Il numero 1 del gennaio-marzo 2016 della “Rivista di Politica” aveva il seguente titolo: “Il pensiero politico italiano: materiali, profili e interpretazioni”. L’obiettivo dei dodici saggi inclusi in questo fascicolo speciale – curato da Luigi Cimmino e Stefano De Luca – era quello di illustrare (criticamente) il contributo agli studi politici contemporanei (nella loro accezione più vasta, senza dunque dare soverchia importanza alle distinzioni disciplinare che governano il mondo universitario) offerto da autori quali Bruno Leoni, Gianfranco Miglio, Augusto Del Noce, Giovanni Sartori, Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Sergio Cotta, Mario Tronti, ecc.
Si tratta di autori molto diversi tra di loro, per ragioni appunto metodologico-disciplinari e per ispirazione ideale, ognuno dei quali ha prodotto una sua scuola o comunque lasciato una cospicua eredità intellettuale, ma che tra di loro hanno spesso avuto una proficua interlocuzione, quando non si sono reciprocamente influenzati. Sono stati a vario titolo ‘maestri’ o punti di riferimento per le generazioni più giovani, essendo però stati a loro volta gli eredi e gli epigoni di correnti e filoni di pensiero ben radicati nella storia culturale italiana.
Una storia che, con riferimento alla dimensione del pensiero politico, sembra presentare – rispetto ad altre vicende ‘nazionali’ – peculiarità e caratteri particolari, che sarebbe interessante indagare in una prospettiva genealogica. Basti pensare al peso del tutto unico che in Italia hanno avuto l’approccio storicista, il rapporto col pensiero classico o antico, il richiamo in senso lato ad una visione realista della società e della storia: elementi e caratteri talmente forti da aver condizionato anche studiosi e autori all’apparenza tra di loro assai diversi. La questione da verificare è dunque se esista una tradizione tipicamente italiana nel campo degli studi politici e quanto quest’ultima abbia contribuito a plasmare le categorie attraverso le quali ancora oggi ‘pensare’ questa particolare dimensione dell’agire individuale e collettivo.
Da qui è nata l’idea del progetto che abbiamo denominato “Materiali per una storia del pensiero politico in Italia”, finalizzato a ricostruire in che modo nel nostro Paese, dal secondo dopoguerra ad oggi, si sono sviluppati e articolati gli studi politici: secondo quali correnti o filoni, seguendo quali problematiche o prospettive metodologiche e di ricerca, sulla base di quali incroci disciplinari e (cosa non secondaria) di quali rapporti personali e intellettuali. Ma finalizzato anche a definire – in una prospettiva appunto genealogica – la base storico-teorica comune a partire dalla quale, per li rami, si sono poi sviluppate le diverse correnti, posizioni e scuole nelle quali s’è articolato il pensiero politico italiano contemporaneo.
Per fare questo non basta limitarsi allo studio critico di singoli autori e della loro produzione scientificoa come appunto si è fatto col citato fascicolo speciale della ‘Rivista di Politica’. C’è anche bisogno di raccogliere e mettere a confronto memorie, esperienze e ricordi personali. C’è infatti tutta una generazione di studiosi, già usciti dai ranghi dell’accademia o prossimi a farlo, che hanno avuto rapporti di discepolanza diretta con la gran parte dei nomi citati in apertura. E che per questa ragione, oltre che per ciò che essi hanno prodotto in proprio spesso in modo originale e innovativo, avrebbero molto da raccontare riguardo la loro formazione intellettuale, le loro ricerche e pubblicazioni, le loro relazioni personali e accademiche. La raccolta attraverso interviste strutturate di queste testimonianze, vere e proprie autobiografie scientifico-intellettuali, offrirebbe uno spaccato significativo, con riferimento agli ultimi cinquant’anni di storia culturale e accademica, degli studi politici in Italia, di come essi si sono articolati (anche sul piano delle relazioni personali) e dello sfondo storico-ideale all’interno del quale essi si sono inseriti.
Si tratta di un progetto vasto e articolato, che coinvolge molti membri dell’Istituto di Politica, e che nelle nostre intenzioni dovrebbe anche servire – nella prospettiva organica e di lungo periodo che ci siamo dati – a rivalutare il contributo di pensiero offerto da studiosi che nel corso dei decenni sono stati colpevolmente dimenticati, pur essendo stati espressione di una tradizione vasta, articolata ma a suo modo unitario come è quella che ci si è proposti di ricostruire nelle sue articolazioni fondamentali e nella sua complessa trama storico-intellettuale.