di Loretta Manfroni

Fra Trecento e Quattrocento in Italia, grazie anche e soprattutto alla nuova cultura umanistica, vediamo uno sviluppo impetuoso del pensiero politico, che trova i suoi punti cardine nei cinque Stati maggiori: Milano, Venezia,Firenze, Roma, Napoli, ma non senza l’interessante apporto dei centri minori.

Ad alcuni momenti rilevanti di questo processo sono dedicati gli scritti di Claudio Finzi raccolti in un volume appena pubblicato dall’editore Rubbettino: Il pensiero politico dell’umanesimo. Gli uomini, le città, le idee (Soveria Mannelli, pp.320, € 18).

Secondo l’autore il problema fondamentale dell’Italia di quei tempi (Venezia a parte) è il ripetuto tentativo, sempre frustrato, di fondare e consolidare lo Stato. Da questa fatica ripetuta deriva l’importanza della ricerca intorno all’uomo politico e militare, colui che potrebbe fondare lo Stato; da qui nasce il dibattito sui meriti comparati di Cesare e Scipione, modello il primo del monarca che riporta all’interno la pace e la solidità del corpo politico, esempio il secondo di una ferma fedeltà alla repubblica; da qui l’importanza delle biografie come quella che Giannantonio Campano scrive per le vicende di quel Braccio Fortebraccio, che a giudizio di Pio II mirava al regno d’Italia. Ulteriormente complicato il problema dello Stato della Chiesa, allora sempre in bilico tra tendenze centrifughe delle signorie locali e la volontà papale di consolidamento, che avrebbe trovato fine soltanto nel 1631 con l’estinguersi della dinastia di Urbino. E proprio per Bologna, città dello Stato della Chiesa, ma aspirante a una forte autonomia, nella prima metà del Quattrocento Ambrogio Traversari individua una forma singolare di governo misto.

C’è però un’eccezione: la Serenissima Repubblica di Venezia, il più solido e duraturo Stato di tutta la nostra storia, che già nel Trecento mostra un’interessante fioritura di pensiero politico, ben cosciente della unicità della Serenissima. All’interno Paolino Minorita sottolinea l’importanza della legge e degli statuti, ma anche delle qualità del governante; verso l’esterno Marin Sanudo il Vecchio, uomo di cultura ma anche di vaste esperienze, presenta un progetto di crociata, che dovrà mirare a colpire i musulmani in Egitto. Siamo alle origini del pensiero politico veneziano, che già qui però mostra tutta la sua forza.

Altra grande questione: la guerra. Tutti invocano la pace, ma tutti sono sempre in guerra; e ciò costringe a riflettere su questo rilevante fenomeno. Ci si chiede perché si combatte, come si deve combattere, quali regole debbono essere rispettate in guerra. Il tutto senza mai cadere nell’utopia; il sano realismo degli italiani di allora esclude ogni irrealizzabile sogno di pace universale e duratura.

Altri saggi curano momenti particolari: il diffondersi dei nostri testi oltralpe, in particolare a Barcellona; il modo di porsi nei confronti di popoli come i turchi, gli arabi, gli africani; l’uso delle lettere come strumento non solo di comunicazione, ma anche di lotta politica.

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