di Mauro Zampini
Se l’Italia, come risulta inequivocabilmente e concretamente da numeri e statistiche, è oramai un paese di anziani, dovrebbero essere in molti ad avere l’esperienza di che cosa sia un governo, quale funzione abbia rispetto alla società del paese in cui opera. Saranno quindi parecchi, presumibilmente, a chiedersi se quello battezzato dalle camere e prima dal capo dello Stato da qualche settimana sia un governo del cambiamento, o il cambiamento consista nell’assenza del governo, o cosa altro diavolo sia. Un esperimento istituzionale inedito; uno scherzo (dato il contesto interno e internazionale, rischioso e inopportuno); una recita a copione libero, ovvero qualcosa di più e di diverso da un semplice cambiamento, una rivoluzione vera e propria? Ad esempio, un percettore di pensione minima che incontri un percettore di pensione d’oro – questi i termini d’uso – in questi giorni e dopo le perentorie anche se approssimative affermazioni del vicepresidente del consiglio e pluriministro Di Maio, deve provare un senso di gratitudine verso un involontario benefattore; ovvero il consueto sentimento di rancore inculcato negli anni ha ancora una ragione d’essere? Se dopo le promesse vengono le decisioni, in quale delle due categorie va iscritta la severa e solenne determinazione pubblica del ministro? E via di questo passo.
Esiste un governo, innegabile; esistono dei capi di governo, in numero variabile, da zero a tre, a seconda delle circostanze, dei contesti, delle materie; che sede è quella in cui si danno per realizzate misure già ampiamente consumate in campagna elettorale, senza che a nessuno venga in mente di corroborarle con la solennità costituzionale di un consiglio dei ministri, almeno di un “comitato di conciliazione”, tanto per avere un’idea di collegialità?
Quando la politica interna è asfittica, ci si rifugia solitamente nella politica estera, nel respiro ampio delle relazioni internazionali. In due o tre settimane, senza un momento di collegialità, abbiamo avuto il richiamo del rappresentante diplomatico del paese con cui respiriamo Europa da quando questa idea è nata, misura quasi “finale “delle relazioni tra due paesi un tempo amici; scambi di contumelie, per la verità ricambiate, da cortile; ammiccamenti con paesi ipernazionalisti, al di fuori di qualsiasi nostra tradizione diplomatica, senza una riunione di almeno due ministri, un’avvertenza agli italiani, perché sappiano chi sono i nostri alleati? Dall’Europa si può uscire per decisione diretta, come ha fatto il Regno unito; o, indirettamente, sgretolandola.
Ancora: che funzione hanno il parlamento, la camera e il senato, nel sistema istituzionale di fatto vigente in Italia? E’ previsto un loro ruolo, magari formale, nella formazione delle decisioni a cui gli italiani dovranno attenersi? Ancora: chi deve sentirsi sollevato, in questi giorni, anche ai fini della frequenza scolastica dei propri figli: un no vax, o un cittadino fermo alle decisioni vigenti nel nostro paese? A quale ministro deve credere: a quello competente o a quello più “importante”? O avrà avuto solamente un supplemento inopportuno di confusa incertezza?
Per delicatezza, meglio non agitare i temi economici, nell’attesa che i fatti – questi sì, impietosi, arriveranno -, ci dicano se il ministro Tria sia un intruso, o un illuso, o abbia un qualche ruolo in questa non secondaria materia. Questi gli argomenti su cui è intervenuto qualcuno, finora, con il probabile intento di fare chiarezza. O di raccattare qualche consenso, comunque fieno in cascina. Su altri, è trepida l’attesa di qualche delucidazione. Tralasciando, per imbarazzo, la materia dell’accoglienza e dell’integrazione. E con una precisazione: quanto detto non solleva i predecessori di questa compagine di governo dalle proprie responsabilità, e non consente di per sé di giudicare l’opposizione ufficiale come un’alternativa.
Lascia un commento