di Angelica Stramazzi

Era il 2009 quando Lorella Zanardo, con il suo docufilm intitolato “Il corpo delle donne”, acquisì molta fortuna e visibilità, grazie anche alla possibilità di far conoscere il suo lavoro in diverse città non solo italiane ma anche europee, ossia in quei contesti in cui si ritiene che, generalmente, ci sia una maggiore e più adeguata considerazione della donna rispetto a quanto invece avviene nel nostro Paese. Quello che la Zanardo evidenziava con forza nella produzione in questione era il fatto che il corpo femminile, sempre più considerato strumento di oggetto e di possesso, venisse esibito in maniera costante e ripetuta senza che di esso si tutelasse un aspetto fondamentale: quello della dignità e del pudore, due elementi cardine quando in ballo ci sono i diritti e la riservatezza di ogni essere umano.

Oltre a denunciare l’imperante mercificazione del corpo femminile, la Zanardo metteva sotto accusa il sistema di potere mediatico generato dalla tv commerciale esplosa negli anni Ottanta, notando come determinati programmi, tra cui Striscia la Notizia, puntassero sull’oggettivazione della donna per denunciare fatti di cronaca, di malcostume, di abusi e via dicendo. Da quel momento in poi, ossia da quando “Il corpo delle donne” ebbe grande fortuna e successo, la discussione circa il ruolo della donna (anche e soprattutto nelle istituzioni rappresentative) assunse nuove connotazioni, tese a sottolineare come la classe dirigente al potere, all’epoca dei fatti riconducibile alla squadra di governo guidata da Silvio Berlusconi, non considerasse la donna come un essere pensante dotato di autonomia e capacità di giudizio. Il movimento di “Se non ora quando” si inserì in tale solco, dando vita a manifestazioni di piazza e a forme di protesta che però si spensero con la fine (governativa) del potere berlusconiano. Ma di donne (e delle violenze perpetrate sui loro corpi) non si smette mai di parlare (il più delle volte a sproposito) e in questi giorni, sulla scia dei molti femminicidi che si sono consumati spesso tra le mura domestiche e per opera di uomini che confondono l’amore col possesso, non poche voci si sono levate per ribadire la necessità di intervenire con provvedimenti urgenti in materia. Tra queste anche il Presidente della Camera Laura Boldrini, che ha auspicato una normativa in grado di punire in maniera esemplare coloro che si macchiano per l’appunto di femminicidio, senza però tener conto che un simile percorso venne avviato dall’ex Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna. All’epoca dei fatti la lodevole proposta non fece notizia, finendo invece nel dimenticatoio, grazie all’attività di una stampa non troppo amica, spesso piegata ad interessi di parte e quasi mai vicina alle esigenze dei cittadini. Che, a ben vedere, dovrebbero trarre dall’informazione un valore aggiunto su tutti gli aspetti della quotidianità, violenze ed omicidi compresi.

Se la questione legata alla condizione della donna nel nostro Paese va affrontata, mettendo in campo politiche che agevolino la conciliazione tra lavoro e vita privata, non possono passare inosservate le numerose strumentalizzazioni che ruotano attorno ad una tematica molto delicata ed urgente. Trovare incentivi all’occupazione femminile, creare asili nido funzionali e moderni, diffondere maggiormente la pratica dei congedi parentali: queste dovrebbero essere le priorità sui cui si dovrebbe intervenire e su cui i rappresentanti istituzionali dovrebbero concentrarsi. Le polemiche circa l’utilizzo del corpo femminile non portano da nessuna parte, soprattutto se vengono condotte con una sola e precisa finalità: quella di screditare l’avversario politico o chi la pensa in maniera differente.

 

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