di Emanuele Schibotto*

La visita del Premier russo Medvedev a Pechino si è conclusa con la firma di una serie di storici accordi tra le principali compagnie energetiche nazionali. Segno che le due potenze asiatiche, al netto delle storica diffidenza reciproca, provano ora ad imbastire un partenariato strategico incentrato sull’energia.

Primo fatto degno di nota: come prima visita ufficiale in un Paese straniero in qualità di capo di Stato Xi Jinping ha scelto Mosca, non Washington. Secondo fatto notevole: la Repubblica Popolare è il primo partner commerciale della Russia. Terzo, il prossimo anno il volume degli scambi commerciali bilaterali toccherà i 100 miliardi di dollari.

La posizione comune su Siria e Corea del Nord, la difesa dell’integrità territoriale di Sudan e Serbia, la percezione condivisa che al capitalismo occidentale sia da prediligere il “capitalismo di stato”. Esempi, questi, tesi a sottolineare i punti di contatto tra i due giganti asiatici che, pur condividendo circa 2.500 km di confine in comune, vantano relazioni bilaterali sostanzialmente congelate dal Trattato di amicizia del 1950 in poi (senza dimenticare i numerosi scontri al confine durante la Guerra fredda).

Nel libro Cina, Henry Kissinger ricorda che “l’Unione Sovietica considerava il mondo comunista come una singola entità strategica la cui leadership si trovava a Mosca” mentre “dal punto di vista della storia cinese, della sua visione sino-centrica e della sua definizione di ideologia comunista, nulla avrebbe potuto essere più ripugnante per Mao”.

Troppa diffidenza reciproca quindi, ma anche interessi divergenti nell’ultimo quarto di secolo hanno impedito un rapprochement in grado di sfociare in una fattiva collaborazione. Mosca è stata assorbita dalla fase post-implosione sovietica, dalla (fallace) rincorsa alla modernizzazione in salsa occidentale e dal dossier ceceno. Pechino ha cessato di essere una potenza destabilizzante in Asia Orientale, ha regolato i conti con la povertà estrema e allo stesso tempo ha consolidato il potere del Partito comunista.

I due soci di maggioranza dei BRIC ritengono ora che le condizioni siano mature per accelerare la spinta delle relazioni commerciali. In questo senso, le parole di Xi Jinping pronunciate a Mosca il marzo scorso assumono una valenza particolare: “Oggi, sia la Cina che la Russia vivono un importante momento di rinascita nazionale e le relazioni bilaterali entrano in una nuova fase nella quale ognuno dei due (Paesi) fornisce all’altro importanti opportunità di sviluppo e lo tratta come un partner di rilievo”. Putin, dal canto suo, ha affermato che la visita di Xi è stata “storica e dai risultati positivi”.

I risultati cui accennava Putin si manifesteranno pochi mesi più tardi con la firma di 21 accordi commerciali legati al settore energetico, il vero volano attorno al quale prende forma il partenariato. Tra i più importanti, il memorandum firmato tra la compagnia petrolifera russa Rosneft e la cinese Sinopec: la prima fornirà alla seconda 10 milioni di tonnellate di petrolio all’anno per i prossimi dieci anni al prezzo concordato di 85 miliardi di dollari. Inoltre, i russi apriranno ai cinesi le porte dell’esplorazione e della produzione di una parte dei propri giacimenti siberiani – fatto del tutto inedito.

Il primo produttore e il primo consumatore al mondo di energia uniti per necessità. Lato Russia, diviene cruciale diversificare le esportazioni, troppo dipendenti dall’Europa (nei Paesi EU finiscono l’80% del petrolio e il 70% del gas russi) e preoccupati dallo sviluppo del shale gas in Nordamerica). Lato Cina, è necessario smarcarsi dai Paesi OPEC, di cui è diventata il primo cliente. Se la cooperazione energetica, vero banco di prova del rilancio delle relazioni bilaterali, procederà senza intoppi il partenariato potrà allora aumentare di intensità, divenire strategico e quindi definire nuovi equilibri sia regionali che internazionali.

* Direttore Editoriale del Centro Studi di Relazioni Internazionali Equilibri.net, dottorando di ricerca in geopolitica economica presso l’Università Marconi, co-autore del libro “Italia, potenza globale? Il ruolo internazionale dell’Italia oggi” (Fuoco Edizioni, 2012)

 

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