di Ciro Fucci
C’era una volta la sezione, c’era una volta lo studio della fenomenologia politica; oggi tutto ciò che riguarda la cosa pubblica e la sua gestione viene confinato a sparute lezioni accademiche o a qualche convegno a tema.
Ma che fine ha fatto la formazione politica che si impartiva ad un individuo sin da quando esso apprendeva cosa fosse una delibera? Ad onor del vero tutto questo oggi non si è perduto del tutto, ma si limita a sopravvivere a fatica; le organizzazioni giovanili, a partire soprattutto dalla cosiddetta Seconda Repubblica, soffrono di una marcata mancanza di identità politica e culturale, che è all’origine del problema di cui si parla.
I progetti e i punti programmatici vanno a farsi benedire, la contingenza è al primo posto a scapito della visione a lungo termine che per un politico lungimirante risulta(va) essere un tratto distintivo e fondamentale.
Nell’era del berlusconismo e quindi del Porcellum, la composizione delle liste in vista delle elezioni ha rappresentato un segnale di allarme per chi vorrebbe imparare l’arte dell’amministrazione del bene comune; il velinismo politico, di cui tanto si è dibattuto, è una vera e propria inquietudine socio-politica che parte dalla tv sino ad arrivare ad infettare l’ambiente politico. C’è da sottolineare come la “adozione” di showgirl da presentare in Parlamento sia stata una pratica sottesa e condivisa sia nel centrodestra che nel centrosinistra negli ultimi quindici anni; questo fenomeno naturalmente penalizza chi ancora nel 2011 passa le sue giornate a fare politica sul territorio, accanto alla gente, per prepararsi ad un futuro che lo vedrà, per abilità e competenza, tra i banchi ove si discuterà delle problematiche cruciali della sua città o del suo Paese.
I giovani in politica esistono e non rappresentano entità metafisiche e intangibili; spesso però la loro immagine viene offuscata, ancora grazie al Porcellum, da personaggi che una preparazione politica non sanno davvero cosa sia.
Il tour dei rottamatori guidati da Matteo Renzi si presenta in prima battuta, soprattutto per quei giovani che hanno sete di riscatto, come una volontà assoluta di debellare la gerontocrazia politica in un batter d’occhio: questo è oggettivamente impossibile.
Sarebbe meno utopico e maggiormente produttivo rivendicare e chiedere il riconoscimento del merito in politica, sia esso per i ventenni che per i sessantenni; è vero anche che chi si affaccia sullo scenario politico in prima persona in questi anni tradisce una spinta al cinismo riconducibile al binomio soldi-poltrone.
La vera emergenza politica, sociale e culturale non sembra dunque quella di scacciare i veterani dal Parlamento, ma costruire, attraverso un serio e valido progetto rivolto al futuro e che richiede anni di duro lavoro, una classe politica che sappia gestire il Paese responsabilmente, anteponendo l’interesse generale a quello particolare.
Attualmente l’organizzazione giovanile che ha avuto più ridondanza mediatica è stato il Forum dei Giovani, peraltro criticato per l’assenza di donne nella delegazione ricevuta dal Presidente del Consiglio durante i giorni di consultazione. Il segnale dato da Mario Monti alla futura classe dirigente è stato importante e degno di nota in vista di interventi strutturali volti a migliorare le opportunità di inserimento non esclusivamente nel mondo politico, ma nella galassia del mondo del lavoro: la partita più importante da vincere.
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