di Renata Gravina
Crêpage de chignons, così viene definita dalla stampa belga il debutto della campagna elettorale italiana. Vale la pena addentrarsi in qualche stereotipo se la scelta dei giornalisti vira verso una derisione leggera. Ebbene l’arena politica italiana sembra non avere lasciato nulla al caso a giudizio dei francofoni.
Ci sono tutti i tipi umani, se così li vogliamo chiamare, che l’Italia in un alone di mistero e d’imprevisto sa bene mostrare. Se Le Soir guarda all’andamento della campagna come al buono il brutto e il cattivo che si litigano un ipotetico elettorato, la stampa francese ne ha per ciascun candidato. Mario Monti è il prescelto, colui che è stato cooptato e che è asceso in parlamento come senatore a vita con il benestare di tutto l’entourage internazionale. Si potrebbe dire che sia stato la risposta ai desiderata ora dell’Ue, ora dell’America, ora dei mercati, non da ultimo anche dal Vaticano. L’atteggiamento montiano per Libération è quello in stile democristiano, con l’immagine dell’allora soprannominata balena bianca, una realtà fluttuante, immensa, sicura di sé, pilastro di tutte le coalizioni. L’entrata in lizza di Monti sarebbe la riesumazione della DC, questo varrebbe anche per il suo atteggiamento elettorale che Les Echoes definisce ambiguo e più che attendista, capace di essere decifrato solo dai cultori di un neocartesianesimo. Lo scrutinio elettorale italiano, con il suo strano sistema proporzionale e privo del doppio turno alla francese, sarebbe considerato – conferma Les Echoes – come instabile perché teatro delle cosiddette larghe alleanze e coesistenze plurime di partiti. In effetti, per rimanere entro la metafora, Les Echoes si chiede se Monti sarà come de Gaulle che, chiamato nel 1958 a risolvere la crisi politico-istituzionale del paese reintrodusse definitivamente il sistema maggioritario in Francia per ridimensionare il potere dei partiti.
Anche Le Soir e La Libre Belgique guardano incuriositi al nuovo manto politico di Monti che diviene all’occorrenza un pò demagogo e un pò social. Quanto a Berlusconi, se non fosse bastato lo scatenarsi indignato di opinioni di diversa provenienza civile, anche i giudici e soprattutto il PPE hanno fatto pendere la scelta verso una sua netta marginalizzazione. Le Figaro e Le Matin sottolineano la scelta ufficiosa ma determinata del capogruppo del Partito Popolare Europeo Joseph Daul di propendere per la presidenza montiana dell’Italia che rappresenti la nazione e l’Europa in un’unica voce. Berlusconi resta l’anziano presidente lanciatosi contro il PD ignorando Monti, in seguito contro Monti denunciandone il tandem con il PD.
Le Figaro ribadisce quest’ansia di dopare Roma con le sue performance televisive che sono state l’ultimo ricordo del 2012 e il primo del 2013. Mancando di idee Grande B. grida al complotto politico, mediatico e giuridico in un delirio di megalomania e vittimismo.
L’ unica nota piatta è rappresentata da Bersani che viene definito da La Libre Belgique il candidat normal, quello che rappresenta una certa idea di politica, che riporta in testa il valore dell’ascolto e che ha ottime capacità da mediatore. Anche Bersani si è trovato spiazzato dal ritorno della Balena Bianca, pensando che il suo maggiore rivale rimanesse il Caimano. Il suo atteggiamento come di fronte a un lutto è stato di rabbia, di rassegnazione e infine di accettazione entro un’ipotesi di tandem pro-nazionale.
L’ultimo attore è l’informazione che diviene per Le Monde invasa dalla politica. La politica struttura i media e spesso li dirige. L’ esempio italiano di una folta emigrazione di giornalisti che si spendono per la causa politica italiana ha fatto scuola, un cattivo esempio che i francesi avrebbero solo parzialmente seguito. Philippe Ridet nel suo blog interamente dedicato alla campagna d’Italia la definisce come colei che ha “ouvert la voie à la consanguinité entre médias et politique”.
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