di Barbara Faccenda
Ivan Duque (nella foto), 41 anni, è il più giovane Presidente della Colombia dal 1886, anno in cui è nata l’odierna Repubblica di Colombia. Sebbene questo risultato sia stato ampiamente previsto, non riduce in alcun modo il significato storico di tale elezione. La prima a cui partecipa il Revolutionary Alternative Common Force, partito politico formatosi a seguito della demilitarizzazione della guerriglia marxista Revolutionary Armed Forces of Colombia, che ha mantenuto l’acronimo spagnolo FARC.
Duque è una figura inusuale per la politica colombiana. Leader del partito conservatore “Centro democratico”, suona la chitarra e si confessa fan dei Guns N’Roses. Ha lavorato come avvocato alla Banca Inter-americana di Sviluppo a Washington prima di diventare senatore nel suo Paese nel 2014.
L’ascesa di Duque alla presidenza del terzo Paese più popoloso dell’America Latina e il più vicino alleato strategico degli Stati Uniti, è stata oggetto di critiche per via del ruolo di Uribe, conservatore, ex Presidente della Colombia per due mandati. Uribe, noto per la sua linea dura con la guerriglia, accusato di collusione con cartelli della droga colombiani, difficilmente scomparirà dalla scena politica colombiana, ma per Duque è necessario innanzitutto abbandonare l’ombra del ex-Presidente. Attraverso un’analogia internazionale, potremmo dire che Duque sta a Dmitry Medvedev come Uribe a Vladimir Putin, ed è questa immagine che Duque deve cancellare.
La polarizzazione della società colombiana, evidente nell’elezione presidenziale, la logorante ineguaglianza economica e l’accordo di pace con il FARC sono questioni che Duque deve affrontare prima che le divisioni, nutrite da radici profonde, si aggravino e sfocino in conflitto.
Dopo mezzo secolo di guerra, Duque ha fatto dell’unità nazionale un tema del suo discorso di insediamento, ma non vi è garanzia che possa sanare il tessuto sociale del Paese.
L’accordo di pace realizzato dall’ex Presidente Juan Manuel Santos, che per questo si è guadagnato il premio Nobel per la pace nel 2016, ha già fallito il suo primo test: un referendum popolare respinto da una esigua maggioranza di voti indignati dalle disposizioni dell’accordo che mitigano le sentenze per gli ex guerriglieri FARC. Proprio Duque ha descritto il sistema di giustizia transitoria creato dall’accordo di pace come un “monumento all’impunità”, suggerendo invece di inasprire le pene per gli ex combattenti FARC ritenuti colpevoli di crimini di guerra. Una delle modifiche all’accordo di pace proposta da Duque che potrebbe avere delle ripercussioni drammatiche è quella di escludere da incarichi politici gli ex guerriglieri FARC, dieci dei quali de facto sono stati già eletti sia alla Camera dei Rappresentanti che al Senato. Sebbene senza dubbio le FARC siano oggi deboli più che mai e abbiano deposto le armi, modifiche all’accordo produrrebbero sentimenti di incertezza negli ex-combattenti, che potrebbero cercare di riarmarsi e unirsi a gruppi dissidenti, minando seriamente il processo di pace nel suo complesso.
L’accordo di pace prevede anche riforme e sviluppo nella Colombia rurale, a lungo trascurata dal governo sulla base del supporto che in quelle zone riceveva il FARC. Il processo di pace dipende più da cambiamenti strutturali dove la maggior parte della coca – l’ingrediente grezzo della cocaina – cresce, che dalla reintegrazione degli ex-combattenti. Potenzialmente, la rimozione della dipendenza di molte comunità dalle piante di coca con l’introduzione di alternative sostenibili per gli agricoltori, potrebbe essere la chiave per porre fine alla violenza nel Paese. Tuttavia Duque ha mostrato poco interesse nei capitoli degli accordi di pace dedicati allo sviluppo rurale. Durante la sua campagna elettorale ha limpidamente manifestato la disapprovazione dello schema di sostituzione delle piantagioni di coca. Tale schema, al momento attivo secondo i termini dell’accordo, prevede che gli agricoltori siano pagati per ripulire e sostituire i loro campi di coca. Duque è a favore invece di una generica eliminazione forzata delle piantagioni. Se i piani di sviluppo rurale così previsti dall’accordo di pace dovessero essere disattesi, la frattura tra città e zone rurali che l’accordo stesso intende colmare, potrebbe acuirsi. La polarizzazione è fin troppo comune nella politica odierna, ma in Colombia, dove le profonde divisioni tra destra e sinistra, ricco e povero, città e zone rurali, hanno alimentato anni di sanguinosi conflitti, potrebbe rivelarsi molto più pericolosa.
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