di Danilo Breschi

francesco-benedetto-2-258x258In un’epoca che è, e sempre più sarà, segnata da nuovi e vecchi oscurantismi, anche di matrice religiosa, opportunamente radicalizzati da ideologie politiche totalitarie e sterminatrici, merita riproporre la tesi enunciata il 12 settembre 2006 all’Università di Ratisbona dall’allora pontefice Benedetto XVI. Tesi secondo cui “il patrimonio greco, criticamente purificato, sia una parte integrante della fede cristiana”. Come a dire che da parte della massima autorità della Chiesa cattolica si cercava di riconoscere il contributo decisivo dell’illuminismo, inteso come lo spirito filosofico e il razionalismo critico inaugurati da Socrate. Un incontro tra Socrate e Gesù, ovvero tra ragione e fede, nel nome di un Logos dal significato uno e bino, complesso, articolato e talora conflittuale ma non ambiguo né tantomeno destinato dall’esclusione reciproca. Papa Ratzinger chiamava anche la Chiesa e le religioni ad “allargare gli orizzonti della ragione”, confrontandosi con le nuove sfide del mondo.

Nel volume “Svolta per l’Europa” (1992) Joseph Ratzinger scriveva che “la fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande». Delle tesi ratzingeriane beneficiavano sia il cattolicesimo liberale sia il liberalismo laico e agnostico, due pilastri della civilizzazione europea. La ragione secolare e laica era chiamata a confrontarsi con le istanze etiche proposte dalla Chiesa e dalle religioni, ma anche queste non erano affatto esentate dall’impegno ad allargare il loro orizzonte di comprensione, prendendo sul serio le domande e le provocazioni provenienti dalla più seria e accreditata cultura umanistica e scientifica contemporanea. La costruzione politica europea è priva di un prezioso alleato dialettico. Una concessione o apertura di credito alla civiltà liberale c’era, da parte della Chiesa di Benedetto XVI, e non si ascoltava la sola colpevolizzante litania di quanto l’Europa e l’Occidente siano corrotti e corruttori. E pensare che nel 2008 si impedì, dietro protesta di 67 docenti e la minaccia di disordini da parte di gruppi politici studenteschi, a Benedetto XVI di parlare alla Sapienza di Roma, dove invece l’estate scorsa è stato invitato il comandante Schettino… Con la recente esternazione di Papa Francesco sulla “normalità” del pugno contro chi offende la religione, dichiarata assolutamente indiscutibile come “la mia mamma”, possiamo dire che l’Europa laica e liberale pare attualmente trovarsi piuttosto sguarnita sul fronte culturale situato Oltretevere.

Il problema adesso, per come lo vedo da studioso e osservatore delle tendenze culturali e degli equilibri geopolitici internazionali, è che con l’elezione di Papa Francesco appare piuttosto chiaro, a distanza di circa due anni, come la Chiesa di Roma sia stata affidata in tutti i sensi ad un non-europeo, un extra-europeo, se non un anti-europeo (spero di no). Certamente, qualcuno che è estraneo alla tradizione europea, proprio quando avremmo avuto più bisogno di un pontefice che di questa tradizione avesse voglia e capacità di apprezzare le radici greco-giudaiche e gli sviluppi illuministici. Un’estraneità che talora pare indifferenza, quando non anche rifiuto, rispetto ad una serie di conquiste teoretiche e pratiche. E non credo si tratti del solo fatto che è la massima autorità di una religione monoteista, per definizione aliena, se non avversa, al laicismo, al liberalismo e ad altri frutti della civiltà umanistico-rinascimentale e poi illuministica. Il discorso di Ratisbona era l’esempio di uno sforzo di dialogo e comprensione dell’”Altro-europeo”, che significava per le società in cui viviamo un apporto vivificante e corroborante. Forse sarebbe stato necessario semplificarlo, senza impoverirlo, in modo da comunicarlo al maggior numero di credenti e non. D’altronde capisco le necessità di consenso di un’istituzione temporale come la Chiesa cattolica, sempre meno seguita in Europa e sempre più spostata col suo asse in aree extra-europee.

Quello messo in moto da Benedetto XVI era uno scambio di idee e valori che produceva un aiuto reciproco tra laico-liberali e cattolici. Mi sembra che questa opportunità, oggi più che mai preziosa, sia stata accantonata. C’è da chiedersi se temporaneamente o meno. Probabilmente non dovremo attenderci che un assai scarso contributo al recupero di una chiara identità politico-culturale europea da parte di un pontefice che i cardinali del Conclave sono andati “a prendere alla fine del mondo”. L’Europa di De Gasperi e Adenauer è sempre più sola.

 

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