di Domenico Letizia
Alexis de Tocqueville è tra quelle figure geniali che hanno lasciato formulazioni teoriche di considerevole interesse per la scienza politica soprattutto nell’analisi della forza e dei comportamenti dell’individuo democratico. Tocqueville analizza la democrazia partendo dal presupposto che essa non è solo una forma di governo ma uno stato sociale, che trascina con sé i costumi e l’antropologia dell’essere democratici. Le riflessioni del Tocqueville assumono quale stato fortemente rappresentativo della democrazia gli Stati Uniti d’America. Alexis guarda agli USA poiché questo è l’unico Stato/continente che nasce democratico e non come successiva espressione di una monarchia rovesciata. Sono proprio le analisi antropologiche dell’individuo americano ad illustrarci l’essenza della democrazia, ovvero, non solo una forma di governo ma, sostanzialmente, uguaglianza delle condizioni.
Nel sistema democratico, l’eguaglianza può divenire una minaccia per la libertà. Tocqueville si sofferma molto sull’antinomia uguaglianza – libertà, come ci illustra Elena Pulcini, domandandosi come sia possibile che l’eguaglianza possa essere una corrosiva minaccia per la libertà. L’analisi del pensatore liberale libertario, soprattutto antropologica, si focalizza sul concetto di passione, passione per l’eguaglianza. Il problema sta nella passione poiché l’individuo non si sazia mai dell’eguaglianza, dacché non siamo disposti ad accettare le differenze come un non male per la democrazia, ma come inestinguibile risorsa. Tocqueville vede nell’uomo un inappagabile desiderio, che si sviluppa attraverso la consapevolezza intrinseca di non sopportare che nessuno abbia di più di noi stessi. L’invidia è una passione liberamente democratica. L’eguaglianza delle condizioni tende a tradursi con il conformismo, la massificazione sociale, poiché, come ricordato, la grave patologia della democrazia è quella di non accettare le differenze. La visione di Tocqueville che risulta ancora più interessante, contestualizzata alla nostra epoca contemporanea e post-moderna, è la costatazione che nella democrazia, accanto alla passione per l’eguaglianza sussiste anche la “passione per il possesso”, l’egomania dell’avere che è tipica della classe media, che Tocqueville prende in esame; una passione che però non si soddisfa mai: il filosofo liberale riesce a concepire già nell’età moderna una sorta di società consumista. L’eguaglianza come somiglianza, il rifiuto delle differenze e l’ avidità creano una dimensione a sé, una nuova configurazione sociale, l’individualismo errato, ovvero, l’individualismo figlio della distorta democrazia.
L’individualismo nasce come passione per la libertà, come sovranità dell’individuo che si libera di tutti i dogmi. Nella degenerazione della democrazia, gli individui democratici sono degli atomi privi di una consistenza sociale tendenti a ritirarsi da tutto ciò che è il bene comune e pubblico. L’individuo libero, capace di partecipare e di decidere, nella democrazia de-socializzante, è motivato da desideri effimeri e mediocri. Un individuo slegato dagli altri e indifferente alla propria libertà e autonomia: insomma, la fine dell’uomo libero e sinceramente autonomo.
Nel processo di de-socializzazione democratica, l’individuo non è più realmente progettuale e sovrano, ma un atomo in una società massificata. Tale processo, non produce solo atomi indifferenti, ma anche gerarchie e dispotismo politico: la realizzazione delle antitesi della democrazia. L’individuo democratico, come ci descrive sempre Elena Pulcini, delega tutto, poiché avendo la preoccupazione di occuparsi e di coltivare i valori effimeri, legati al presunto benessere individuale, incarica tutto alla gerarchia governativa, gestendo solo i suoi “piccoli affari”.
Vi è rinuncia alla possibilità di essere insieme e di partecipare. L’energia individuale è assorbita totalmente dagli affari. Tale processo del potere politico conduce all’arresto della “crescita dei figli”, riuscendo a spaziare autonomamente nella gestione delle esistenze dei cittadini che divengono sudditi. Il potere politico gioca anche sul bisogno d’ordine dell’individuo democratico. Sulla massa di atomi privi di relazione, regna un dispotismo morbido, in apparenza tutelante, che frena la volontà e lo fa attraverso una forma non apparentemente coercitiva. Tocqueville anticipa anche Foucault nel percepire le forme indirette del potere, quelle categorie invisibili che il potere adopera per governare e sedurre la società. Come ha descritto Stefano Rodotà, in Foucault vi è una: “consapevolezza tutta moderna di un potere che si impadronisce della vita e assume nella riflessione (…) una rilevanza particolare. Non indaga, infatti, la categoria della biopolitica in forme astratte, ma riportandola alla realtà degli strumenti, delle istituzioni di cui il potere concretamente si serve, dalla medicina al carcere. E così la nozione stessa di vita viene ridefinita, cogliendo uno dei caratteri delle società contemporanee al quale si riferisce un’altra parola sempre presente nelle discussioni attuali, bioetica”. Un potere che annienta, non attraverso la punizione, come avveniva e avviene nei totalitarismi, ma attraverso la persuasione e la massificazione. Tocqueville avanza delle proposte per arginare l’atomizzazione dell’individuo inserito nel contesto della democrazia: “Educare alla democrazia”, possedere la consapevolezza che la democrazia non è una categoria o un contesto sociale scontato, assodato, ma va coltivato, sviluppato in tutte le sue potenzialità, valorizzare le differenze, invece, di guardarle con sospetto. Tocqueville dà molta importanza alle “associazioni civili”, come ci illustra anche Corrado Ocone, quelle strutture che nascono come corpo sociale di mediazione tra l’individuo e il potere dello stato. I mali della democrazia si affrontano ricostruendo la sfera pubblica del confronto, ossia, costruire e sviluppare il confronto tra individualità ed intervenire con proposte sul potere. Se aboliamo le differenze, visualizzando il senso centrale del discorso di Tocqueville, non solo aboliamo la democrazia, ma anche l’individualità e le difformità fondamentali tra esseri che ci fortificano.
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