di Rocco Di Gioia

Dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine del Socialismo Reale nell’Est Europeo, il dibattito tra Destra e Sinistra ha abbandonato le tematiche esclusivamente teoriche e si è concentrato su questioni decisamente pratiche. Nel passaggio, però, sono state mantenute proposizioni in un certo senso para-teoriche, cristallizzatesi in una sorta di decalogo e declinate come “valori” di differenziazione.

Questo nuovo terreno di confronto ha inaugurato forme d’investigazione non tanto fondate sui contenuti quanto invece sulle disposizione di approccio alla realtà, intese sia in termini di modalità interpretative delle questioni e sia in termini di metodo di sviluppo delle soluzioni.

Letta in questo senso l’analisi che ne deriva è che i cosiddetti valori su cui i due schieramenti oggi dicono di confrontarsi, vanno considerati come materiale su cui poter innestare considerazioni metateoriche, tracciate non in astratto, ma rilevate rispetto all’impatto che ciascuno di essi ha generato nel confronto con la realtà ed i risultati che questo impatto ha realizzato in termini di fatti.

Pertanto la distinzione tra Destra e Sinistra politica non va ricercata nella esposizione delle differenze presenti all’interno di un decalogo di valori e questo perché i valori sono soltanto manifestazioni di qualcosa di più profondo, che include il modo con cui ci approcciamo all’interpretazione del mondo. I valori, infatti, sono soltanto delle conseguenze dipendenti dalla struttura della nostra mente, e possono assumere questo o quell’altro contenuto, non di per sé, ma soltanto come interazione tra il quadro della realtà e l’approccio interpretativo di questa. L’indagine va dunque condotta al livello delle strutture mentali del pensiero e dai risultati che queste generano nel confronto con i fatti.

Se infatti prendiamo in esame due valori contradditori come la “solidarietà sociale” o la “responsabilità individuale”, ciascuno di essi non deriva da scelte di campo, ma dall’approccio con la realtà che sviluppiamo. Si può optare per la “solidarietà” o per la “responsabilità” solo in funzione del risultato da conseguire rispetto ad un ordine di problemi ed ad un ventaglio di piani teorici utilizzabili. In altri termini, nell’impatto tra pensiero e realtà, non anteponiamo il valore alla interpretazione di un fatto o alla gestione di un fatto, ma la decisione di come interpretare o gestire un fatto dipende esclusivamente dal programma strategico che intuitivamente sviluppiamo. I valori, dunque, non esistono di per sé, ma ricevono contenuti dai piani operativi del pensiero che mettiamo in campo al fine di interpretare il mondo e governarlo. Grazie all’utilizzo di tali programmi, il mondo viene prima rappresentato come problema e successivamente invaso come soluzione.

Ci sono due modalità con cui da una parte ci approcciamo al mondo esterno come agglomerato di questioni e dall’altra elaboriamo risoluzioni quali innesti di utilità. Le due modalità le classificherei una come teorica e l’altra per modelli. Con la prima si cerca di recuperare un rapporto armonico col mondo esterno, ridefinendo di volta in volta le categorie con cui si interpreta questa relazione, con la seconda si applica alla realtà un modello ritenuto ottimale in base a dei principi elaborati teoricamente e sanciti come pietre miliari.

Con la prima si elaborano le soluzioni con la seconda si cercano i principi. La disposizione teorica è una impostazione di tipo bottom – up, la disposizione per modelli è di tipo top – down.

Con la prima noi governiamo la realtà recuperandone il suo significato, con la seconda governiamo la realtà ammantandola di significato. Con la prima rileviamo dalla realtà principi in grado di arricchire di significato gli interventi, con la seconda modelliamo la realtà ai principi.

Se dunque accettiamo il sistema bottom – up come metodo per interpretare ed intervenire nella realtà ed assumiamo come realtà quella che rileviamo attraverso le sue categorie fenomenologiche, possiamo elaborare soluzioni adeguate entro l’ordine teorico contenuto nelle stesse categorie fenomenologiche e possiamo conseguentemente sviluppare categorie politiche, che solo successivamente promuoviamo come valori.

Viceversa se accettiamo il sistema top – down come metodo per interpretare ed intervenire nella realtà ed assumiamo come realtà un complesso di fenomenologico carico di deficit, le soluzioni devono accordarsi con l’introduzione di valori disincorporati dal complesso fenomenologico rilevato e devono intervenire a modificarne l’assetto strutturale originario.

Nel primo caso le soluzioni sono esplicative della realtà da cui provengono e per questo aderiscono perfettamente a questa. Esse, inoltre, consentono di realizzare conseguenze perfettamente derivabili dalle premesse, in quanto armonizzate con le categorie fenomenologiche su cui intervengono. Col bottom – up quindi i processi interpretativi e le soluzioni politiche hanno una decisa valenza esplicativa e per questo prefigurano interpretazioni volte ad estrapolare congetture dotate di significato rispetto alla realtà.

Nel secondo caso le soluzioni sono abduttive rispetto alla realtà, nel senso che introducono nuovi elementi disgiunti dai significanti delle categorie fenomenologiche, le cui conseguenze risultano disarticolate rispetto ad esse. Queste, inoltre, non garantiscono risultati coerenti con gli eventi e le soluzioni prognosticate, in quanto i processi politici iniettati non sono derivabili dai significanti. Col top – down quindi le interpretazioni e gli status politici hanno una valenza prescrittiva e prefigurano interpretazioni volte ad arricchire di senso la realtà.

