di Antonio Capitano
In una lettura recente di Sabino Cassese (“La qualità delle politiche pubbliche, ovvero del metodo nel governare”), l’insigne giurista evidenzia che il nostro sistema di governo è caratterizzato da “primitivismo organizzativo, rudimentalità delle procedure, insufficienze del personale, scarso ricorso a tecnologie informatiche, arcaicità del disegno complessivo: un anacronismo rispetto agli altri governi moderni”.
Orbene, in questo momento di totale smarrimento alimentato anche da un voto che ha prodotto ulteriore incertezza vi è la necessità di dotare il Paese di un esecutivo che possa rimettere in carreggiata questa macchina in piena avaria istituzionale. Le continue dispute mediatiche fanno soltanto danni provocando una sorta di accanimento terapeutico ad un sistema che avrebbe invece bisogno di pronte e risolutive riforme per risollevarsi dal baratro economico e sociale nel quale sta lentamente precipitando.
In questo quadro, è del tutto evidente che dopo il fallimento del governo tecnico, più ragioniere che ragionevole, ci si aspettava almeno un governo politico ben definito e che guardi ai veri problemi e alle note priorità del Paese. Ma la sottovalutazione generale di nuovi Movimenti, ha provocato il rebus dell’inconcludenza dovuto essenzialmente ad una legge elettorale che sembra pensata per ingarbugliare ancora di più le procedure per la formazione di maggioranze chiare e nette.
E’ chiaro che, in queste condizioni, non è possibile agire per tentativi che lacererebbero il tessuto sociale fino alla concreta possibilità di fratture insanabili nel Paese dovute al ciclone della crisi che sta strozzando, senza pietà, moltissime famiglie. Ne deriva la necessità di un governo illuminato da affidare a dei saggi che possano davvero affrontare le emergenze sotto gli occhi di tutti. A cominciare da quella equità più volte evocata ma mai vista in carne ed ossa e da una moderna coscienza europea.
Questo governo di saggi potrebbe ripristinare le minime regole calmierando un sistema dal punto di vista di pochi ma incisivi interventi. Una sorta di coma farmacologico indotto per operare scelte che possano condurre a nuove elezioni, creando le condizioni per consultazioni che diano finalmente al Paese una maggioranza in grado di prendersi la responsabilità della guida e non solo la consuetudine di scaricarla sulla “gestione” precedente.
Certamente, il quadro è tutto in divenire e l’evoluzione delle cose risente degli umori all’interno degli schieramenti che in alcuni casi produrranno rese dei conti ed in altri veri e propri atti ricostruttivi o di dismissione. Dalla voce interna ai partiti o ai movimenti che dir si voglia ci saranno presto delle novità. E fino a quando ci sarà il miglior perdente o il peggior vincitore non faremo molta strada.
La via della saggezza è l’unica percorribile. Non quella delle citazioni o delle riproduzioni senza sostanza. Ma quella del senso dello Stato, il senso delle istituzioni. Ovvero di quel metodo del governare che tanto manca a questo Paese.
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