di Antonio Capitano e Marianna Scibetta

Se la sovranità appartiene al popolo, il popolo deve riprendersi la propria sovranità. E ogni cittadino in prima persona.

L’ultimo libro di Salvatore Settis, “Azione popolare” cittadini per il Bene Comune, è una miniera di contributi intrisi di passione civile che, presi singolarmente o nell’insieme, costituiscono una fonte di ideali forti e concreti in nome dell'”actio popularis”.

L’autore, con un linguaggio immediato e pieno di enormi risorse indica una “terza via” per uscire dalla crisi nella quale siamo affondati. E per emergere dall’attuale palude salmastra individua nella Costituzione, definita “una ricchissima dote ideale, giuridica e culturale di un alto sistema di principi e di diritti”, la giusta rotta per abbandonare ogni deriva, ogni populismo per dare vigore ad un “concretismo” che riporti in primo piano il valore e la dignità di ciascuna persona. Ci sono pagine bellissime che una descrizione non potrebbe sintetizzare. Ma l’opera è davvero meritevole di adozione in quei contesti nei quali si forma il senso civico degli appartenenti ad una comunità.

L’insigne archeologo e storico dell’arte spazia costantemente in tutti gli ambiti nei quali si svolge la vita quotidiana del singolo, attingendo alla sua autorevole esperienza personale, ma anche alla rilevazione di episodi concreti che comprimono i principali diritti civili, tenendo presente la degenerazione di costumi, comportamenti e istituzioni.

Ad esempio contro il giudizio universale dei mercati occorre riscoprire l’essenza dei beni comuni troppo spesso oggetto di interpretazioni terminologiche che ne allontanano il vero significato. Al fine di riportarli al centro dell’attenzione, per il benessere della collettività, tra le numerose ed appropriate citazioni presenti nell’opera è possibile fare riferimento all’esperienza dei commons che hanno fruttato il Premio Nobel ad Elinor Ostrom.

Ma Settis va ancora oltre e trasforma il concetto di indignazione, in quello appunto di azione che possa partire da ciascuno che abbia interesse per il proprio Paese, per la propria collettività, per il proprio paesaggio e per il proprio portafoglio patrimonioniale; manca del tutto in Italia una cultura della legalità intesa come rispetto delle regole e del vivere civile.

In questo quadro, è possibile mutare il nostro futuro attingendo alle “buone pratiche” del passato. Si pensi al modello dei regimi popolari nell’Italia dei Comuni che realizzarono riforme istituzionali importanti nell’ambito della vita pubblica. Vi erano, infatti, politiche che si manifestarono anche attraverso il moltiplicarsi dei registri fiscali e il rafforzamento del controllo delle dichirazioni che mirava a colpire tutti coloro che sfuggivano al pagamento delle imposte dirette per una più oculata gestione delle finanze pubbliche. Ciò configurava, attraverso un sentimento civico, un reale concetto di cittadinanza, lo stesso con cui i governi popolari si distinsero nell’azione urbanistica e ambientale con una reale preoccupazione per il bonum statum, il bene collettivo, un obiettivo che doveva essere raggiunto attraverso le istituzioni e la legalità. Ecco perche il libro di Settis è importante nell’attuale declino dei sistemi politici, finanziari, civili, anche in relazione all’impoverimento delle classi dirigenti ed in particolare di una borghesia inadeguata e arroccata su posizioni lobbistiche e privilegiate.

L’impegno civile per il raggiungimento del bene comune deve contenere i geni di un “eterno presente” cheannienti la “lontananza” per creare un ponte tra le generazioni attuali e quelle future.

Oggi più che mai, dunque, occorre adottare misure sempre più incisive ed articolate con una normativa ispirata ai valori di pace, di giustizia, di armonia e di ordine morale e sociale e all’amore verso i “più lontani” che rappresentano i più alti riferimenti ideali ai quali essere fedeli. Ecco perché giurare fedeltà alla Costituzione è un alto e nobile valore indispensabile per trasformare i cittadini in Stato e per assumersi, in prima persona, degnamente le responsabilità, in nome del Bene Comune.