di Angelica Velazco

imagesCANP54ER(Caracas) – Una signora di 53 anni è stata “da tutta una vita” una seguace di Hugo Chávez e del suo progetto politico di sinistra. Adesso non è più tanto convinta della situazione attuale: è consapevole della crescente insicurezza, della scarsità di alcuni prodotti e del possibile crollo dell’economia. Nonostante ciò, commenta che in caso ci fossero in questo momento le elezioni per scegliere un nuovo Presidente e si presentassero delle figure come Enrique Capriles, Leopoldo López o María Corina Machado, lei voterebbe un’altra volta per Maduro perché non si identifica con nessuno degli altri. Sono le contraddizioni del sistema, come direbbe lo stesso Marx nel suo famoso “Il Capitale”.

Dopo più di tre mesi di proteste contro il governo di Nicolás Maduro e un bilancio di 42 morti, più di 1.800 incarcerati, innumerevoli feriti e alcune città messe sottosopra, il panorama è triste: non c’è ancora nessun cambiamento tangibile. Vi sono soltanto alcuni tentativi di pace e di dialogo che però rimangono inconcludenti. Il problema è facilmente collegabile con la mancanza di una figura forte che possa raccogliere il meglio di entrambi gli schieramenti per aggruppare attorno a sé tutti gli insoddisfatti che si trovano in mezzo a una polarizzazione ancora più marcata. Cos’è successo alla crisi dei leader in Venezuela dopo la morte di Hugo Chávez?

Nessuno, sia il PSUV (Partido Socialista Unido de Venezuela) che la MUD (Mesa de la Unidad Democrática) offre una informazione oggettiva, adatta a risolvere i problemi che toccano la porta di tutte le case, ogni giorno e senza distinzione alcuna. Sembra che le figure politiche navighino alla deriva cogliendo delle idee in aria per ripetere, come i pappagalli, parole che nascono dalla testa di alcuni notabili: «Tutto è colpa dell’impero statunitense» dicono da un lato, mentre che dall’altro «il governo e l’eredità lasciati da Chávez sono la peggior cosa che sia mai esistita».

Secondo uno dei padri della sociologia, Max Weber, esistono tre tipi di leadership: legale, tradizionale e carismatica. La prima tipologia si adegua ai tempi attuali, identifica delle capacità e delle competenze che non lasciano spazio alla componente emozionale o affettiva; allo stesso tempo questa persona deve essere pragmatica, risoluta e avere la capacità di lavorare con gli altri. Il leader tradizionale invece rappresenta un simbolo ed ogni volta è più debole, come nel caso delle monarchie: anche se rimangono culturalmente dei simboli importanti, dal punto di vista politico hanno un potere ridotto. Il terzo è il tipo carismatico: la persona viene considerata superiore agli altri. Quest’ultimo è il più primitivo, basato sul personalismo, l’autoritarismo e l’emotività superiori alle capacità; esempi ne sono Mussolini in Italia, Hitler in Germania e Chávez in Venezuela.

Sembra che ai venezuelani siano sempre piaciute personalità appartenenti al terzo gruppo. Questo popolo è caratterizzato dalla voglia di un leader “con i pantaloni”, “che arrivi a mettere tutto in ordine”, “con carattere”, “che sia come me”, come dice la gente per le strade. Così persone come il Generale Ángel Vivas cominciano ad essere ammirate, senza ricordare che anche Chávez ha cominciato sostanzialmente nella stessa maniera. Riportando ancora più indietro la Storia ritroviamo altri leader populisti e di “carattere” di un Venezuela che sembra amare in fondo lo stivale militare. Per capire bene, e non ripetere la stessa storia piena di sbagli, si deve essere consapevoli che la leadership venezuelano è stato sempre il prodotto delle gaffe dei regimi precedenti che non prendevano in considerazione la volontà popolare al momento delle decisioni. Questo è stato il caso di Chávez, che senza dubbio è stato un leader diverso, con un discorso populista e un marketing politico senza precedenti. Tuttavia questa figura ha indebolito le altre a tal punto che la gente non trova nessun’altra personalità capace di guidare il gigante petrolifero. Dopo di lui, su di chi può contare il Venezuela?

Alcuni anni fa si parlava di avere un Chávez di opposizione, o di un militare con capacità. Quasi mai si parla di una leadership rinnovato e moderno; semplicemente si riduce tutto a “questo mi è simpatico” ma “quell’altro no”.

