di Simone Ros

Il dibattito che ha preceduto le elezioni italiane è rimbalzato dal ristretto e provinciale circuito mediatico nostrano agli autorevoli quotidiani stranieri, trepidamente in attesa del non scontato risultato delle urne. I giornali austriaci, dalla popolaresca e scollacciata Kronen Zeitung al liberale e paludato Der Standard, pur dedicando considerevole spazio alle vicende italiane, sono già stati furiosamente assorbiti dal ciclone di una vera e propria “campagna elettorale permanente”. Come già ricordato nel mio precedente contributo per l’Istituto di Politica, il 2013 è il cosiddetto “Super anno elettorale”: apertura col botto grazie al tanto atteso (e presto archiviato) referendum sulla coscrizione obbligatoria, strategiche consultazioni a livello locale (Niederösterreich, Tirolo, Salisburgo e Carinzia) fino al previsto culmine rappresentato dalle elezioni parlamentari in autunno. Come già ricordato molte volte, il governo viennese è un bicolore a trazione social-popolare: i Socialisti della SPÖ hanno espresso il Cancelliere, il grigio Werner Faymann, mentre i popolari della ÖVP hanno occupato la casella di vice-cancelliere tramite l’ambizioso Michael Spindelegger (Vice e Ministro degli Esteri). I governi di coalizione sono una costante in Austria, patria della Proporz, una forma esasperata di partitocrazia che si traduce concretamente nella irreggimentazione inalterata nel tempo di intere categorie sociali: ne è testimone il miliardario, esordiente in politica, Frank Stronach che, per rilanciare le sorti del suo neonato movimento in uno dei più inscalfibili feudi elettorali della ÖVP, è impegnato in una vera e propria “guerriglia” (la definizione è del settimanale Profil) contro le resistenze corporative di organizzazioni storicamente egemonizzate dai Popolari. La vicenda è esemplificativa: chiunque lavori in enti o Comuni “neri” (il colore della ÖVP) viene “invitato” a desistere da qualsiasi forma di sostegno al nuovo partito, soprattutto durante la necessaria raccolta di firme. Una firma che potrebbe costare il posto di lavoro, un’autorizzazione in campo edile, un prestito in banca.

La furiosa refrattarietà della Niederösterreich, dominata dal ras popolare Erwin Pröll (ex amico di Stronach, ora suo acerrimo avversario politico), sembrerebbe suggerire l’esistenza di una sorta di inattaccabile “fortino” governativo: Socialisti e Popolari, i partiti storici e più radicati, contro gli ormai tradizionali outsider e nuove schegge impazzite come l’arzillo ottantenne Stronach. Non è così: l’odore del sangue, sprigionato dalla sventurata consultazione referendaria, ha scatenato onde telluriche intra-governative che rischiano di portare ad una inevitabile anticipazione delle elezioni parlamentari. La SPÖ, che sosteneva a spada tratta l’abolizione della leva, ne è uscita con le ossa rotte; l’ÖVP, al contrario alfiere dell’”Esercito di popolo”, ha cavalcato la vittoria in vista delle ben più cruciali elezioni regionali. La tenuta del governo Faymann-Spindelegger ne ha risentito in modo drammatico ed evidente. A puntare il dito contro la destabilizzazione post-referendaria è Reinhard Göweil, in un pessimistico editoriale apparso sulla Wiener Zeitung il 13 febbraio 2013. A scuotere il codominio rosso-nero non sono i colpi bassi degli outsider e i risultati in bilico delle Regionali, ma piuttosto le contorsioni interne al traballante edificio governativo: Göweil denuncia la pericolosa mancanza di un sereno clima lavorativo tra i partner di governo ed elenca alcuni esempi che hanno occupato per molti giorni le prime pagine di tutti i quotidiani.

Il lungo e spesso frustrante dibattito che ha portato al travagliato parto del nuovo bilancio europeo ha avuto ripercussioni dirette e pericolosissime anche a Vienna: mentre il Cancelliere Faymann trattava da solo e ad armi impari per preservare lo “sconto” accordato al contributo austriaco, ecco il sorridente Vice Spindelegger comparire con la moglie al superbo Ballo dell’Opera viennese, circondato dall’alta società. Pettegolezzi, si dirà. Ciò non ha comunque impedito al sottosegretario agli Esteri Reinhold Lopatka (popolare) di criticare malignamente il più che onorevole risultato portato a casa del Cancelliere, in un’incredibile dimostrazione di scarso fair play e spirito di collaborazione. Al fuoco “amico” di Lopatka, si è presto aggiunta la bordata di un altro membro “nero” del governo, il Ministro dell’Agricoltura Nikolaus Berlakovich: eccolo quindi tuonare sui giornali contro la perdita di 72 milioni di euro a favore dei contadini austriaci, cui il bilancio federale dovrà presto provvedere coprendo il buco. Lo scivolone di Spindelegger e i colpi sotto la cintola dei colleghi di governo Lopatka e Berlakovich sono la spia di un malessere sotterraneo, di un inesorabile tentativo di smarcarsi dall’azione governativa sventolando lo stendardo dei propri interessi “parrocchiali”. Il cerchio infatti si chiude laddove avevamo iniziato, in Niederösterreich: sono infatti gli agricoltori di questo strategico Land, clientela da sempre “nera”, che vanno assolutamente sottratti all’abbraccio mortale del pirotecnico Stronach, idolo dei pensionati. Se il governatore uscente Pröll perderà la maggioranza assoluta alle elezioni del 3 marzo, il “merito” sarà tutto da attribuire allo spregiudicato miliardario e alla sua “guerriglia”. Il contrasto è però stridente e lascia l’amaro in bocca: può una trattativa così delicata e densa di significato come la sofferta determinazione del bilancio comune europeo essere malamente piegata a fini elettorali di così corto respiro? Dopotutto, se è vero che Angela Merkel ordinò di astenersi in Consiglio di Sicurezza sul caso Libia per salvaguardare le elezioni in Nordreno-Vestfalia, perché il ministro Berlakovich non dovrebbe sparare a zero sul Cancelliere in modo da lanciare un provvidenziale zuccherino all’elettorato popolare? È la politica, dirà qualcuno. Göweil non ci sta: “se il lavoro del governo federale continuerà in questo modo, e c’è da aspettarselo, otterremo ben poco. Sarebbe forse più intelligente andare a votare già in giugno”. Votare regolarmente ad ottobre, secondo il giornalista, si tradurrebbe in una drammatica stasi della politica austriaca per tutto il resto dell’anno. Una sconfitta della SPÖ nelle consultazioni regionali e la vittoria della ÖVP condurrebbero ad un livello intollerabile di aggressività; il governo, legato mani e piedi alle disgreganti rivalità interne, sarebbe destinato ad arenarsi sulle secche di una conflittualità permanente e distruttiva.

È la maledizione di ogni coalizione governativa: la paralisi decisionale dovuta agli inevitabili e interessati distinguo, il triste spettacolo della cacofonia ministeriale che mina alla radice ogni provvedimento e ogni risultato. Se l’approdo delle prossime elezioni italiane sarà una qualsiasi forma di coalizione, non tarderanno purtroppo a manifestarsi i Lopatka e Berlakovich nostrani. Dopotutto, in fatto di caotici e spuntati carrozzoni governativi, deteniamo una lunga e infruttuosa tradizione.

 

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