di Alia K. Nardini
A soltanto una settimana dalla doppietta di Rick Santorum in Alabama e Mississippi, la situazione nel Grand Old Party torna a sorridere a Mitt Romney. Dopo la vittoria dell’ex Governatore del Massachusetts a Porto Rico la scorsa domenica (con uno strabiliante 88%, che gli assicura tutti i 20 delegati in palio), Romney conquista anche l’Illinois, staccando Santorum con un convincente 47% rispetto al 35% dell’ex Senatore della Pennsylvania.
Nonostante i sondaggi avessero preannunciato il suo successo, questa resta una vittoria importante per l’ex Governatore del Massachusetts. Prima di tutto, perché conferma il trend positivo a suo favore nel Midwest, dove alle vittorie di misura in Michigan e Ohio si va a sommare il netto successo conseguito nella terra di Lincoln. Se a questo dato si aggiungono i risultati più che discreti ottenuti nei toss up di Virginia e Florida (stati che saranno decisamente importanti nel decidere chi sarà il prossimo Presidente degli Stati Uniti e riguardo ai quali è difficile azzardare una previsione), Romney si riconferma il candidato migliore che il Grand Old Party ha a disposizione per tentare di battere Obama.
In secondo luogo, ed ancora più importante, la vittoria di Romney in Illinois potrebbe segnare l’inizio di una svolta notevole nell’elettorato conservatore, che sembrerebbe maggiormente disposto a far convogliare su di lui le proprie preferenze – specie la componente colta e manageriale, che fino ad oggi si era mostrata tiepida nei suoi confronti. Sono difatti proprio i laureati, insieme ai nuclei familiari che superano i 100mila dollari di reddito cumulativo, ad aver decretato la vittoria dell’ex Governatore del Massachusetts: è grazie a loro che in Illinois Romney ha compiuto il sorpasso su Santorum, ed è fondamentale ricordare che per il Grand Old Party è necessario poter contare su questi due gruppi per vincere negli stati dal voto incerto (swing states) nelle elezioni presidenziali di novembre.
Un ulteriore fattore che si è rivelato essenziale per il successo di Romney è ancora una volta l’electability, insieme alle capacità politiche: nel concreto, gli elettori del Partito Repubblicano reputano non solo che l’ex Governatore del Massachusetts sia il candidato con maggiori possibilità di venire scelto per affrontare Barack Obama a novembre; ma sono anche certi che Romney abbia sufficiente esperienza per dimostrarsi all’altezza di una sfida con il Presidente in carica, e che potrebbe prospettarsi altrettanto autorevole alla guida del paese.
Un altro punto da sottolineare è che, con il voto nell’Illinois, si è potuto ancora una volta constatare come Romney sia in grado di battere i suoi oppositori anche grazie alla formidabile macchina mediatica che è in grado di mobilitare. Nel concreto, il suo team ed i super Pacs che lo sostengono hanno speso circa 4 milioni di dollari per finanziare il più recente appuntamento elettorale, in confronto ai 500mila dollari raccolti da Santorum: il messaggio di quest’ultimo si è semplicemente dileguato, sommerso dagli slogan dell’ex Governatore del Massachusetts che lo accusavano di scarse capacità nella gestione dell’economia e lo presentavano più generalmente come inadatto alla presidenza del paese. L’immenso flusso di denaro riversato da Romney nelle primarie del Grand Old Party ha suscitato le ire di Newt Gingrich, che ha rimproverato i Repubblicani dell’essersi fatti convincere da un candidato che sa battere i suoi rivali solo nelle spese per la sua campagna elettorale, 7 volte maggiori rispetto a quelle dei suoi sfidanti; ma resta il fatto che, per competere con Obama, i Repubblicani dovranno nominare un candidato in grado di tenergli testa anche a livello di investimenti e di disponibilità economiche per affrontare la campagna elettorale.
D’altro canto, Santorum continua a ottenere ottimi risultati tra gli evangelici e tra i conservatori più tradizionalisti con una profonda fede nei valori, riconfermando il fatto che – negli stati in cui questi gruppi sono predominanti – l’ex Senatore della Pennsylvania riesce sempre a conseguire vittorie importanti. Proprio in base a queste considerazioni, Santorum si dichiara ottimista nel guardare al futuro, ed attende un suo nuovo e molto probabile successo in Louisiana la prossima settimana, dove verranno assegnati 46 delegati; così come prevede di vincere nel suo stato natale, la Pennsylvania appunto, dove si vota il 24 di aprile e i delegati in palio sono 72.
Va riscontrato in ogni caso un mutamento di toni in quest’ultima settimana, mutamento in virtù del quale i due sfidanti principali – Romney e Santorum – hanno abbandonato gli attacchi frontali, o quantomeno hanno smussato i toni, per giungere addirittura ad esternare apprezzamenti reciproci. In una recente intervista, Romney ha affermato di nutrire profondo rispetto per le ambizioni presidenziali di Santorum, dichiarandosi eventualmente disposto a considerare una possibile cooperazione con l’ex Senatore della Pennsylvania. Da questo si potrebbe dedurre che, nell’inevitabilità di una candidatura di Romney, Santorum stia valutando se candidarsi come vice presidente alle elezioni di novembre. Sarebbe un bel colpo di scena, che riporterebbe alla mente il ticket Obama-Clinton del 2008 che conquistò il favore degli elettori dopo un’acerrima campagna elettorale, che quasi aveva spezzato irrimediabilmente il partito. Se questa rappresenti un’alternativa viabile per tentare di sconfiggere il Presidente in carica, solo il tempo potrà dirlo.
Primarie repubblicane: ancora quattro candidati, una sola nomination
Super Tuesday, un testa a testa tra Romney e Santorum
Dopo il Nevada, verso Colorado e Minnesota
La battaglia per la Florida tra Romney e Gringrich
Il contrattacco di Romney parte da Tampa
Carolina del Sud, un altro passo per capire chi sarà l’anti-Obama
Lascia un commento