di Michele Marchi

Le PenIl primo turno delle elezioni municipali francesi sta dominando le prime pagine della stampa italiana e in generale di quella europea. L’attenzione è naturalmente caduta sui buoni risultati ottenuti dal Fronte nazionale di Marine Le Pen e, a due mesi esatti dalle elezioni europee, lo spettro di un successo dei partiti anti-euro e anti-Bruxelles ha finito per dominare i principali commenti.

In realtà il voto municipale transalpino dovrebbe essere maneggiato con grande cautela, innanzitutto perché bisognerà attendere il secondo turno, prima di esprimere giudizi definitivi. In secondo luogo perché si tratta di una tornata elettorale storicamente molto particolare. E infine perché, come in tutte le competizioni elettorali che caratterizzano uno dei grandi Paesi dell’Unione europea, i moniti nazionali e quelli europei devono essere ben bilanciati. Insomma il messaggio che giunge dalla Francia deve senza dubbio mettere in allarme Bruxelles e le altre capitali dell’Ue, ma deve prima di tutto essere colto a Parigi.

Se si opta per un’analisi di questo genere, il primo dato da rilevare è che l’astensione ha superato ogni livello di guardia. L’astensionismo alle municipali è divenuto una costante, in continua crescita dal 1989, ma con il 38% il dato è patologico e certifica l’esistenza di un vero e proprio fossato tra governanti e governati. Il dato diventa se possibile ancora più preoccupante poiché ad aver rinunciato al voto sono stati in misura maggiore i giovani e le classi popolari e anche perché le figure del sindaco e dei consiglieri comunali, in tutte le indagini di opinione, restano quelle considerate più vicine alle necessità dell’elettorato. Se anche la “politica di prossimità” suscita rigetto come sembra certificare il primo turno di domenica scorsa, gli scenari sono davvero foschi per la classe dirigente politica francese.

Il secondo dato da rilevare è il voto-sanzione nei confronti del PS e di conseguenza dell’inquilino dell’Eliseo. Hollande, per la prima volta dal maggio 2012, si trovava ad affrontare una consultazione elettorale, anche se di natura locale. In parte la sua strategia è stata quella di scommettere sulla tenuta del “socialismo municipale”. Se i dati del primo turno usciranno confermati, l’inquilino dell’Eliseo dovrà essere considerato colpevole di aver contribuito ampiamente a far travolgere i molti sindaci socialisti. Buoni amministratori locali rischiano di pagare per un voto sanzione rivolto al PS nazionale e ad un presidente oramai sotto al 20% di gradimento. Sempre in attesa del voto di domenica prossima, si può senza dubbio affermare che il PS si attendeva più mobilitazione del proprio elettorato, si aspettava, per città come Amiens, Caen, Metz, Reims, Saint-Etienne (con sindaco uscente socialista) un secondo turno meno complicato di quello che si prospetta all’orizzonte. Ma soprattutto non si attendeva un calo netto nel cosiddeto Grand Ouest, terra di conquista nel 1977 e trampolino per la vittoria di Mitterrand nel 1981, oltre ad alcuni pessimi risultati di pesi massimi quali Collomb a Lione, Aubry a Lille e Rebsamen a Dijon. Ci sono infine due dati politici importanti in caso di debacle definitiva al II turno. Hollande dovrà scegliere se mettere mano alla compagine governativa (a cominciare dal cambio del Primo ministro) prima o dopo il voto europeo. In secondo luogo il presidente faticherà non poco a sostenere la sua svolta social-liberale (avviata nell’autunno scorso e ribadita ad inizio 2014) sia di fronte alle critiche dell’ala sinistra del PS, sia agli attacchi di Verdi e Front de Gauche, peraltro determinanti in molti ballottaggi il prossimo 30 marzo.

Se alcuni analisti sono arrivati a parlare (in realtà in maniera eccessiva) di un nuovo “21 aprile 2002” per il PS e per Hollande, il voto sanzione verso il partito al potere ha solo in parte favorito l’UMP. Il partito post-gollista salva sicuramente la faccia, ma siamo lontani dall’“onda blu” del 1983 o dall’ottimo score del 2001. Il dato a livello nazionale supera nettamente quello del PS, probabilmente l’UMP conquisterà alcune città perse nel 2008 (Amiens, Angers, Caen, Quimper, Valence), molti suoi pesi massimi escono rieletti nei loro feudi locali (sono i casi di Copé, Baroin, Wauquiez e soprattutto Juppé, ancora plebiscitato al primo turno a Bordeaux), difficilmente strapperà alla sinistra Parigi e Lione (anche se la costringe ad un secondo turno non agevole), ma soprattutto prende una boccata di ossigeno dopo due anni di faide interne sulla questione della leadership tra Copé e Fillon e sul ritorno imminente o futuro di Nicolas Sarkozy.

Se la vittoria UMP si profilerà come una “mezza vittoria” e se la sconfitta del PS potrà in realtà non tramutarsi in debacle, ma solo in sconfitta onorevole, tutto ciò è legato all’ottima performance del FN al primo turno e alle incognite relative alle scelte della dirigenza, ma soprattutto dell’elettorato FN, al secondo.

