di Leonardo Raito

Le ultime elezioni amministrative hanno fatto registrare l’avanzata del non voto, che ormai ha raggiunto percentuali superiori a quelle dei principali partiti votati dall’elettorato partecipante. È indubbio che ormai, il “partito del non voto” è il principale partito italiano, e questo apre scenari nuovi per il sistema politico italiano.

Una delle ragioni della scarsa partecipazione alle tornati elettorali sta nella crisi del sistema di rappresentanza politica. Anche il nuovo governo di larghe intese guidato da Letta viene letto, da molti commentatori, come un appiattimento grave da parte di quelli che erano stati i due partiti polarizzanti del sistema bipolare, il Pd e il Pdl. Lacerato da una drammatica crisi interna il primo, con pesanti contrasti tra correnti a minarne stabilità e concretezza, eccessivamente legato a una leadership personalistica e logorata il secondo, Pd e Pdl, di fronte al risultato paralizzante delle urne, e sotto la pressione da pistola alla tempia esercitata dal presidente Napolitano, da una crisi internazionale senza fine e da un Europa con l’indice puntato sul nostro paese, hanno varato una maggioranza che dire improponibile, almeno fino a pochi mesi fa, è un eufemismo. L’ambizione terzo-polista di Grillo e dei suoi, invece, sembra già naufragare di fronte all’incapacità propositiva e, anche in questo caso, al personalismo forte di un leader maximo non più in grado di prevenire i mal di pancia della base.

Eccoci quindi al “partito del non voto”, che, come detto, potrebbe aprire una pagina nuova della nostra storia repubblicana, se la politica saprà ergersi a baluardo di democrazia contro il pericoloso lassismo degli ultimi anni. Occorre però un forte scatto in avanti, uno scatto d’orgoglio che passi da una nuova capacità di selezionare le classi dirigenti sulla base di competenza e concretezza, dalla capacità, in primis, di elaborare una nuova legge elettorale che restituisca il rapporto fiduciario tra elettore ed eletto (a tal proposito, non occorre andare tanto lontano: perché non applicare il sistema del doppio turno delle comunali anche al livello nazionale?) per superare un centralismo delle scelte che ha contribuito al distacco tra elettori e nominati. Di certo non si tratta di un percorso facile, ma comunque possibile. Ed è così che quel silenzioso partito di maggioranza può vedersi riconquistato da una politica di qualità che privilegi idee e soluzioni al tatticismo esasperato degli ultimi anni, che possa garantire una proiezione di proposte serie e credibili in grado di sopravanzare personalistiche decisioni. Il governo Letta ha di fronte, prioritariamente, la sfida di restituire dignità e credibilità alla politica. Sarà solo il primo tassello per far uscire il nostro paese da una crisi che non è solo economica ma anche di programmazione e valoriale, e per rimettere l’Italia sui binari della competitività.

 

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