani in Somalia. Probabilmente le sorti dell’ONU sono un riflesso delle sorti dell’Occidente. È probabile che alle grida di gioia delle ultime settimane ne seguano altre più tristi.