di Alessandro Campi
Cosa vuoi che sia una bugia o un piccolo errore quando si tratta di fare la rivoluzione? Gentile e morbida, ma pur sempre rivoluzione? Ieri sera il M5S ha deciso, dopo giorni di confusione, liti interne ed imbarazzi, di passare all’attacco e di offrire la sua versione dei fatti. Ma quello messo in scena sulla piazza di Nettuno, alla presenza del padre-demiurgo-padrone Grillo, per il gruppo dirigente del movimento è stato qualcosa di più di un rito auto-assolutorio collettivo mascherato da pubblico pentimento per i piccoli errori commessi sul caso Raggi, naturalmente in buona fede.
È stato soprattutto un’orgogliosa affermazione d’identità, l’occasione per spiegare agli italiani, ma soprattutto ai propri elettori e attivisti, le ragioni della propria irrinunciabile diversità: ciò che rende il M5S un’anomalia virtuosa sulla scena nazionale e forse persino mondiale, una visione del futuro che aspetta ancora di essere compresa nella sua radicale novità, un modo talmente nuovo di intendere la politica e la gestione del potere da non poter certo essere fermato o messo in crisi da una campagna di stampa ostile o dalla consapevolezza di aver commesso qualche sbaglio veniale.
Chi richiama i grillini alla coerenza tra parole e comportamenti, chi li invita a non applicare la doppia morale (intransigenti con gli avversari, indulgenti con se stessi), deve convincersi – dopo l’appuntamento di ieri – che si tratta di una fatica inutile. Si dovrebbe ormai aver capito, ammesso che non fosse chiaro prima, che il loro registro mentale e la loro prospettiva d’azione obbedisce ad una visione messianica e rigeneratrice che sfugge a qualunque critica condotta sul filo della razionalità o del buon senso.
Si coglieva ieri, nelle parole di Grillo e dei maggiorenti del partito, un tono invasato, un registro di eccitazione e esaltazione, che davvero rendono difficile un commento critico che non venga subito liquidato dai diretti interessati come dettato da chissà quali torbidi e oscuri interessi. Se loro sono i puri e i giusti, che stanno provando a cambiare l’Italia e gli italiani alla radice, tutti gli altri sono per definizione corrotti e immorali. Come si può contestarli quando si è oggettivamente responsabili di chissà quali nefandezze o al soldo delle forze del male?
Il pressapochismo nelle procedure, l’inadeguatezza amministrativa, l’opacità nella scelta degli uomini e delle donne a cui affidare incarichi di responsabilità, insomma, tutto quello che abbiamo visto verificarsi a Roma in queste settimane, diviene un banale errore di percorso, ovvero una scusabile minuzia rispetto ai veri mali del mondo: la plutocrazia che affama i popoli, le multinazionali che ci hanno tolto la sovranità alimentare, la casta che deruba i cittadini della loro sovranità, la massoneria che manovra dietro le quinte. Il campionario degli orrori universali, che i grillini si sono impegnati a combattere generosamente, lo ha fatto ieri Alessandro Di Battista. Noi pennivendoli stiamo qui a fare le pulci alla Raggi, mentre loro lavorano per ripulire l’Italia dal malaffare. In effetti, non c’è partita.
Le anime semplici, non solo i giornalisti, ma milioni di cittadini italiani (compresi forse molti elettori grillini), vorrebbero soltanto sapere il perché di tante menzogne e cadute di stile al momento di formare la giunta che dovrebbe guidare Roma per i prossimi cinque anni. Ma Grillo ti risponde che loro stanno realizzando l’impossibile, qualcosa di mai visto prima: il potere assoluto ai cittadini, senza mediazioni, senza gerarchie, senza ordini dall’alto. Ognuno, in futuro, potrà essere sindaco di se stesso, a condizione che ognuno di noi impari a sapere dire di no: alle tentazioni del successo, alla ricchezza facile, alle promozioni non meritate, alle lusinghe. Ogni rivoluzione politica che si rispetti presuppone una rivoluzione antropologica, un uomo che si vorrebbe diverso da come esso oggi appare: fatalmente gracile ed esposto alla corruzione.
Di fronte a questa prospettiva, di una rivoluzione epocale che i volenterosi ragazzi di Grillo hanno appena avviato e che noi naturalmente ci ostiniamo a non capire, davvero tutto passa in secondo piano: i nomi degli assessori (tanto uno vale l’altro), il no alle Olimpiadi, gli attacchi ai giornalisti prezzolati, le critiche alla politica economica di Renzi, le polemiche sulla riforma costituzionale, la blindatura della Raggi. È politica ordinaria e contingente laddove il M5S insegue la Grande Politica (quella virtuosa e immacolata), o forse, chissà, addirittura la sua abolizione. Si può fare il pelo e il contropelo all’utopia?
* Editoriale apparso sul quotidiano Il Mattino dell’8 settembre 2016.
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