di Alessandro Campi
Berlusconi è l’uomo che in Italia si è inventato il bipolarismo e dunque lo scontro elettorale a due: noi o loro, la destra contro la sinistra, i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Non stupisce dunque che nel faccia a faccia politico-propagandistico sia stato imbattibile. La possibilità di fronteggiare un nemico (ed uno solo) e magari di costruirselo a sua misura, ha consentito al Cavaliere di vincere quando nessuno se lo aspettava (come nel 1994) o di operare recuperi spettacolari sugli avversari (con Prodi nel 2006, con Bersani nel 2013).
Ma con l’ascesa di Grillo nel firmamento politico italiano, col passaggio dal bipolarismo al tripolarismo, la sua capacità di orientare la discussione, di imporre slogan e temi, sembra essere scemata. Certo, di mezzo ci sono state le disavventure giudiziarie e l’appannamento dovuto all’età, la diaspora dei fedelissimi e la delusione del suo storico elettorato. Ma il suo problema, come si sta vedendo in quest’inizio di campagna elettorale, è anche per così dire strutturale: un conto è vedersela con un nemico solo (i “comunisti”), tutt’altro dover combattere su due fronti contemporaneamente.
Difficoltà aggravata dal fatto che il terzo incomodo ti somiglia maledettamente: non è la tua negazione ontologica, è il tuo alter ego politico-caratteriale. Se si parla di un uomo di spettacolo dotato di grande carisma, ricco e accentratore, parlatore e battutista infaticabile, avvezzo ai bagni di folla e imbattibile nell’suo dello strumento televisivo, incline al populismo e dalla demagogia, che ha creato un partito dal nulla, che prende voti a destra e a sinistra, che spara a zero sul teatrino della politica, che all’estero guardano con un misto di curiosità e apprensione, di chi si sta discorrendo in effetti: di Berlusconi o di Grillo, dell’originale o della copia?
Somigliarsi troppo vuol dire, tra le altre cose, che le battaglie del primo coincidono spesso con quelle del secondo (e viceversa). E dunque riesce difficile, per uno dei due, imporle come proprie ed esclusive. In questo momento la difficoltà sembrerebbe soprattutto del Cavaliere, afflitto dalla sindrome crescente del Terzo. Non solo perché alle elezioni rischia di arrivare terzo, in numero di voti, dopo Pd e M5S, dopo il partito di Renzi e quello di Grillo, ma perché già oggi, in campagna elettorale, rispetto a questi ultimi rischia di apparire una sorta di “io tra di voi / se non parlo mai /ho gonfio di pianto il cuore”.
Che dire per farsi notare dagli elettori? Che inventarsi? Certo non si può considerare una gran trovata quella sui tedeschi e la rimozione della memoria dei lager. Consideriamola l’ennesima gaffe di un politico che nella sua carriera ne ha collezionate decine, o più semplicemente parole dal senno fuggite e subito (giustamente e facilmente) strumentalizzate dagli avversari. Più politiche (e destinate nelle sue intenzioni a mobilitare il suo storico elettorato) sono invece parse le sortite contro l’euro e l’Europa e quelle più recentissime contro il Capo dello Stato: accusato prima di avere manovrato, attraverso Fini quando quest’ultimo era presidente della Camera, per defenestrarlo dal governo (la famosa sfiducia nel novembre 2010), accusato poi di non avergli concesso la grazia cui aveva diritto come leader di un grande partito.
Ma appunto essere ricorsi a questi temi dimostra la difficoltà di Berlusconi a trovare un terreno propagandistico originale e ficcante. Ahimé, arriva sempre tardi, sempre dopo gli altri. Contro Bruxelles tutto quello che c’era da dire di critico e negativo lo già detto Grillo (e in subordine la Lega). E dunque saranno questi ultimi a lucrare voti sul terreno dell’antieuropeismo. Quanto a Napolitano è da settimane il bersaglio prediletto, ancora una volta, di Grillo e dei grillini, che gli imputano di tutto: di aver stravolto la democrazia, di essere un guerrafondaio, di fare e disfare i governi fuori dalla regole costituzionali, di brigare sulla legge elettorale col preciso intento di danneggiare il loro movimento. Al punto che ne sono state chieste esplicitamente le dimissioni subito dopo il voto europeo. Prendendosela con Napolitano, per di più con l’accusa ossessiva di aver complottato contro di lui, Berlusconi magari si caverà una soddisfazione personale, ma certo non guadagnerà un solo voto.
In realtà, c’è una nota inedita nei discorsi recenti di Berlusconi: l’attenzione rivolta ai possessori di cani e gatti, specie se anziani. Un po’ la passione senile per Dudù, un po’ la zoolatria della Brambilla, un po’ i sondaggi che gli debbono aver sottoposto circa l’amore che gli italiani hanno per gli animali domestici e su quanto spendono per i loro alimenti in scatola, il Cavaliere si è convinto d’aver trovato una miniera di voti potenziali. In attesa di altre trovate o colpi ad effetto, questo rischia di essere l’unico guizzo di un uomo che di trovate geniali nel passato ne ha avuto parecchie. Mentre i suoi avversari pensano, almeno a chiacchiere, ai nipoti disoccupati, lui pensa ai nonni e ai loro animaletti da compagnia. Se son voti, fioccheranno il 25 maggio. E noi saremo qui a dire che lui è ancora un genio e noi sempre in errore.
*Editoriale apparso sul “Mattino” (Napoli) del 28 aprile 2014.
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