di Luca Marfé
Seduti a capotavola, sorridenti e fianco a fianco, dalla stessa parte della Storia. Donald Trump e la regina Elisabetta, Stati Uniti e Regno Unito, con l’Europa alla finestra a guardare la rinascita di un’amicizia che è già quasi un’alleanza.
Tutto molto complesso, tutto molto delicato. Tutto, però, nelle mani dell’esperienza del sovrano della dinastia britannica, ultimo grande gigante del nostro tempo. Tutto perfetto, dunque.
93 primavere, 66 anni e un giorno di regno, da Truman (1951) a Trump. La Gran Bretagna fatta donna, colosso di intelligenza e di saggezza, scansa ogni polemica e ogni possibile imbarazzo e sorride persino quando il presidente americano le dà la mano a mo’ di “dammi il cinque”, polverizzando di colpo qualsiasi protocollo.
I due sono diversissimi. Lo sono in primis nell’estetica, con sua maestà che è uno scricciolo e con il tycoon che muove goffo il suo metro e novanta e i suoi 115 chili. Lo sono evidentemente nell’aplomb, nelle maniere e nel modo di parlare, anche se per una volta a The Donald riesce il miracolo di ascoltare anziché intervenire. Lo sono nell’ideologia che in Elisabetta non traspare mai, mentre nell’arancione si mescola con la furia di una politica netta.
Diversissimi, eppure complici perché mai stupidi.
Di certo non lei, maestra di tutto. Ma neppure lui, furbo a sufficienza per comprendere che di terra bruciata attorno a sé ne ha già fatta troppa e che il Regno Unito senza questa Europa qua può tornare ad essere quella spalla naturale tanto per la tutela dei rispettivi interessi economici, quanto per la difesa dei valori tradizionali dell’Occidente.
Eccoli, insomma. Eccoli di nuovo.
Dalla Seconda Guerra Mondiale, all’aver combattuto insieme, all’aver sconfitto il nazismo, fino a ritornare all’oggi.
A un brindisi composto, ma non formale. A una dedica già scritta, ma che Trump pare sentire veramente.
«La Regina Elisabetta II è l’incarnazione dello spirito di dignità, dovere e patriottismo che batte fiero nel cuore di ogni cittadino britannico».
Ci sono due mondi nel salone delle grandi occasioni di Buckingham Palace. Due mondi differenti, al pari dei loro accenti e al pari dei loro leader. Ma non distinti perché legati dal rispetto, dal passato e adesso anche dal futuro.
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