Emanuele Schibotto*
Rileggiamo i dieci punti sulla globalizzazione evidenziati oltre dieci anni fa dal grande economista indiano, il Premio Nobel Amartya Sen, e utili ancora oggi per iniziare un dibattito serio e informato sull’ordine economico globale, di cui la globalizzazione è il maggior propulsore. I punti e i relativi commenti sono tratti dal libro di Sen Globalizzazione e libertà (Mondadori, 2002, pp 3-9).
1. Le proteste anti-globalizzazione non riguardano la globalizzazione
Gli aderenti al cosiddetto movimento anti-globalizzazione non possono essere contro la globalizzazione, poiché queste proteste sono di fatto uno degli eventi più globalizzati del mondo contemporaneo.
2. La globalizzazione non è un fatto nuovo e non può essere ridotta a occidentalizzazione
Per migliaia di anni la globalizzazione ha contribuito – con un flusso dapprima da Oriente verso l’Europa e successivamente dall’Occidente verso Oriente – al progresso del mondo attraverso i viaggi, il commercio, le migrazioni, la diffusione delle culture, la disseminazione del sapere e della conoscenza reciproca.
3. La globalizzazione non è una follia
La globalizzazione ha arricchito il mondo dal punto di vista scientifico e culturale, così come ha recato benefici economici a molti popoli. Quello di cui c’è bisogno è una distribuzione più equa dei frutti della globalizzazione.
4 Il tema centrale è la disuguaglianza
La sfida principale ha a che fare con la disuguaglianza sia tra le nazioni sia nelle nazioni: la divisione tra Paesi ricchi e Paesi poveri o tra differenti gruppi di un Paese, dei guadagni generati dalla globalizzazione.
5. La preoccupazione principale è la disuguaglianza, non la variazione agli estremi
Quando affermano che i ricchi stanno diventando sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, i critici della globalizzazione scelgono il terreno di scontro sbagliato.
6. La questione è la distribuzione equa
Il tema centrale non è se un particolare risultato comune sia per tutti migliore, in altri termini se tutte le parti guadagnino qualcosa, ma se questo guagadno si traduca in una divisione equa dei benefici.
7. Il ricorso all’economia di mercato dipende da condizioni diverse e produce effetti differenti
La prosperità economia non è possibile senza un ampio ricorso ai mercati. Tuttavia, è bene tenere a mente che il mercato è un’istituzione fra tante e che può produrre risultati molto diversi a seconda della distribuzione delle risorse materiali, dello sviluppo di quelle umane, delle regole impiegate sia all’interno di un Paese sia a livello mondiale.
8. Il mondo è cambiato dagli accordi di Bretton Woods
L’architettura economica, finanziaria e politica mondiale che abbiamo ereditato dal passato (Banca Mondiale, FMI e altre istituzioni create negli anni Quaranta) non teneva in considerazione la forza delle ONG, l’ambiente non godeva di una particolare attenzione, la democrazia non veniva concepita come un diritto globale.
9. Sono necessari cambiamenti delle politiche e delle istituzioni
Il balance of power, che riflette ancora lo status quo degli anni Quaranta, deve essere riesaminato.
10. La risposta ai dubbi globali è la costruzione globale
Non esiste una via d’uscita, né buone ragioni per cercarla, dal generale processo di globalizzazione. Benché vi siano sufficienti motivi per sostenere la globalizzazione, è necessario al contempo affrontare i temi etici e pratici che ne derivano.
Per approfondimenti
D. Held – A. McGrew, Globalismo e antiglobalismo, Il Mulino, 2001
J. Bhagwati, Elogio della globalizzazione, Laterza, 2005
* Membro dell’Istituto di Politica, Direttore editoriale di Equilibri.net, Director for Development per Asian Century Institute
Lascia un commento