di Emanuele Schibotto*

MerkelNella sua storia recente la Germania ha dimostrato che è possibile invertire la rotta e tornare competitivi, addirittura primi della classe. Dei Nummer Eins.

Nel corso degli anni Novanta e fino alla seconda metà degli anni Duemila la stampa internazionale bollava la Germania come “il malato d’Europa” incapace di ritrovare il cammino della crescita economica. I tedeschi, e non gli italiani o i greci, vivevano una situazione di stallo economico che preoccupava le cancellerie europee e gli investitori internazionali. Nel 1999 per l’Economist “il principale problema economico dell’Europa è come rianimare l’economia tedesca”.

“È vero. Ormai l’Italia sta facendo meglio della Germania”, affermava l’economista Daniel Gros nel 2003. L’economia tedesca segnava crescita negativa e si faceva superare persino dal flebile 0,1 italiano. La Grecia, che avrebbe ospitato le Olimpiadi l’anno seguente, cresceva addirittura a ritmi superiori al 6%. Oggi, a distanza di solo un decennio e a seguito della più grande crisi economica europea degli ultimi 80 anni, Berlino è ritornata la “locomotiva d’Europa” conquistandosi persino il gagliardetto del “Paese più amato al mondo” secondo un sondaggio BBC. Viceversa Grecia, Italia, ma anche Spagna e Francia sono state testimoni di un “decennio perduto”.

Dieci anni sono bastati per ribaltare, in Europa, non solo i rapporti di forza tra paesi ma anche la percezione collettiva sulla condizione dei tedeschi. E noi a chiederci: come ci sono riusciti? Lo spiego nel mio ultimo libro Nummer Eins: la Germania spiegata agli italiani (GoWare, 2015).

Il peso associato alle riforme intraprese sia da parte del settore privato, che per mano della politica, sommato allo sforzo economico espresso per l’unificazione, hanno reso la Germania debole nel breve periodo ma l’hanno anche dotata degli strumenti necessari per riprendere la crescita economica e de facto diventare il paese arbitro all’interno dell’Unione Europea.

In un mondo globalizzato in cui l’influenza ha sostituito la conquista la Germania attuale ha scoperto il modo di essere numero uno d’Europa senza ricorrere all’uso delle armi. A differenza della Germania governata da Guglielmo II e Adolf Hitler, la Germania del XXI secolo non è più una “potenza fascista”; è una “potenza geo-economica” che persegue i suoi interessi in maniera evidente senza la ricerca forzata del compromesso. Semmai sono gli altri paesi europei obbligati (colpevolmente) a sottostare al compromesso cercato dai tedeschi.

Berlino è stata capace di mettere in pratica una strategia che si è articolata su due direttrici. All’interno dei propri confini la Germania ha applicato quelle misure strutturali considerate condizione necessaria al rilancio dell’economia (dalle politiche sociali al settore bancario). Sul piano esterno invece ha attuato una diplomazia economica che le ha permesso di tessere una rete solida di rapporti politico-economici con attori geo-economico-politici ritenuti chiave per l’interesse nazionale: Mosca e Pechino su tutti, ma anche Ankara, Varsavia e la Mitteleuropa.

I principi su cui si fonda questo successo sono sintetizzati nel termine Ordnung, che si traduce in “senso del dovere”; “organizzazione”; “spirito collaborativo”; “cultura d’impresa”; “sistema elettorale e ruolo dei partiti”; “policentrismo”, applicati al raggiungimento di quattro obiettivi di geopolitica e geopolitica economica: mantenimento dell’economia sociale di mercato; salvaguardia della base industriale; valorizzazione della ricerca e dell’innovazione; promozione della reputazione internazionale del Paese e contestuale ricerca di nuove opportunità economico-commerciali.

Il discorso di Angela Merkel pronunciato nel 2009 di fronte al Congresso degli Stati Uniti è emblematico dell’atteggiamento tedesco post-unificazione:

“Tutto è possibile nel XXI secolo, nell’epoca della globalizzazione. In Germania sappiamo, così come voi negli Stati Uniti, che molte persone temono la globalizzazione. Non intendiamo trascurare queste preoccupazioni. Riconosciamo le difficoltà, ma è nostro dovere convincere il popolo che la globalizzazione è una immensa opportunità globale per ogni continente, perché ci spinge ad agire insieme agli altri. L’alternativa alla globalizzazione, vale a dire prendere le distanze dagli altri, non è percorribile: porterebbe solo all’isolamento e quindi alla miseria. Ragionare in termini di alleanze e partenariati invece ci porterà verso un futuro positivo”.

Per l’Italia, che si trova a competere con la Germania sui mercati internazionali, è utile studiare i successi tedeschi in maniera funzionale al proprio percorso di riforme. L’esempio tedesco torna utile per la creazione di una strategia geo-economica nazionale che le consenta di creare – e non subire – la globalizzazione. Ciò significa agire su due fronti: valorizzare i singoli vantaggi comparati (l’industria manifatturiera, il comparto agro-alimentare, il patrimonio culturale) e implementare una politica estera di lungo periodo dando ampio spazio alla diplomazia economica.

* Emanuele Schibotto è membro dell’Istituto di Politica, dottore di ricerca in geopolitica economica, membro del centro studi di relazioni internazionali Geopolitica.info. Il suo ultimo libro è Nummer Eins: la Germania spiegata agli italiani (GoWare, 2015)

 

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