Prima di tutto si deve valutare correttamente il risultato del FN, importante ben al di là del 7% su scala nazionale. E i dati devono fare riflettere indipendentemente dal successo simbolico di Hénin-Beaumont, comune del Nord-Pas-de-Calais che avrà per la prima volta nella storia elettorale francese un sindaco frontista eletto già al primo turno. Sono dati importanti perché certificano quel consolidamento a livello locale che solo qualche buon risultato nel 1995 aveva prefigurato, ma poi non confermato nel 2001 e 2008. Il FN del marzo 2014 ottiene ottimi risultati in realtà urbane medio-grandi (Perpignan, Marsiglia, Mulhouse), in zone sociologicamente e storicamente socialiste (ottimo risultato a Limoges e addirittura nella piccola cittadina di Carmaux, feudo del padre del socialismo transalpino Jean Jaurès) e in quell’Ovest così importante per la conquista socialista del 1977. E ancora il FN del 2014 supera il 10% in tantissimi comuni e questo comporterà molti triangolari e di conseguenza quasi sicuramente finirà per rendere difficili, e alcune volte impossibili, le vittorie UMP. A Perpignan il candidato FN ha ottenuto il 34%, a Marsiglia il 23%, a Beziers il 44%, ma si avranno triangolari complicati anche a Reims, Amiens, Quimper, Saint-Etienne, Strasbourg, Valance, con il PS pronto ad approfittare della situazione e salvare il salvabile par défaut, cioè in questo caso grazie al FN.

C’è poi un dato politico generale da non trascurare nell’ottimo risultato frontista. Come hanno mostrato le reazioni di Marine Le Pen, al di là del successo municipale, alla leader del FN interessa accreditare la lettura “una vittoria ne prepara un’altra”. Cioè dopo le municipali vengono le europee, elezioni tradizionalmente favorevoli al FN, poi le regionali del 2015 e infine le presidenziali del 2017. Il FN ha come obiettivo quello di rompere il bipartitismo francese. E in quest’ottica si deve fare attenzione a non confondere il FN del grande colpo di Jean-Marie Le Pen del 2002, con quello ereditato e modificato dalla figlia, a partire dal 2011. La guida di Marine ha spinto molto avanti la dédiabolisation del FN, ma soprattutto ha saputo sfruttare a proprio favore il lavoro svolto da Sarkozy nel 2007 sui temi, una volta classici dello stesso frontismo, come l’immigrazione e gli attacchi all’Europa distante e burocratica e ugualmente introdurre una lettura etno-sociale della grande crisi, riuscendo ad attrarre i consensi delle “vittime” della stessa crisi economica e in generale della globalizzazione. Insomma Marine sembra oggi in grado di dare una voce al profondo malessere francese nel momento in cui il Paese deve prendere atto dell’affondamento del proprio modello sociale.

Detto tutto ciò, non mancano le incognite e le questioni aperte per il secondo turno e qualcosa di definitivo lo si potrà affermare solo tra lunedì e martedì prossimo. Sono almeno quattro gli interrogativi da sciogliere.

Il PS ha immediatamente avanzato la strategia del “fronte repubblicano” da opporre al FN, proponendo di ritirare il proprio candidato (e chiedendo all’UMP di fare lo stesso) nei contesti in cui un triangolare potrebbe condurre all’elezione del candidato forzista. Copé ha rispedito al mittente la proposta, riproponendo la strategia del “né, né”, cioè né accordi con il FN, né con il PS. Bisognerà valutare se questo approccio caratterizzerà tutti i casi in bilico.

In secondo luogo bisognerà capire come reagirà l’elettorato FN all’ipotesi che il proprio voto finisca per favorire, in un triangolare, l’elezione di un sindaco socialista. Un conto sono le indicazioni che provengono dall’alto, altro è il voto sul terreno. Quanta parte dell’elettorato FN rinuncerà alla possibilità di colpire duramente il PS, con alcune importanti sconfitte locali, anche se così facendo finirà per favorire il candidato UMP?

In terzo luogo si è detto che l’astensione ha colpito soprattutto l’elettorato socialista. Quale porzione di questi astenuti socialisti si mobiliterà per il secondo turno? Una parte dell’elettorato socialista si è accontentata del monito lanciato a Hollande? O vuole andare fino in fondo e rendersi corresponsabile della debacle della gauche?

E infine, dato davvero da non trascurare, l’UMP ha solo problemi alla sua destra e i candidati anche ben piazzati al secondo turno hanno poche riserve di voti certe; non altrettanto si può dire per i candidati socialisti. Quanto peseranno i voti dei Verdi e del Front de Gauche, che in alcune realtà hanno ottenuto buoni risultati al primo turno?

Insomma il “laboratorio francese” mostra alcune evoluzioni interessanti. Il quadro è però fluido e solo dalla prossima settimana si avrà qualche certezza in più relativa a quello che comunque resta uno dei contesti nel quale gli effetti della crisi economica, politica e sociale di ciò che resta dell’Occidente europeo sono più evidenti.

 

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