di Chiara Moroni
A Roma in questi giorni, come ogni anno negli ultimi diciassette, la gioventù di destra si riunisce e si confronta negli spazi di Atreju, da anni pensata e organizzata da Giorgia Meloni. La vocazione immaginifica e simbolica è evidente già dal nome della manifestazione. Atreju – che per chi non lo ricorda è il protagonista del noto romanzo di Michael Ende La storia infinita – è un giovanissimo guerriero che con coraggio, tenacia e generosità combatte l’avanzare del più grande nemico dell’umanità, il Nulla che logora la fantasia della gioventù, ne consuma le energie, la spoglia di va-lori ed ideali, sino ad appiattirne le esistenze.
Ad Atreju la gioventù è di per sé un valore – non una qualità – soprattutto quando significa capacità e coraggio di sfidare lo status quo di una società ripiegata su se stessa e atrofizzata in progetti che hanno perso forza, credibilità e prospettiva.
Gli incontri, i dibattiti e le attività che caratterizzano la manifestazione sono tutti pensati per dare voce ad un modo particolare di leggere la politica, la cultura, la società. Il confronto, quello costrut-tivo che vuol dire condivisione di una questione, anche se affrontato da prospettive diverse, costi-tuisce la chiave di un attività intellettuale e politica dedicata al presente, ispirata al passato e proiettata al futuro.
In tempi incerti, nei quali tutto sembra attanagliato dal più becero relativismo, il permanere di un impegno come quello rappresentato da Atreju, costituisce una potenzialità perché ci sia ancora qualcuno che abbia voglia ed energie da spendere per parlare di problemi concreti e guardare a valori e ideali, non negoziabili ma continuamente rinnovabili.
Muovendosi tra gli spazi fisici di Atreju se ne percepiscono gli spazi ideali. Tra espedienti grafico-visivi e richiami identitari si passa dallo scherno nei confronti di Matteo Renzi all’eterogeneo pantheon di riferimenti culturali dei giovani di Fratelli d’Italia: un coacervo di personaggi della cultu-ra pop e grandi figure della storia, tutti accomunati da un alto grado di “ribellione”. Figure senza tempo, reali e immaginarie, scelte per la forza simboliche che richiamano, per la loro appartenenza all’immaginario collettivo più diffuso, per la “semplicità” con la quale è possibile percepire il perché del loro richiamo in un tale contesto.
Al di là del bilancio sulla riuscita e sull’efficacia di questa manifestazione, va apprezzata la tenacia con la quale un mondo ideale dà concretezza alle proprie battaglie e voce al proprio immaginario, utilizzando uno strumento, la partecipazione, che può affrontare e ridurre l’indifferenza e l’immobilismo.
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