di Montesquieu*

imagesNel paese in cui le nomine pubbliche sono il terreno più battuto dai conflitti di interesse del potere, l’anno appena iniziato porta con sé qualche buona nuova. Anche se un paio di rondini non fanno primavera, e qualche nube si addensa proprio in tema di nomine preannunciate, il consiglio di Stato che lascerà Alessandro Pajno tra qualche anno sarà sicuramente più trasparente, limpido ed autonomo di quello che lo stesso Pajno trova nell’assumerne la presidenza. E, se così sarà, ne andrà dato atto al governo di Matteo Renzi: vale a dire, allo stesso Matteo Renzi in prima persona. Anche per avere superato il criterio burocratico e deresponsabilizzante dell’anzianità, una zavorra che ha frenato il rinnovamento degli uffici giudiziari e giurisdizionali in tutte le loro espressioni.

Qualcuno ricorderà come il primo impatto tra il capo del governo appena insediato e l’organo supremo di giustizia amministrativa sia stato tutt’altro che felpato e cerimonioso, come spesso usa, con largo ricorso ai rituali dell’ipocrisia, tra istituzioni non concorrenti. Al punto che dentro gli uffici di collaborazione con il potere politico e governativo, nei ministeri, dentro le autorità indipendenti, l’avvento del governo Renzi ha portato ad una sorta di “porta girevole”, con l’uscita dei numerosi, quasi monopolizzanti consiglieri di Stato, sostituiti alla bell’e meglio. Nel pregiudizio renziano, comprensibile in chi viene da lontano, si mescolavano luoghi comuni e verità: quale quella di un’interpretazione della professione, da parte di una ristretta fascia egemone di consiglieri, spesso propedeutica a ruoli di potere divenuti spesso una seconda carriera. Si ricordano figure leggendarie di consiglieri di Stato costantemente lontani dal proprio ruolo professionale, considerato quasi alla stregua di un trampolino di lancio verso il potere esterno, quasi a configurare due missioni difficilmente compatibili.

Il consiglio di Stato potrà riavere la giusta fiducia del potere politico, anche in termini di una rinnovata ed oggettivamente utile collaborazione di propri magistrati, quando mostrerà il rigore e l’attaccamento all’istituto del nuovo presidente, estraneo fisiologicamente a qualsiasi attitudine lobbistica anche negli incarichi extraconsiliari selettivamente ricoperti; e quando illuminerà alcune zone d’ombra nella relazione reciproca tra potere politico, funzione giurisdizionale e funzione di consulenza istituzionale all’esecutivo, che nascondono pericoli di sovrapposizione di ruoli; e riavrà la fiducia dell’opinione pubblica più avvertita se la fisionomia del consigliere di Stato uscirà dall’ambiguità attuale, di centauro metà dipendente pubblico e metà libero professionista.

Non è una nomina pubblica, ma un’elezione parlamentare che contiene una determinazione politica, quella che ha portato, al termine di un travagliato percorso che ha confermato l’inettitudine di queste camere all’espletazione delle proprie funzioni costituzionali, quella di Augusto Barbera alla Corte costituzionale: un’elezione che arriva con un ritardo di alcuni decenni, ritardo che non ne ha intaccato il prestigio accademico e morale, semmai sbiadendone il profilo politico. Opportunamente, sbiadendolo, per chi ritiene che l’essere di parte intacchi di per sè la terzietà, con una valutazione sommaria che giudica l’apolidismo politico naturalmente più garantista ed indipendente rispetto ad una dichiarata e onesta appartenenza. In modo irrilevante, per chi conosce il rispetto delle altrui posizioni che sovente si accompagna alla nitidezza dell’essere di parte.

Persone giuste al posto giusto, all’inizio del 2016. Spetta al potere politico non calpestare la speranza di un piccolo passo in direzione dell’Italia del merito, con decisioni che allontanino quella che l’ottimismo può far sembrare un’inversione di tendenza nella fondamentale funzione di formazione della classe dirigente del paese.

montesquieu.tn@gmail.com

Montesquieu è il “nom de plume” di alto funzionario dello Stato italiano, le cui analisi appaiono regolarmente sul “Sole 24ore”. Quest’intervento è stato scritto appositamente per il sito dell’Istituto di Politica.

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked (required)