di Federico Donelli
Lo scenario afghano, a meno di dodici mesi dalla data indicata da Obama come conclusiva dell’exit strategy americana, si presenta quanto mai instabile e imprevedibile. Da tempo gli Stati Uniti confidano nel vicino Pakistan perché si assuma la responsabilità e l’onere di guidare dall’esterno – e non solo- l’Afghanistan verso la complicata fase di transizione iniziata da oltre dieci anni. Il Presidente americano Barack Obama ha annunciato che entro il 2014 verrà definitivamente completato il ritiro delle truppe USA presenti sul territorio afghano; a tal fine da tempo il Dipartimento di Stato con l’appoggio della CIA ha intensificato gli sforzi per trovare un accordo con le diverse componenti della eterogena società afghana, tra cui anche diverse fazioni riconducibili all’universo talebano. Il 2013 però non è iniziato sotto i migliori auspici; infatti, il 3 gennaio scorso un raid americano nel Sud del Waziristan, regione montuosa di confine tra Pakistan e Afghanistan, ha portato all’uccisione di Maulvi Nazir, leader di Ahmadzai Waziri, fazione talebana che negli ultimi anni è risultata essere molto vicina ad Islamabad. Il gruppo Waziri è servito e serve tuttora al governo pakistano ed ai suoi potenti servizi segreti (ISI) sia come punto di riferimento e affidabile mediatore nelle trattative con le fazioni talebane operanti nelle zone di confine con l’Afghanistan, sia come vero e proprio “gendarme” nei confronti del principale gruppo di ribelli talebani presenti in territorio pakistano: il Tehrik-i-Taliban.
L’azione – a dir poco incauta – compiuta dagli Stati Uniti, una mossa che – ancora una volta – solleva enormi dubbi sulle capacità degli uomini della CIA e sulla effettiva presenza di una ben definita strategia americana per il futuro della regione, rischia di incrinare ulteriormente i rapporti già tesi con l’alleato pakistano. Le relazioni con il Pakistan sono in continuo deterioramento, iniziato nell’autunno del 2011 a seguito di un duro attacco americano in territorio pakistano, a causa soprattutto dei continui attacchi di droni USA in territorio pakistano in aree semi-autonome di confine con l’Afghanistan, soggette a controllo tribale. Una questione molto delicata che ha recentemente spinto il governo di Islamabad a presentare il problema alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite.
Tornando all’assassinio di Maulvi Nazir, occorre sottolineare che negli ultimi trentasei mesi il legame instauratosi tra l’esercito pakistano e la fazione Ahmadzai Waziri è servito a sferrare diversi duri attacchi al gruppo Tehrik-i-Taliban che ne hanno gravemente minato la struttura, spingendolo ad abbandonare i territori del Sud Waziristan rifugiandosi nelle aree Pashtun nel nord-ovest del Paese. Le aree nord occidentali sono al centro degli interessi di Islamabad a partire dal 2009 quando la situazione al confine è diventata insostenibile; infatti, l’azione capillare delle forze NATO in Afghanistan ha spinto interi gruppi di talebani afghani e combattenti affiliati ad al-Qaeda lungo il confine meridionale, trovando rifugio proprio in Waziristan, all’interno quindi delle Aree tribali amministrate dal governo federale pakistano (FATA).
Islamabad, consapevole di non godere delle risorse necessarie per sferrare un’operazione su larga scala nel Waziristan del Nord ha optato per l’instaurazione di negoziati diretti con alcuni dei più influenti leader tribali tra cui spicca il carismatico Hafiz Gul Bahadur ex membro proprio di Tehrik-i-Taliban, nel tentativo di avviare una condivisione di potere, in cui l’autonomia locale concessa rimanga comunque legata al governo centrale pakistano. Per quanto discutibili e precari i negoziati hanno portato a risultati concreti, ad iniziare da una generale stabilità nel Nord Waziristan, con Islamabad che ha riconosciuto e legittimato il potere di Bahadur ottenendo in cambio un controllo – se non la vera e propria consegna – delle diverse cellule di al-Qaeda rifugiatesi nella regione.
Strettamente collegati ai negoziati tra talebani e Islamabad, sono quelli in atto tra gli Stati Uniti e le fazioni talebane afghane dal cui esito positivo dipenderà necessariamente il futuro dell’ancora deboli istituzioni statali afghane.
Il rischio ora è che l’uccisione di Maulvi Nazir porti ad un nuovo inaspettato rimescolamento delle carte, spingendo il Ahmadzai Waziri ed altre fazioni ad esso legate, tra cui quello guidato da Hafiz Gul Bahadur, ad allinearsi al Tehrik-i-Taliban nella lotta contro il governo pakistano, incrementando il sostegno alla guerriglia talebana in Afghanistan, gettando nuovamente il Paese nel caos. Un ulteriore indebolimento del Pakistan quindi che si ripercuoterà inevitabilmente anche sui negoziati e sulla exit strategy degli Stati Uniti che perderebbero così il loro principale riferimento per la futura stabilità dello Stato afghano.
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