di Federico Romanelli Montarsolo

La competizione tra Stati, che un tempo si giocava sulla conquista di nuovi territori, si è spostata nell’attrarre ricchezza per garantirsi il controllo delle commodities. Anche per questo il mondo post-moderno e post-globale sembra dominato dal disordine. I conflitti tra Stati, che in passato servivano a determinare maggiore ordine ed equilibrio, sono continuamente alimentati da un maggiore squilibrio delle relazioni internazionali che l’attuale distribuzione multipolare delle commodities non contribuisce a risolvere. Paesi sviluppati come l’Australia ed il Canada dipendono oggi dalle commodities più di quanto non sia avvenuto negli ultimi cinquanta anni. Infatti, se togliessimo le materie prime, Australia e Canada sarebbero un’economia in via di sviluppo, il 35% della loro ricchezza nazionale derivando dalle materie prime.

Il progresso, i servizi, l’era virtuale della globalizzazione, accrescono e non diminuiscono la dipendenza dalle materie prime. Il controllo delle risorse naturali, prioritario per garantire crescita e sicurezza, accentua e polarizza il divario tra gli Stati. La salita globale dei prezzi favorisce l’emergere di nuovi squilibri e potenziali conflitti mondiali. Prendiamo i cereali, l’alimento base dei poveri. La loro produzione aumenta in percentuali minori rispetto all’aumento della popolazione. Le rese aumentano nei paesi sviluppati, ma la loro crescita rallenta nei paesi in via di sviluppo. “Crescete e moltiplicatevi” è oggi il dogma indiscusso valido per la popolazione come per gli Stati, il cui equilibrio di forze è sempre più fragile e scarsamente sostenibile, tanto nel mondo occidentale come in quello emergente.

Il 31 ottobre scorso l’umanità ha raggiunto quota sette miliardi di abitanti. Dodici anni fa, al raggiungimento dei sei miliardi, il futuro dell’umanità sembrava compromesso. Il neomalthusianesimo ebbe un sussulto allarmistico, ma senza effetti reali. Oggi gli esperti sembrano più tranquilli, credendo che un maggiore controllo delle risorse alimentari dipenda da un ritocco al Dna di frumento, riso, mais o anche di bovini ed ovini: il cibo sembra garantito per tutti anche se sappiamo che non è così.

Popoli e Stati crescono ad oriente e nel continente africano. In Asia ed Africa si concentrano le aree a più elevato tasso di natalità e che cercano di controllare quante più risorse. Risorse naturali e materie prime, con quotazioni sempre più volatili. Dopo gli elevati livelli raggiunti nel 2010 e nei primi mesi del 2011 si è assistito ad un graduale allentamento dei prezzi causato dall’indebolimento del ciclo economico e della domanda mondiale, in particolare quella cinese che esercita una forte influenza sui prezzi. Ad inizio ottobre, i corsi del petrolio sono diminuiti sotto i 100 dollari al barile. Accanto al petrolio, anche i prezzi delle risorse naturali alimentari e metallifere sono in fase di generale riduzione. Il mondo, tuttavia, ha oggi più fame di tecnica rispetto al passato e le risorse naturali non tradizionali sono più richieste. Risorse per alimentare calcolatori, computer, strumenti tecnologici sofisticati. Nuove risorse, terre rare (1), disponibili in pochi paesi. La Cina, con oltre il 90% della produzione mondiale di terre rare, ha dimezzato le esportazioni nel 2010. In uno scenario competitivo, in cui i paesi utilizzano la svalutazione per esportare di più e sostenere la crescita, l’effetto collaterale è l’apprezzamento delle materie prime, che potrebbe a sua volta innescare un rialzo di questi elementi rari con l’effetto di rafforzare chi le controlla.

I maggiori squilibri e potenziali attriti tra paesi acquirenti e fornitori di materie prime si localizzano tra i paesi asiatici, assai dinamici nello sforzo di accaparrarsi le risorse naturali. In Cina, la percentuale di terra coltivabile sempre più ridotta rispetto alla popolazione crea ripercussioni sull’andamento dei prezzi agricoli e sulla sicurezza alimentare mondiale. Grano e soia cinesi sono abbondanti ma insufficienti a soddisfare il fabbisogno alimentare. La corsa cinese all’acquisto di derrate alimentari e di minerali trova negli Stati Uniti uno dei principali paesi fornitori. Washington ed i grandi gruppi anglosassoni controllano il fabbisogno cinese di tali risorse ed obbligano Pechino a diversificare le forniture attraverso la ricerca di fonti autonome in Argentina (terreni agricoli) in Africa (risorse agricole, energetiche e minerarie) e nel sud est asiatico (risorse alimentari ed energetiche).

