di Fabio Polese
La biografia di Niccolo Nicchiarelli scritta da Stefano Fabei (Il generale delle Camicie nere, Macchione Editore, Varese, pp. 642, € 25) apporta un significativo contributo sia alla storia della Repubblica Sociale sia all’interpretazione settoriale e globale della politica e delle istituzioni del fascismo. Per chi non lo conoscesse diremo che Nicchiarelli, tra il 1944 e il 1945 capo di stato maggiore della Guardia nazionale repubblicana, è stato uno dei personaggi più controversi nell’ambito della memoria della RSI; un personaggio per certi versi singolare, a prima vista più legato all’ambiente militare che a quello della politica, almeno scorrendo sinteticamente le tappe della sua vita. Volontario sedicenne nella Grande Guerra, prigioniero in Germania, squadrista e sindaco fascista di Castiglione del Lago, Nicchiarelli entrò nella Milizia di cui comandò la legione «Cacciatori del Tevere», il reparto autonomo nella colonia di confino a Lipari, la legione «San Giusto» di Trieste e la 3ª legione libica. Segretario federale a Bengasi e membro del direttorio del PNF, durante la Seconda guerra mondiale partecipò in Africa settentrionale alla conquista di Sidi el Barrani e alla difesa di Bardia, prima di comandare la legione CC.NN. «Tagliamento» in Russia e il raggruppamento «XXI Aprile». Imprigionato per essere stato al vertice della GNR, fu processato nel 1945 e assolto l’anno successivo.
Non è agevole tentare un’interpretazione globale del personaggio di cui Fabei evidenzia la formazione nazionalista, laica, risorgimentale, patriottica e la volontà, dimostrata con l’adesione alla RSI, di garantire la continuità dello Stato, oltre la scelta ideologica.
Come afferma Giuseppe Parlato nella Presentazione al volume, Fabei mette non a caso in luce la chiave interpretativa dell’amministrazione pubblica, avendo Nicchiarelli svolto per molto tempo attività amministrativa, come sindaco, rettore supplente alla provincia di Perugia, presidente del Tribunale speciale dello Stato a Bengasi, ecc. Dal saggio emerge un Nicchiarelli interprete di un fascismo che si faceva Stato, in una totale adesione a quello che Mussolini intendeva nel rapporto fra Stato e partito: il suo fascismo non era né quello degli intransigenti, che puntavano a una sorta di «rivoluzione continua», e neppure quello dei fiancheggiatori, tra i quali molti ex nazionalisti, pronti ad abbandonare il fascismo non appena le cose si fossero messe male; tanto meno si trovò in sintonia con i vertici militari, con i quali ci furono problemi per tutta la Seconda guerra mondiale, dalla Libia a Salò, e che vennero da lui accusati di non svolgere con coerenza il proprio ruolo e di essere tiepidi con il regime.
Nicchiarelli non fu un fanatico, ma un critico (dall’interno) del fascismo, di cui denunciò i limiti fin dall’inizio, negli anni Venti in Umbria. A Lipari assunse una posizione istituzionale e moderata rispetto ai confinati politici; in Africa rilevò le gravi carenze nel ruolo dello Stato, accusando il PNF di non svolgere una seria azione di supporto alla progressiva assimilazione dei libici alla cittadinanza italiana. Durante la guerra, dopo aver ben combattuto in Africa e in Russia, a Torino nel 1943 analizzò con rigore la situazione socio-politica e culturale, evidenziando le inadempienze del partito nel rapporto con la società civile, sia verso la borghesia e gli intellettuali, sia verso il mondo del lavoro, sottolineando come il fascismo non svolgesse sempre quel ruolo di esempio, moralità e serietà che avrebbe dovuto dimostrare in un corretto rapporto con lo Stato. In Slovenia nel 1943 fece un’analisi ancora più cruda, rimarcando l’insensibilità politica e umana nei confronti delle popolazioni slovene e come fosse stato un grave errore politico aver voluto estendere le strutture del partito all’annessa Lubiana.
Anche il periodo della RSI si può leggere attraverso il filo conduttore dello Stato e della sua continuità. In questo spirito va vista la sua partecipazione, seppur limitata, al tentativo del Duce, e di alcuni fascisti repubblicani, di garantire un passaggio indolore dei poteri dai fascisti verso certi esponenti del socialismo che avevano accettato di dialogare con il governo repubblicano. (Sulla storia di questi «pontieri» Fabei ha scritto un libro innovativo e documentato, I neri e i rossi. Tentativi di conciliazione tra fascisti e socialisti nella Repubblica di Mussolini, edito da Mursia nel 2011). Nicchiarelli partecipò ai «ponti» non tanto per poter operare politicamente sul «dopo», ma semplicemente per difendere quel che restava della struttura dello Stato, consentendo un futuro che potesse in qualche modo rappresentare una continuità con le realizzazioni, se non con i presupposti, del fascismo; il fatto che dopo la guerra non abbia fatto politica attiva conferma la sua posizione disinteressata.
La ricerca di Fabei – di cui è imminente la pubblicazione, da parte di in edibus, del saggio Tagliamento. La legione delle Camicie nere in Russia (1941-1943), presentato da Franco Cardini – merita attenzione perché costituisce un importante punto di riferimento scientifico che va oltre la singola figura di Nicchiarelli. Come ha scritto Parlato, essa, nella geografia del fascismo, lumeggia bene l’ambiente di quanti colsero il fondamentale ruolo dello Stato nel processo di modernizzazione, «… un ambiente che trovò nel settore della pubblica amministrazione quell’ambito di sviluppo che consentì all’Italia di procedere nella trasformazione delle sue strutture. Il fatto che tale ambiente umano e politico sia stato ideologicamente poco motivato non ha rappresentato un elemento frenante: anzi, proprio l’essere pragmatico e attento ai segnali dei tempi ha permesso a questo settore del mondo fascista di essere fra i più aperti, tra quelli che sono stati in grado di elaborare un modello di amministrazione pubblica destinata a durare anche dopo la conclusione del regime, in tutt’altro contesto politico e istituzionale.»
Un volume di notevole interesse e di facile lettura anche da parte dei non specialisti, aiutati da una puntuale contestualizzazione storica delle attività politico-militari di Nicchiarelli, scritto grazie a una grande quantità di documenti finora inediti.
Lascia un commento