di Federico Romanelli Montarsolo
La recente tragedia umanitaria avvenuta al largo di Lampedusa ha riproposto con forza il tema dell’efficacia delle politiche europee di controllo dei flussi migratori provenienti dalla frontiera più fragile, quella aperta nel mare Mediteranneo.
Si tratta di un tema cruciale per il governo dell’Europa, sia per la sua drammatica urgenza, che per le conseguenze che potrebbero innescare, nell’ambito dello stesso processo di integrazione politica, i provvedimenti da prendere per una sua possibile soluzione, invocati giustamente dall’Italia come immediati ed adeguati.
Una prima risposta positiva è arrivata dal recente vertice del Consiglio europeo, il quale ha riconosciuto che il problema dell’immigrazione richiede «un’azione determinata» dell’Ue seguendo tre principi: prevenzione, protezione e solidarietà. Principi che ora potranno meglio applicarsi in virtù di un importante richiamo che è stato introdotto nel documento finale del vertice, quello all’”equa ripartizione delle responsabilità” che ha di fatto accolto le richieste dell’Italia.
Altre conclusioni operative, come il rafforzamento delle operazioni Frontex nel Mediterraneo e una rapida attuazione del nuovo sistema di sorveglianza Eurosur, che sarà «cruciale nell’aiutare a localizzare le imbarcazioni per proteggere e salvare vite alle frontiere esterne dell’Ue», arriveranno dal Consiglio europeo di dicembre con proposte che saranno elaborate da una task force sull’immigrazione, mentre al vertice Ue di giugno 2014 verranno affrontati i temi giuridici come l’asilo.
Le decisioni prese al vertice odierno del Consiglio sono in linea con quelle prese il 23 ottobre scorso dal Parlamento europeo, il quale ha approvato a larga maggioranza una risoluzione bipartisan sui flussi di migranti nel Mediterraneo in cui si chiede tra l’altro di «modificare o rivedere eventuali normative che infliggono sanzioni a chi presta assistenza in mare», riferimento implicito alla necessità di un superamento della legge Bossi-Fini.
Nello stesso documento del Parlamento si ricorda che «Lampedusa deve rappresentare un punto di svolta per l’Europa» e «l’unico modo per evitare un’altra tragedia è di adottare un approccio coordinato, basato sulla solidarietà e sulla responsabilità, coadiuvato da strumenti comuni». Gli eurodeputati hanno anche richiamato la necessità della ricollocazione dei richiedenti asilo come «una delle forme più concrete di solidarietà e di condivisione delle responsabilità». Il Parlamento ha altresì richiesto più fondi per l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo e per Frontex, necessari per aiutare gli Stati membri a far fronte alle emergenze umanitarie e per organizzare operazioni di soccorso in mare.
Ma qual è la voce più autorevole del governo europeo che ancora manca per definire il quadro delle azioni di politica comune da intraprendere sul tema dell’immigrazione, già così ben tracciato da Consiglio e Parlamento europeo? Manca la voce della Commissione europea. Il suo presidente si è infatti limitato a ribadire che l’Unione europea ha deciso di creare la task force a cui affidare il compito di effettuare una valutazione sull’emergenza immigrazione, con il mandato di riportare i risultati al Consiglio europeo del prossimo dicembre. La task force riporterà al Consiglio in base a 4 aree: rafforzamento dei dispositivi per salvare vite umane, supporto ai paesi di frontiera e in prima linea nel ricevere immigrati, necessità di collaborazione con i paesi di origine e, quarta area, lotta al crimine organizzato.
Tuttavia, se la Commissione avesse reale potere per incidere sul governo dell’Europa, queste misure comporterebbero l’adozione di provvedimenti esecutivi finalizzati ad un’azione realmente concertata in una materia, l’immigrazione, che avrebbe riflessi immediati anche per una migliore e più adeguata azione di politica estera e di difesa comune, le quali sono di rilievo imprescindibile nel processo di integrazione politica dell’Unione europea.
Le decisioni che Consiglio e Parlamento europeo hanno preso nei giorni scorsi in materia di immigrazione hanno tracciato un valido piano d’azione, ma il passaggio tra la solidarietà espressa in un comunicato e la condivisione di un fardello sul campo non è affatto scontato. Queste decisioni risulterebbero più efficaci se, dietro un forte impulso della Commissione europea, si traducessero nella concertazione di una reale azione di difesa delle frontiere europee, quale sarebbe l’azione rafforzata di costituzione di una forza paramilitare europea, ovvero l’embrione di un futuro esercito europeo, che agirebbe da subito per fini umanitari.
In questo modo l’esercito italiano o maltese non agirebbero più in modo solitario a difesa della loro frontiera marina, che è la frontiera dell’Europa meridionale, ma di concerto con una forza europea d’intervento. Ciò comporterebbe, tra l’altro, una duplice conseguenza positiva: la riduzione dei costi da sostenere, da parte dell’Italia come di qualunque membro dell’Unione che in futuro vi ricorresse, nello svolgere missioni per tutelare i confini esterni dell’Europa e un più efficace intervento paramilitare, con mezzi e uomini europei e non più soltanto nazionali.
Inoltre, a confermare la portata politica che la decisione di creare una forza umanitaria paneuropea avrebbe per il futuro dell’Europa, sarebbe utile considerare la natura stessa dell’intervento che questa forza sarebbe oggi chiamata ad adottare. Non un intervento aggressivo e d’ingerenza territoriale, ma preventivo e con finalità esclusivamente umanitarie.
La portata dei provvedimenti presi in questi giorni a Bruxelles potrebbe dunque risultare decisiva anche per migliorare il governo dell’Europa? Si, a condizione di imprimere velocità al processo costituente di revisione dei Trattati dell’Unione, partendo dai poteri e dalla rappresentanza della Commissione, il cui governo oggi non è assente ma deficitario.
La tragica vicenda di Lampedusa insegna all’Europa – intesa nella sua duplice accezione degli Stati e dei popoli – a condividere ulteriormente, nel suo tortuoso percorso di unione, i principi della cittadinanza europea. Questi devono essere sostenuti da una migliore architettura costituzionale per un governo realmente europeo il quale, per essere tale, deve dotarsi di quella maggiore soggettività politica che le può derivare solo se si rendono più effettivi ed efficaci i poteri della Commissione, oggi da riformare. Su questa strada il governo dell’Europa unita sarà passato anche da Lampedusa.
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