Sempre la Cina ha una domanda di energia primaria destinata a moltiplicarsi, con un tasso di crescita medio annuo pari al 3,2%. Su questo fronte, la Cina è destinata a sorpassare gli Stati Uniti e a diventare il più grande paese consumatore di energia. In linea generale, i rapporti tra Pechino e Washington vivono un conflitto latente che si manifesta nel reciproco containement. La prima è chiusa strategicamente dalla seconda la quale, nel caso di un surge, può isolare i cinesi sia dal lato del Pacifico (linea di difesa California – Hawaii – isola di Guam – Australia), che dell’Atlantico con il controllo dell’oceano Indiano (deterrente della base navale indiana di Diego Garcia). Il riavvicinamento diplomatico degli Stati Uniti all’India va letto nella stessa ottica del containment alla Cina. Pechino è consapevole dell’importanza dello status-quo e non osa sfidare apertamente Washington, come dimostra il caso dell’Iran che resta il paese target per la forniture petrolifere.

In tale contesto, il “consiglio” interessato di Pechino a Washington circa l’urgenza di prendere atto della necessità di dar vita a riforme strutturali del proprio modello economico-finanziario e del debito, risponde non solo alla necessità cinese di farsi garantire le proprie disponibilità e i relativi rendimenti in titoli e liquidità americane, così come la solvibilità degli Stati Uniti circa la “copertura” dei titoli di debito, ma alla possibilità di garantirsi “quote di potenza” necessarie per imporre, se necessario, condizioni alla potenza americana.

Tuttavia, è nell’area centro-asiatica che si localizza potenzialmente la maggiore zona d’attrito per il controllo delle risorse del globo. La maggior parte della produzione di greggio e gas ha luogo in un’area instabile del pianeta, quell’area che fa da cuscinetto al confine russo-cinese e che comprende Mongolia e Kazakistan. Ricchi di risorse energetiche, questi sono i paesi su cui puntano Mosca e Pechino per consolidare il ruolo di potenze regionali dotate di capacità d’attrazione ed influenza sotto il profilo economico prima ancora che militare. Se Mosca ha puntato negli ultimi anni al rafforzamento del rublo, ridisegnando la propria economia attraverso il rimodellamento dei settori industriali e la riorganizzazione delle aziende di Stato nei settori energetici, Pechino si è preoccupata di far crescere la propria capacità produttiva a beneficio del mercato interno disponendo di numerosa manodopera e di know how d’importazione occidentale. Di questo equilibrio precario potrebbe profittarne il Giappone inserendosi nel controllo di risorse minerarie in Mongolia ed energetiche nel sud-est asiatico.

L’Occidente più sviluppato, dunque, dipende in modo crescente dalle commodities, ma appare più debole nel garantirsi le vie d’accesso per il loro approvvigionamento. Nel periodo precedente la fine della guerra fredda l’Europa fondava il libero scambio delle commodities sull’alleanza con gli Stati Uniti. Gli accordi commerciali multilaterali erano la naturale conseguenza di questa solida alleanza. Oggi il sistema di alleanze del mondo occidentale è in evoluzione. L’alleanza atlantica non costituisce più un blocco monolitico. Gli Stati Uniti stanno riformulando la propria strategia globale avendo come maggiore preoccupazione gli equilibri dell’area del golfo Persico e del Pacifico. La minore attenzione americana verso il Mediterraneo, come hanno dimostrato i recenti avvenimenti in Libia, favorisce una maggiore autonomia e libertà d’azione da parte delle antiche potenze europee nell’area del mondo a noi più vicina. Tuttavia, rimane il problema globale dell’accesso alle materie prime da parte della vecchia Europa, che può essere garantito soltanto da una revisione e consolidamento degli accordi commerciali multilaterali. L’Europa rischia altrimenti di essere tagliata fuori dagli equilibri che si vengono a definire, da una parte tra Stati Uniti e nuovi paesi emergenti e, dall’altra, dal dominio dei due imperi russo e cinese nell’area centro asiatica ed africana.

(1) Le terre rare sono utilizzate in una vasta gamma di prodotti di consumo, dagli iPhone ai motori delle auto elettriche. La domanda, alimentata anche dalle tecnologie verdi, è in forte crescita. Le terre rare sono utilizzate nelle batterie ricaricabili per auto elettriche e ibride, negli schermi televisivi e nei monitor dei PC, nei PDA, nei laser, nelle fibre ottiche, nei superconduttori, nei magneti, nei convertitori catalitici, nelle lampade fluorescenti, nella refrigerazione magnetica, nelle turbine eoliche, nel settore militare.

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