di Chiara Moroni

Matteo-Renzi-twitter-294x220Oggi alcune trasformazioni del sistema globale della comunicazione sono irreversibili: la sua velocità, la diffusione virale e incontrollabile, la sofferenza dei mezzi di comunicazione tradizionali rispetto ai network digitali, le cui frontiere di fruizione e diffusione avanzano costantemente e inesorabilmente.

La superficialità e la rapidità con cui sono trattate le informazioni hanno colpito anche le questioni politiche e soprattutto i leader politici.

L’opinione pubblica, questione da sempre controversa in termini di natura, definizione e individuazione, oggi è ancor più volatile e sfuggente nella sua eterogeneità strutturale e temporale. Certo è che la sua mutevolezza viene amplificata dalla velocità con cui le informazioni che la alimentano si esauriscono nelle ridondanza delle “condivisioni”, immediatamente sostituite da altre nuove “provocazioni” informative, in un sistema molto complesso e totalmente privo di memoria collettiva.

La politica e i suoi leader, costantemente in affanno sulla realtà, si trovano quindi a rincorrere un’opinione pubblica indefinibile, riuscendo ad individuare alcuni “filoni” d’opinione e contribuendo ad alimentarli nella falsa convinzione di poterli governare.

Quello che però accade ormai da qualche anno, complici i problemi e l’indeterminatezza politica del sistema italiano, è che i leader stessi più che dominare i flussi comunicativi e sfruttare-condizionare i relativi andamenti, vengono travolti dal flusso di inesorabile consunzione di idee e convinzioni.

Il circolo che si crea tra politica e opinione pubblica è di quelli particolarmente viziosi: da un lato, la società italiana è alla continua ricerca dell’uomo della provvidenza che l’assolva dalle proprie responsabilità e trovi soluzioni alla complessa e indistricabile situazione sociale, politica, economica. Dall’altro, i leader che si propongono sulla scena pubblica, impossibilitati a gestire le dinamiche d’opinione, si concentrano su messaggi caratterizzati da spregiudicatezza, parole forti e, soprattutto, concetti elementari usati come contenitori vuoti di promesse e provocazioni.

La velocità con cui l’opinione pubblica – più o memo eterodiretta – consuma i suoi leader – a qualunque schieramento appartengano – sta diventando patologica ed è la stessa velocità con cui vengono consumate informazioni e suggestioni politiche e non, con la differenza che le opinioni sono per definizioni mutevoli e volatili, mentre i leader politici, al contrario, per essere efficaci e “produttivi” devono essere politicamente longevi e stabili.

 

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