Se a questo punto poniamo in relazione i sistemi operativi della Destra e della Sinistra con le categorie economiche e sociali della società su cui il confronto si consuma, ci rendiamo conto che gli orientamenti di tipo bottom – up ineriscono propriamente alle politiche della Destra mentre gli orientamenti top – down a quelle della Sinistra. Questo perché il sistema teorico della Destra agganciandosi direttamente al substrato strutturale del sistema sociale, può elaborare proposizioni e progetti politici, estraendone i contenuti dalla configurazione fenomenologica delle categorie sub strutturali, mentre il sistema teorico della Sinistra collegandosi all’edificio sovrastrutturale deve prefigurare un modello operativo da sovrapporre al substrato strutturale. Nel primo caso abbiamo infatti una cerniera che procede dal basso delle categorie fenomenologiche, all’alto delle proposizioni operative, nel secondo caso una cerniera che procede dall’alto del modello sovrastrutturale da privilegiare, al basso delle categorie fenomenologiche da ridisegnare e limitare.

Infatti se guardiamo allo scenario politico–sociale in cui le due formazioni operano, questo si presenta con fondamenta decisamente liberal capitalistiche fatte di iniziativa privata e competizione su cui è montata una struttura solidaristica a favore di chi partecipa parzialmente o è addirittura escluso dal processo competitivo. Su un modello spiccatamente individualista, quindi, volto a privilegiare la libertà individuale quale fonte dello sviluppo delle persona e della società, è dunque innestato un modello socialista volto a promuovere la persona in quanto complesso di bisogni e parte di un sistema sociale. Il risultato di questo mix ibrido tra pubblico e privato è stato quello di promuovere fondamentalmente meccanismi socio-economici di ispirazione liberale e di doverlo controllare utilizzando strumenti non interamente congrui con la libera combinazione delle sue categorie fenomenologiche.

In conseguenza di questa struttura politica le differenze tra Destra e Sinistra devono cogliersi non tanto come adesioni a sistemi di valori ma come disposizioni teoriche. La prima di carattere strettamente oggettivo a risultato realistico, la seconda di carattere strettamente soggettivo a risultato etico.

La Destra, infatti, preleva dal substrato fenomenologico categorie di sistema e ne elabora un programma fatto di libertà, responsabilità individuale e Stato separato. Dove come libertà viene assunta la possibilità concessa all’individuo di agire al fine di rendere espressiva la propria creatività, come responsabilità viene assunta la valorizzazione dei propri talenti e l’impegno per conseguire obiettivi, come Stato un organismo impegnato soltanto a tutelare la difesa delle libertà e a promuovere la concorrenza. In questo processo la sua disposizione politica ha una valenza spiccatamente bottom – up, in quanto antepone l’oggettività alla elaborazione dei valori.

La Sinistra, invece, propone uno scivolamento su elementi a contenuto etico, fatti di solidarietà, eguaglianza e Stato garantista, e per questo puntella il sistema attraverso l’aggiunta di elementi estranei che agiscono come fattori di condimento del modello di base. Dove come solidarietà viene assunta la possibilità di garantire a tutti i cittadini condizioni di vita decenti attraverso un’assistenza completa sui servizi e la garanzia di un salario, come uguaglianza viene assunta la possibilità di distribuire in maniera più o meno equa tra i cittadini il reddito complessivamente prodotto, come Stato garantista la possibilità di sostenere quanto più possibile la spesa sociale ed azzerare il mercato nei servizi sociali e nei settori industriali strategici. In questa elaborazione la sua disposizione politica si presenta di tipo top – down in quanto esclude l’oggettività come punto di partenza e ne privilegia invece gli assunti di sistema privilegiato.

Se scendiamo più nel concreto e diamo ora uno sguardo ai comportamenti politici tenuti dalla Destra e quelli tenuti dalla Sinistra in Italia, rileviamo facilmente che la Destra considera la realtà come qualcosa di significante da decifrare, mentre la Sinistra la considera come oggetto in cui trasferire principi etici dotati di senso. Esaminiamo infatti la ricorrente disputa sull’art 18. La Destra ritiene che lo si debba cambiare perché la realtà ne impone la fluidità per rendere stabile il lavoro, la Sinistra ritiene che lo si debba mantenere perché di per sé sancisce la stabilità del lavoro come valore. Per la Destra il concetto di lavoro va collegato alla possibilità oggettiva di renderlo possibile e quindi di garantirlo in quanto utile ed efficace allo sviluppo sociale; per la Sinistra il lavoro per definizione ne richiede una certa stabilità che va salvaguardata al di là di ogni oggettiva condizione che lo renda possibile. Pur non volendo entrare in questa diaspora, possiamo da questa rilevare materiale utile per comprendere come, non tanto le differenze siano da ricercare nei valori quanto invece nelle modalità di approccio al mondo e nel programma interpretativo del mondo. Il lavoro è infatti inteso da entrambi gli schieramenti come risultato e valore sociale da perseguire.

Dopo quanto detto possiamo giungere alla seguente conclusione. La Destra oggi va intesa come disposizione verso il mondo che estrapola significati dalla realtà per governarla (lavoro flessibile come condizione per garantire la piena occupazione), la Sinistra invece va intesa come disposizione che elargisce significati alla realtà per modellarla secondo dei principi (lavoro stabile come valore da incorporare nelle relazioni industriali).

In sintesi, quindi, mentre la Destra dota la realtà di significati assumendoli soltanto in seguito come valori, la Sinistra dota di senso la realtà aggiungendovi un quid etico assunto come valore prioritario.