di Gianfranco Morra
La morte ha raggiunto a 75 anni Marcello Staglieno, grande giornalista e scrittore, che ebbe il coraggio di tenere alta l’eredità del liberalismo conservatore, proprio negli anni in cui la “destra” era confusa col neofascismo e quindi ghettizzata. Di nobile famiglia genovese, pronipote di un famoso storico della Liguria, suo omonimo, Marcello aveva combattuto la cultura della resa al “pensiero unico” comunista schierandosi con Indro Montanelli, col quale fondò il Giornale (1974). Collaborando soprattutto alle pagine culturali
Quando si sfasciò il “bipolarismo imperfetto” dei due partiti nemici e compari, cercò di impegnarsi nelle nuove formazioni politiche anticomuniste. Fu a fianco di Gianfranco Miglio e, nel 1992, divenne senatore della Lega Nord. Nel 1994 fu rieletto Senatore della Lega nella coalizione della Casa della Libertà. Fu anche vicepresidente del Senato. Ma era troppo onesto per accettare il ribaltone di Umberto Bossi e lasciò la Lega. Forse era anche troppo intelligente e indipendente per restare in parlamento. Nel 1996 tornò al giornalismo e fu per due anni direttore del “Popolo d’Italia” di Alleanza Nazionale.
Leggere i suoi scritti era un nutrimento di forte gradevolezza. Dietro c’era una cultura vastissima, mai esibita, ma digerita e trasformata in avvincente e garbatissima prosa. Possedeva la “curiosità” dell’uomo di cultura, disponibile al dialogo e all’ascolto, sempre pronto a correggersi, non per indifferenza relativista, ma per amore della verità, che è sempre più grande di ogni nostro limitato possesso.
Nei suoi scritti rivendicò la ricchezza della tradizione conservatrice europea, da Pareto a Mosca, da Longanesi a Prezzolini, da Spengler a Schmitt, sino a Montanelli, questo “anarco-conservatore”. Laico e liberale, era rispettosissimo della religione autentica, non a caso una delle sue opere più riuscite è la biografia di un beato cattolico: “Un santo borghese, Pier Giorgio Frassati”.
Il libro-intervista con Gianfranco Miglio del 1990, edito da Laterza, “Una Costituzione per i prossimi trent’anni”, rimane un esempio di concretezza e di vivacità intellettuale. Quelle domande e risposte, ricavate da tanti incontri nello studio del Professore e Preside alla Università Cattolica di Milano, che si affacciava sul “Giardino delle Vergini” (così un tempo era chiamato), definivano con preoccupato rigore una situazione di necrosi costituzionale, alla quale si doveva dare una risposta.
Con amarezza si leggono quelle proposte, di cui ancora oggi si parla per una deplorevole colpa del parlamento, che in vent’anni non ha fatto le riforme costituzionali necessarie e urgenti. Gianfranco e Marcello le avevano definite con intelligente concretezza: come l’incremento del potere del primo ministro, eletto dal popolo; al quale soltanto deve spettare la scelta di ministri non parlamentari, in ogni momento da lui revocabili e sostituibili; la trasformazione del Senato in una Camera delle Regioni; una struttura realmente federalista dello Stato.
Chi lo conosceva, difficilmente poteva dimenticarlo: la sua naturale signorilità, la sua capacità di mettere in sordina una evidente superiorità intellettuale, in modo che ogni suo interlocutore si trovava a suo agio, il suo umorismo sottile e il suo sorriso un po’ malinconico. Un uomo che ha onorato il giornalismo, perché lo fondava sulla autentica cultura e sulla passione etico-politica.
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