Oggigiorno il Venezuela conta con una Mesa Dell’Unità (MUD) frammentata. Da ogni angolo si presentano alcuni esperimenti di leader di opposizione che lanciano messaggi contrastanti: un messaggio oggi ma un altro diverso domani. Come diceva Enrique Capriles: «Ci sono compagni dell’opposizione che cercano di farsi vedere più di altri, ma quello che devono fare è guidare il popolo affinché il Paese possa trovare una via di uscita reale e costituzionale». Ecco una MUD che di unità non ha nulla, un Leopoldo López in carcere e una María Corina che parla, a volte, nelle piazze.

Dall’altro lato, c’è un Presidente senza carisma e tempra, che cerca invano di emulare il suo predecessore, provocando un sentimento avverso nella stessa popolazione chavista. Quelli che sono al potere manifestano la voglia di continuare con il progetto iniziato da Chávez, ma sembra che il debole leader non sappia come fare. Come riportavano pochi messi fa le dichiarazioni di Diosdado Cabello, il presidente dell’Asamblea Nacional: «[l’opposizione] dovette pregare molto perché Chávez rimanesse in vita. Perché lui era il terrapieno di molte delle idee folli che ci vengono in mente». Il risultato: tutti, sia governo che opposizione, parlano molto ma non dicono nulla.

Nelle parole dei protagonisti dei conflitti attuali, gli studenti, Marco, un universitario di 22 anni commenta: «Il tema dei leader in Venezuela è complicato. Maduro è una persona incapace e incompetente la cui unica conquista è imitare al suo leader defunto Hugo Chávez. Non abbiamo fiducia nei partiti politici di opposizione. Leopoldo e María Corina, nonostante l’incarceramento del primo, non hanno saputo entrare ancora nel cuore del popolo».

L’economista, professore universitario ed opinionista Luis Vicente León lo spiega bene nel suo articolo “Las guarimbas y el barranco”: «Quelle persone [i protestanti] vogliono canalizzare la loro energia nella ricerca di una soluzione, ma non hanno trovato nulla e nessuno che gliela offra in maniera razionale e strutturata. Quindi esplodono. Ma lo fanno senza avere un piano né un obiettivo concreto, né un’articolazione formale (…). E non è la loro colpa non sapere come esprimersi efficacemente. La colpa, o almeno una grande parte di questa, è di una leadership perduta, divisa, disarticolata e incapace di guidare questa energia e collegarla con strade creative, articolate e più sofisticate del lanciare le pietre o bruciare l’immondizia vicino a casa loro che, inoltre, non è la strada del destinatario della protesta».

E così si fa tutto in Venezuela, senza un orizzonte fisso al quale aspirare. Mancano delle idee chiare. Sembra che questo Paese sia indeciso nella scelta tra due tipi di pena di morte, ma alla fine vi è la morte certa perché non arriva l’avvocato in tempo per salvarlo.

La ragione principale dell’esistenza e utilità dei leader è che questi aiutano a produrre i cambiamenti necessari di una società. In La Repubblica, Platone parla di un nuovo sistema di governo che deve cercare la felicità degli individui e non dei burocrati e dei guardiani. E questo è proprio il problema in Venezuela, dove purtroppo i leader semplicemente cercano la felicità (tradotta in denaro) soltanto per quelli che li stanno vicini sotto la stessa coperta del potere. In questo senso, il Paese petrolifero non ha bisogno soltanto di un leader ma anche di un cambiamento di mentalità. Il vero leader politico deve motivare invece di manipolare. È la differenza che stabiliva lo storico Andrew Roberts quando analizzava le diversità tra Hitler e Churchill. Roberts racconta che quando la gente finiva di parlare con il primo pensava che quell’uomo era capace di fare qualsiasi cosa, ma quando parlavano con Churchill credevano che erano loro stessi capaci di fare qualsiasi cosa. È la discrepanza fra una leader democratico che crede nelle capacità della gente e uno autocratico che aspira ad accentrare il potere.

Il professore Guilio Santosuoso lo diceva nel suo scritto quasi profetico del 1992 “Reinventar a Venezuela”: «La società ha bisogno di un cambiamento che è tanto evidente negli ultimi anni, da non essere necessario discuterne. L’interrogativo che è sempre rimasto senza risposte, fino adesso, è chi condurrà questo processo».

Mentre non esiste una figura con delle idee nuove, non contaminate, senza tanta fame di potere, è più importante che il popolo venezuelano ricordi gli errori della storia, se non vuole continuare a vivere in un anarchia non dichiarata. Abbiamo bisogno di un leader più maturo di quelli che abbiamo avuto prima in grado di condurre la grande petroliera verso un porto sicuro.

* Giornalista venezuelana, redattrice del quotidiano La Voce d’Italia, traduttrice e interprete, laureanda in Lingue Moderne presso la Universidad Central de Venezuela. Twitter: @angelicavelazco

Articolo precedentemente pubblicato su Equilibri.net

 

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