di Renata Gravina

Ieri la Capitale ha riunito molti volti noti per l’East Forum, un convegno dell’omonimo centro studi organizzato in tandem con l’European Council. L’Europa e la crisi: questo il tema dell’incontro che si è tenuto nella Sala Promoteca del Campidoglio. Prodi, Amato, Bonino, Verhofstadt, Squinzi, Marcegaglia sono alcuni dei protagonisti che si sono pronunciati sull’Europa attuale e futura. Quello di Roma è stato un caloroso dibattito tra europeisti (unica eccezione il presidente ceco Vàclav Klaus).

La tendenza generale è stata quella di “favor” verso un’ Europa forte. Se ancora si parla di questo bisogno è perché, come evidenziato da più parti, essa oggi tale non è.

Nel processo di integrazione sono stati commessi errori di impostazione che è necessario correggere. Questa l’idea di Guy Verhofstadt e Sylvie Goulard, membri del Parlamento Europeo. Vàclav Klaus ha invece presenziato come presidente della Repubblica Ceca e come rappresentante degli euroscettici (che rischiano di ottenere consenso tra quanti non credono o non si fidano più dell’Europa come istituzione). Al presidente ceco Klaus, convinto che il sistema Europa “non funziona” e che “crede ancora in un’idea imperialistica e retrograda”, Verhofstadt, membro del PE, ha risposto che “è stato un errore aver iniziato l’integrazione europea con la moneta unica (…), va creata l’Unione fiscale e poi quella politica (…) con la certezza dell’appoggio delle banche”.

Giuliano Amato altro europeista, ha riconosciuto che “ci sono stati errori organizzativi attorno alla moneta unica” e (…) “non sono stati predisposti strumenti anticiclici per contrastare eventi ciclici”. Serve quindi sì “più Europa”, ma un’Europa più snella e lontana dall’attuale sistema di “simildemocrazia parlamentare”.

Romano Prodi ha denunciato il divisionismo europeo: “La crisi che l’Europa sta attraversando (…) è gravissima, (…) siamo divisi su tutto, e corriamo il rischio che il sistema si spezzi”. Il pessimismo di Prodi si è interrotto alla fine con la proposta di opporre alla Germania un’alternativa credibile: “un gruppo di paesi formati da Italia, Francia e Spagna, con la probabile aggiunta di altri partner dell’Europa meridionale, capace di presentare una piattaforma di crescita economica non cialtrona”.

Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria si è inserito nel dibattito come europeista, ma ha tuonato: “Sono state applicate ricette sbagliate (…), si è confermata la tesi secondo la quale l’austerità uccide l’economia”, “serve una svolta che riporti l’industria al centro (…), l’economia reale (..), i servizi finanziari non sono l’asse principale della crescita”.

Per Emma Marcegaglia, presidente dell’Associazione degli industriali europei, “è necessaria una manovra statale di liquidazione dei debiti della PA”. Infine, a chiudere, Emma Bonino che da federalista storica ha sostenuto che “bisogna avere una visione del punto d’arrivo, e serve un coraggioso passo avanti verso una più forte integrazione europea (…), un federalismo leggero, adeguato alla situazione europea, al quale affidare un limitato numero di politiche: estera, economica e finanziaria, di difesa e pochissime altre”.

L’East Forum può essere l’inizio di quella che si vorrebbe pensare come Europa Costituente? Le elezioni del 2014 al Parlamento Europeo riusciranno ad introdurre l’assetto di una repubblica federale europea? Domande in attesa di risposta.

 

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